Quattro recenti sentenze della Corte di cassazione – rispettivamente pronunciate dalla Prima sezione civile in data 27 ottobre 2023, n. 29801, 28 novembre 2023, n. 33069, 28 novembre 2023, n. 32992 e 29 novembre 2023, n. 33280 – convergono nel dare risalto alla qualifica impressa dall’ordinamento giuridico all’impresa sociale e alla relativa applicazione della procedura di liquidazione coatta amministrativa, così come divisato dall’art. 14, comma 1, d.lgs. 112/2017. L’impresa sociale attrae, ope legis, le cooperative sociali e determina l’operare in via esclusiva della liquidazione coatta amministrativa: ai sensi dell’art. 1, comma 4, d.lgs. 112/2017, le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali.
L’insieme di sentenze “ratifica” la dignità disciplinare del diritto del Terzo settore, e, nel caso di specie delle imprese sociali: si tratta di realtà metaindividuali peculiari e, come tali, destinatarie di un trattamento di composizione dello stato di crisi condotto attraverso la procedura della liquidazione coatta amministrativa e non già mediante la liquidazione giudiziale. Ciò a prescindere dalla disciplina applicabile sulla base del tipo di costituzione dell’ente con la qualifica di impresa sociale.
Giova esaminare i distinti, ma concorrenti negli esiti, ragionamenti condotti dai collegi giudicanti.
A) Cass., Sez. I, 27 ottobre 2023, n. 29801
La Corte di cassazione ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 17 gennaio 2020, n. 38, con cui veniva statuito che:
a) in caso di insolvenza, anche le società cooperative che esercitano o abbiano esercitato attività commerciale sono soggette a fallimento, in quanto l’art. 2545-terdecies c.c. regola in base ai criteri dell’alternatività e della prevenzione il rapporto tra le procedure di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa;
b) ai fini della natura commerciale dell’attività esercitata rileva solo l’economicità, in termini di proporzionalità tra costi e ricavi e ciò non confligge con lo scopo mutualistico, anche prevalente, perseguito dalle cooperative;
c) la qualifica di impresa sociale non osta all’applicazione della disciplina fallimentare.
La Corte di cassazione, invero, ricostruisce la ratio e la portata applicativa della legge 8 novembre 1991, n. 381 “Disciplina delle cooperative sociali”, il rapporto tra l’art. 2520, comma 1, c.c. e l’art. 2545-terdecies c.c. e il regime di composizione della crisi alla luce del previgente art. 17, comma 3, d.lgs. 24 marzo 2006, n. 155: le cooperative sociali non qualificabili alla stregua di imprese sociali venivano assoggettate alla procedura fallimentare quando svolgevano attività commerciale.
Il quadro muta con l’entrata in vigore del codice del Terzo settore e del d.lgs. 112/2017 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”: come noto, l’art. 1, comma 4, del decreto in rassegna dispone che le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Ciò determina che non esistano più enti “che appartengano al ‘tipo’ cooperative sociali senza avere anche lo ‘status’ di imprese sociali”.
Alla luce di ciò, e considerato che l’art. 14, comma 1, d.lgs. 112/2017 dispone che in caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, è apparso necessario procedere mediante una interpretazione sistematica, capace di valorizzare le peculiarità dell’impresa sociale. Secondo il Collegio deve “prevalere la specialità della disciplina (più vantaggiosa) dello ‘status’ impresa sociale su quella (meno vantaggiosa) del ‘tipo’ società cooperativa”. La scelta ermeneutica in favore della liquidazione coatta amministrativa “si giustifica nel caso di specie alla luce di un bilanciamento tra i vari interessi in gioco, tenuto conto che l’impresa sociale insolvente esercita attività d’impresa d’interesse generale, ma che lo fa non già per scopo di lucro, bensì per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. L’assoggettamento in via esclusiva alla l.c.a. presuppone infatti l’attribuzione di una rilevanza centrale ad interessi anche diversi da (e talora addirittura confliggenti con) quelli di cui sono portatori i creditori dell’impresa”.
B) Cass., Sez. I, 28 novembre 2023, n. 33069
La Corte di cassazione ha cassato la sentenza del 15 febbraio/1° marzo 2018, n. 494, della Corte d’Appello di Venezia, con cui era stato confermato il fallimento di un consorzio di cooperative sociali costituito ai sensi dell’art. 8, l. 8 novembre 1991, n. 381.
