“Riforma in movimento” è il titolo del primo Rapporto pubblicato da Terzjus, l’Osservatorio di diritto del terzo settore, della filantropia e dell’impresa sociale – con l’obiettivo, a quasi 4 anni dall’entrata in vigore della nuova legislazione sul Terzo settore, di fornire una panoramica puntuale sullo stato di applicazione della nuova disciplina e sulle profonde innovazioni che ha introdotto per tutti coloro i quali operano all’interno di questo vasto universo.
Il Rapporto, che si compone di cinque sezioni e racchiude i contributi di accademici, esperti e professionisti del settore, rappresenta sia un utile strumento per analizzare, anche in chiave propositiva, l’evoluzione della legislazione sia un “manuale d’istruzioni” per informare, guidare e supportare tutte le organizzazioni a navigare il nuovo diritto del Terzo settore.
I primi tre capitoli del volume illustrano l’evoluzione e descrivono lo stato attuale della legislazione sul Terzo settore sotto il profilo civilistico e fiscale. La stratificazione normativa, causata dalla co-esistenza di numerose forme e tipologie organizzative e di conseguenti trattamenti fiscali specifici, ha contribuito a generare, nel corso del tempo, un quadro frastagliato e non sempre di facile comprensione per le organizzazioni stesse. I contributi, nel ripercorrere le leggi e le specifiche previsioni che si sono succedute negli anni, si soffermano sugli elementi di maggiore innovatività che la riforma ha avuto il merito di apportare. Sotto il profilo civilistico, tra tutti, l’introduzione di una definizione chiara di ente del Terzo settore con l’obiettivo di superare i diversi framework normativi, l’istituzione del “Codice del Terzo settore” per raggruppare organicamente le precedenti discipline e dare vita ad un corpus normativo unitario, fino ad arrivare all’istituzione del RUNTS, il Registro unico nazionale del Terzo settore, che rappresenta uno dei pilastri su cui si fonda l’intero impianto della riforma, nato con l’intento di favorire la conoscibilità degli enti e aumentare i processi di trasparenza e accountability. Anche sul fronte fiscale diversi sono gli elementi di cesura rispetto al passato: la nuova legislazione, come evidenziato nel rapporto, introduce infatti un nuovo sistema per determinare la commercialità o la non commercialità delle organizzazioni, superando in questo modo regimi a volte troppo penalizzanti o costrittivi. Al tempo stesso, con il fine di stimolare e rafforzare i processi donativi e dunque di finanziamento delle organizzazioni, la riforma interviene sia innalzando le soglie di detrazione e deduzione per le erogazioni liberali a favore degli enti del Terzo settore sia prevedendo – a fronte di un contesto come quello odierno segnato dalla decrescita di risorse pubbliche destinate al welfare – l’introduzione di strumenti inediti di finanza sociale: i “titoli di solidarietà”, una forma inedita di social bond nata con lo scopo di sostenere il finanziamento delle organizzazioni facendo leva su un trattamento vantaggioso per i sottoscrittori, e il “social lending” – nuova forma di disintermediazione finanziaria basata sull’utilizzo di piattaforme digitali – per il quale viene previsto un regime fiscale agevolato per coloro i quali scelgono di prestare risorse economiche a enti del Terzo settore che realizzano attività di interesse generale.