È interessante notare come, sempre nell’ottica del consolidamento operativo e interpretativo del diritto del Terzo settore, i giudici di legittimità abbiano precisato che:
- “per le società cooperative (a mutualità prevalente) del quinto libro del codice civile (art. 2512 c.c.), esercenti attività di ‘impresa sociale’, qualora si riscontri concretamente – altresì – il requisito ‘senza scopo di lucro’, non vi è margine, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 2017, art. 14, comma 1, per l’’oscillazione’ ex art. 2545 terdecies c.c., alla stregua del risalente criterio della ‘prevenzione’, tra fallimento e liquidazione coatta amministrativa in caso di loro insolvenza”;
- “per le cooperative sociali e i loro consorzi ex lege n. 381 del 1991, ‘imprese sociali’ di diritto, a prescindere dal concreto riscontro dell’assenza dello scopo di lucro, vi è senz’altro margine esclusivo, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 2017, art. 14, comma 1, per la liquidazione coatta amministrativa in caso di loro insolvenza”.
Pertanto, secondo il ragionamento della Corte di cassazione:
- l’art. 14, comma 1, d.lgs. 112/2017 si applica “a preferenza dell’art. 2545 terdecies c.c.”;
- del resto, la “L.Fall., art. 2, comma 2 dispone che “le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga”;
- per le imprese sociali, sempre l’art. 14, comma 1, d.lgs. 112/2017 “non dispone diversamente e lascia spazio esclusivamente alla liquidazione coatta amministrativa”.
C) Cass., Sez. I, 28 novembre 2023, n. 32992
I giudici di Cassazione, a seguito dell’impugnazione della decisione del 21 febbraio 2020, n. 4, della Corte d’Appello di Lecce, avverso la declaratoria di fallimento di una società cooperativa consortile sociale ONLUS, hanno messo in chiaro come le cooperative sociali siano soggette “in prima istanza, alla disciplina specifica per esse prevista, e solo in quanto compatibile da quella speciale dettata dalle leggi che riguardano il settore di operatività, nonché a quella generale prevista dagli artt. 2511 c.c.”. Si tratta, allora, di stabilire se, anche ai fini dell’individuazione della procedura applicabile in caso d’insolvenza, debba farsi riferimento all’art. 2545-terdecies c.c., ovvero “se sussistano norme specifiche o di settore riferibili alle cooperative sociali, rispetto alle quali la predetta disciplina rivesta una portata recessiva”.
È risultato opportuno considerare come le società cooperative diverse dalle imprese sociali, pur non rivestendo di diritto la qualifica d’imprese sociali, possono assumerla subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti dal d.lgs. 112/2017: “laddove dovesse ritenersi, sulla base di un’interpretazione meramente letterale del D.Lgs. n. 112, art. 1, comma 4, secondo periodo, che alle cooperative sociali si applica la disciplina generale dettata dall’art. 2545-terdecies c.c., comma 1, dovrebbe infatti pervenirsi alla conclusione paradossale che, nonostante l’identico regime dell’attività svolta ed il carattere non automatico dell’accesso alla qualifica d’impresa sociale, soltanto le cooperative diverse potrebbero giovarsi, in caso d’insolvenza, della disciplina speciale (più favorevole) prevista dall’art. 14, comma 1”.
È stato puntualmente evidenziato come “l’assoggettamento in via esclusiva alla liquidazione coatta amministrativa presuppone, in linea di principio, l’attribuzione di una rilevanza centrale ad interessi anche diversi da (e talora addirittura confliggenti con) quelli di cui sono portatori i creditori della impresa, interessi nella specie identificabili con quelli dei soggetti coinvolti nell’attività svolta dall’ente, nonché con l’interesse pubblico a favorire e promuovere, nella prospettiva della sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost., comma 4, (che a sua volta costituisce attuazione dei principi di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., comma 2), le iniziative dei cittadini indirizzate verso il bene comune”.