Svolta questa disamina, la seconda parte del volume è dedicata all’esteso lavoro di comprensione e approfondimento delle percezioni e opinioni delle organizzazioni nei confronti della riforma, realizzato attraverso il coinvolgimento attivo di 1161 enti del Terzo settore sparsi lungo tutto il territorio nazionale. Provando a tracciare un filo conduttore, diverse sono le questioni evidenziate dall’ascolto di chi opera in prima linea sui territori: innanzitutto emerge sia una forte aspettativa nei confronti della riforma, sia una rilevante focalizzazione delle stesse organizzazioni sul rispetto degli adempimenti – ad esempio quelli relativi alla revisione degli statuti – in funzione dell’atteso avvio del RUNTS. Questo ha portato molte realtà a prestare minore attenzione ad altri aspetti innovativi contenuti nel nuovo impianto, in primis le misure agevolative previste (quali il social bonus, il 5 per 1000, i titoli di solidarietà) nonché i nuovi regimi fiscali per le erogazioni liberali che non sono stati sempre comunicati dagli enti ai propri donatori. Un altro tema rilevante è quello relativo agli obblighi di trasparenza e rendicontazione, rispetto ai quali le organizzazioni si dimostrano particolarmente sensibili anche al fine di evitare il ripetersi di situazioni o zone d’ombra che potrebbero avere ripercussioni negative sul settore in generale. Per quanto riguarda gli aspetti più critici viene evidenziata la lunghezza dell’iter normativo che ha portato una quota, seppur ridotta, di enti a nutrire sfiducia rispetto alle opportunità che la riforma potrebbe recare. Di estremo interesse risulta invece la lettura combinata delle percezioni delle organizzazioni non profit che hanno partecipato al questionario online con quelle dei leader degli ETS che hanno risposto alle interviste qualitative. Entrambi i gruppi confermano che tra gli aspetti più rilevanti della riforma vi sia senza dubbio la creazione di un corpus normativo unitario oltre che l’introduzione del Registro unico. Particolare importanza viene anche data al ruolo delle Reti Associative, un’altra delle novità introdotte, strategica sia per quanto riguarda le attività di informazione sulla riforma, sia rispetto al supporto operativo offerto alle organizzazioni di primo livello per stare al passo con la normativa. Un’ultima suggestione è inerente al futuro e alle aspettative sulla riforma. Quasi la totalità dei partecipanti concorda sulla necessità di accelerare le tempistiche di attuazione, di creare momenti di confronto sul tema e di monitorare le fasi che verranno per creare sinergie al fine di rendere sempre più innovativo questo ampio corpo normativo.
Se il RUNTS rappresenta una delle grandi novità introdotte dalla riforma, risulta centrale l’approfondimento a cui il Rapporto dedica un capitolo specifico e che ha l’obiettivo di analizzare il potenziale impatto della nuova previsione alla luce dei dati ISTAT sulle organizzazioni non profit. Sono quasi 94.000 le istituzioni non profit che entreranno “d’ufficio” nel Registro Unico nei primi mesi di avvio; esse occupano circa 582 mila lavoratori, pari rispettivamente al 25,9% e 68,2% delle istituzioni e dei dipendenti del settore nel suo complesso. Di queste il 50% opera nel Nord Italia, il 22% nel Centro e il 26% nel Mezzogiorno. Per quanto riguarda la forma giuridica il 78% di questi ETS assume la fattispecie dell’associazione, il 17% della cooperativa sociale e circa il 3% quella di fondazione. Si tratta di organizzazioni che operano prevalentemente nel settore della cultura, sport e ricreazione (39%) seguito da quelli dell’assistenza sociale e protezione civile (31%) e della sanità (11,4%). Combinando poi i dati presenti nel censimento ISTAT con quattro classi di distribuzione in relazione all’iscrizione al RUNTS: “ETS iscritti d’ufficio”, “organizzazioni con facoltà di iscriversi al RUNTS”, “Istituzioni non profit escluse” e “ASD residuali”, emerge che la popolazione complessiva delle istituzioni non profit che potrebbero qualificarsi come ETS, almeno in una prima fase, dovrebbe attestarsi attorno alle 270.000 unità, ovvero il 75% delle organizzazioni attualmente presenti nel registro ISTAT, al netto di quelle escluse per legge. Dato che, seppur in misura minore, appare in linea con quanto rilevato dalla survey, dove l’87% degli intervistati dichiara di volersi iscrivere al Registro. L’importanza data al RUNTS all’interno del Rapporto è ravvisabile nel ruolo centrale che occupa nel nuovo quadro normativo: l’iscrizione al Registro è infatti necessaria affinché un ente possa acquisire la qualifica di ente del Terzo settore e possa dunque usufruire dei benefici riservati dalla legge (agevolazioni fiscali, acquisto facilitato della personalità giuridica, rapporti privilegiati con gli enti pubblici e accesso ai finanziamenti o al cinque per mille). Il Registro, nel concreto, sarà suddiviso in sette sezioni e interamente gestito da un’unica piattaforma digitale. Diverse sono le modalità attraverso le quali le organizzazioni potranno accedervi, tra cui: l’iscrizione d’ufficio per trasmigrazione, riservata unicamente ad ODV e APS iscritte nei vecchi registri, l’iscrizione su istanza dell’ente interessato, l’iscrizione tramite notaio per le associazioni e le fondazioni che intendano acquisire la personalità giuridica e infine l’iscrizione delle imprese sociali nell’apposita sezione del Registro delle imprese.
La terza parte del report è poi dedicata a specifici focus su tematiche che hanno (e molto probabilmente avranno nel futuro) una particolare rilevanza per lo sviluppo del Terzo settore. Innanzitutto, quello relativo ai rapporti tra Terzo settore e PA. Su questo fronte la riforma ha segnato un nuovo inizio attraverso l’introduzione di specifiche previsioni in materia di procedure di co-progettazione e co-programmazione, che hanno il merito di rafforzare il ruolo che le organizzazioni ricoprono a livello locale nella fornitura di beni e servizi essenziali per le comunità. Si tratta di un tema di estrema attualità e rilevanza anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale (131/2020), che ha affermato come, non solo la previsione contenuta nella riforma costituisca una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale ma altresì che il rapporto tra enti del Terzo settore e amministrazioni pubbliche è improntato ad una “comunione di scopo”, che giustifica un trattamento peculiare nei confronti degli ETS. Di pari importanza è poi il tema della tutela dei lavoratori del Terzo settore al quale il report dedica un altro focus specifico: anche in questa direzione la riforma è intervenuta prevedendo che le condizioni di lavoro dei dipendenti degli enti del Terzo settore debbano essere conformi non solo alle condizioni retributive dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ma anche alle nuove normative, tra cui i limiti massimi nel rapporto tra retribuzioni diverse all’interno di uno stesso ente. Tutela e salvaguardia non solo riservata ai lavoratori ma anche ai volontari stessi – che mai come in questo periodo di emergenza sono stati il vero antidoto contro la disgregazione del tessuto sociale – per i quali viene previsto l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni e le malattie oltre che il riconoscimento in ambito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite nello svolgimento dell’attività di volontariato. Un terzo approfondimento è riservato alle ONLUS e al loro “destino” con il prossimo avvio del RUNTS.A differenza, infatti, delle APS e delle ODV, per le quali il processo di “trasmigrazione” avverrà in modo automatico, per le ONLUS non è stata prevista un’apposita sezione all’interno del Registro con la conseguenza che queste dovranno operare una valutazione sulla scelta delle tempistiche e sulla sezione di riferimento tenuto conto del proprio modello gestionale. Per queste realtà, sarà possibile accedere al RUNTS non oltre il 31 marzo del periodo di imposta successivo a quello del rilascio dell’autorizzazione UE conservando per tutto il periodo transitorio l’iscrizione nell’attuale Anagrafe. Un’altra questione di estrema centralità è poi quella relativa al rapporto tra sport dilettantistico e Terzo settore e la possibilità, ribadita anche dalla recente riforma dello sport, per le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) di potersi qualificare (anche) come enti del Terzo settore mediante iscrizione al RUNTS. Potrà infatti decidere di iscriversi al RUNTS (nella sezione riservata alle APS o in quella residuale degli “altri enti del Terzo settore”) l’ente sportivo dilettantistico già iscritto nel relativo Registro dello sport, così come potrà al contrario decidere di iscriversi in quest’ultimo un ente già iscritto nel RUNTS. Le società sportive dilettantistiche (SSD) potrebbero invece valutare, in considerazione della loro forma giuridica societaria, l’accesso al Terzo settore solo nella veste di impresa sociale ai sensi del d.lgs. n. 112/2017, tenuto conto che si tratta dell’unica qualifica del Terzo settore disponibile anche ad enti costituiti in forma di società. In generale va sottolineato come la compatibilità tra l’assunzione della qualifica di ASD e quella di ETS (e più in particolare di APS) può contribuire a rendere il RUNTS un punto di riferimento per gli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e per gli enti sportivi dilettantistici ad essi affiliati, che in questo periodo transitorio stanno valutando se accedere alla riforma e come accedervi, incluse le modifiche statutarie a tal fine necessarie. Per concludere, l’ultimo focus riguarda l’importanza della valutazione d’impatto e del bilancio sociale; a fronte di una crescente attenzione da parte di donatori e finanziatori nei confronti della valutazione dell’impatto sociale quale strumento fondamentale per misurare il valore generato dagli interventi e dalle attività messe in campo dalle organizzazioni stesse, la riforma ha introdotto specifiche previsioni sia per quanto riguarda la predisposizione di schemi di bilancio sociale e il conseguente obbligo per le organizzazioni più grandi e per le imprese sociali di redigerlo annualmente, sia attraverso la creazione di un’intelaiatura comune per favorire i processi di misurazione dell’impatto da parte degli enti.