Pertanto, è stato espresso il seguente principio di diritto: “a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 112 del 2017, che all’art. 1, comma 4, qualifica come imprese sociali di diritto le cooperative sociali di cui alla L. n. 381 del 1991, tali società sono assoggettabili, in caso d’insolvenza, esclusivamente a liquidazione coatta amministrativa, ai sensi del D.Lgs. n. 112 cit., art. 14, comma 1, restando pertanto esclusa la sottoposizione delle stesse al fallimento, prevista in via alternativa dall’art. 2545-terdecies c.c., comma 1”.
D) Cass., Sez. I, 29 novembre 2023, n. 33280
La Corte di cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Ancona del 21 novembre 20219, n. 1652, con cui veniva confermato il fallimento della società cooperativa sociale.
I giudici, nell’esaminare la questione relativa alla “applicabilità o meno alle cooperative sociali del D.Lgs. n. 112 del 2017, art. 14, comma 1”, hanno chiarito mediante un’interpretazione sistematica che:
- “il D.Lgs. n. 112 del 2017, art. 14 si applica anche alle cooperative sociali (e ai loro consorzi), escludendo così l’art. 2545-terdecies c.c., così dovendo prevalere la specialità della disciplina (più vantaggiosa) dello status di impresa sociale su quella (meno vantaggiosa) del tipo, di società cooperativa”;
- “la scelta interpretativa a favore della l.c.a. si giustifica nel caso di specie alla luce di un bilanciamento tra i vari interessi in gioco tenuto conto che l’impresa sociale insolvente esercita attività d’impresa d’interesse generale, ma che lo fa non già per scopo di lucro, bensì per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”;
- “l’assoggettamento in via esclusiva alla l.c.a. presuppone l’attribuzione di una rilevanza centrale ad interessi anche diversi da (e talora addirittura confliggenti con) quelli di cui sono portatori i creditori dell’impresa”.
Secondo i giudici di legittimità “l’opzione ermeneutica prescelta si spiega e si giustifica a fronte dell’interesse pubblico volto a favorire e promuovere, nella prospettiva della sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost., comma 4, (che a sua volta costituisce attuazione dei principi costituzionali di solidarietà, art. 2 Cost., e di eguaglianza sostanziale, art. 3 Cost., comma 2), le iniziative dei cittadini indirizzate verso il bene comune. Iniziative che trovano nell’impresa sociale e più in generale nell’ente del terzo settore la loro più naturale collocazione giuridica (Cost. sentenza n. 131 del 2020). Ciò radica tale sistema in una dimensione che attiene ai principi fondamentali della nostra Costituzione, in quanto espressione di un pluralismo sociale rivolto a perseguire la solidarietà che l’art. 2 Cost. pone “tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico” (Cost. sentenza n. 75 del 1992) e a concorrere all'”eguaglianza sostanziale che consente lo sviluppo della personalità, cui si riferisce l’art. 3 Cost., comma 2″ (Cost. sentenza n. 500 del 1993)”.
Le quattro sentenze rappresentano un autentico superamento di quanto deciso da Cass., Sez. I, 20 ottobre 2021, n. 29245, secondo cui “è assoggettabile a fallimento, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2545-terdecies cod. civ., 2082 cod. civ. e 1, l.fall., una società cooperativa sociale che svolga attività commerciale secondo criteri di economicità (cd. lucro oggettivo), senza che rilevi l’eventuale assunzione della qualifica di Onlus ai sensi del d.lgs. n. 460 del 1997, art. 10, trattandosi di norma speciale di carattere fiscale che non integra la “diversa previsione di legge” contemplata dal secondo comma dell’articolo 2545-terdecies cod. civ.”. Trova così conferma una tesi emersa in dottrina – v. A. Fici, L’insolvenza delle cooperative sociali tra disciplina del tipo e disciplina dello status, in Fall., 2022, p. 391 ss. (tesi ribadita anche nel 2° Rapporto di Terzjus) – e volta a rimarcare la centralità dello status “impresa sociale” rispetto al “tipo” cooperativa (cfr. anche A. Fici, Tipo e status nella nuova disciplina dell’impresa sociale, in Contr. e Impr., 2023, p. 112 ss.). Accedendo a questa prospettiva, è allora possibile valorizzare e rendere effettivamente applicabile l’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 112/2017, là dove individua nella liquidazione coatta amministrativa il solo strumento di risoluzione della crisi economica che investe le imprese sociali, a prescindere da ogni considerazione tipologica e in omaggio ad un necessario e uniforme trattamento sistematico.