Infine, cosa hanno in comune un’impresa sociale di Milano che si impegna a favorire la transizione energetica nel Terzo settore con un centro di accoglienza di Palermo che vuole promuovere in maniera innovativa l’inserimento sociale dei giovani a rischio emarginazione? Oppure due amministrazioni locali, Lecco e Latina, che stanno sperimentando forme di co-progettazione e co-programmazione con una Fondazione che si occupa di formazione professionale e cooperazione internazionale? È dalla voce stessa di queste organizzazioni che vengono alcune “best practices” di applicazione della riforma che il Rapporto, nella Parte Quarta, porta in superficie attraverso una serie di interviste rivolte agli organi direttivi di queste realtà. Sette casi, che sebbene distanti per geografia, attività o natura giuridica, sono accomunati dagli sforzi messi in campo per cogliere appieno le opportunità offerte dalla riforma e ripensarsi in un mondo incerto e in costante evoluzione. Il diritto, qui, si dimostra non già come uno ostacolo o un appesantimento dell’agire degli enti, bensì, al contrario, come uno strumento di ispirazione e sviluppo delle organizzazioni stesse.
La parte conclusiva del rapporto individua poi una serie di raccomandazioni e proposte che risultano oggi non rinviabili per poter dare concreta e indifferibile applicazione alla riforma e far sì che essa possa contribuire a liberare, ancor più, il potenziale di crescita del Terzo settore. Tra queste viene segnalata non solo l’importanza di proseguire e rafforzare le attività di promozione e formazione sul nuovo impianto normativo, ma anche la necessità di completare il quadro dei provvedimenti amministrativi previsti nei diversi decreti legislativi in particolare per quanto riguarda il RUNTS, il regolamento sulle attività diverse, gli strumenti di finanza sociale e le norme fiscali, sia con riferimento all’invio della notifica alla Commissione Europea alla cui autorizzazione è condizionata – come è noto – l’entrata in vigore di una parte rilevante della nuova disciplina fiscale, sia alla necessaria ed urgente emanazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di una circolare interpretativa di diverse norme di incerta e controversa lettura. Infine, viene evidenziata la necessità di assicurare il corretto funzionamento della “Cabina di regia” per garantire l’organicità degli interventi con quanto previsto dalla riforma unitamente ad una piena valorizzazione del Consiglio Nazionale del Terzo settore quale organo di rappresentanza che possa facilitare e direzionare la piena applicazione del nuovo impianto normativo. Sulle proposte, viene messa in luce la necessità di rafforzare non solo la comunicazione del 5 per mille per incentivarne l’uso da parte dei contribuenti (più del 40% dei quali non si avvale di tale facoltà) ma anche quella relativa alle nuove misure fiscali sulle erogazioni liberali che le organizzazioni, come visto, ancora poco comunicano ai propri donatori. Un’altra questione centrale è quella relativa alle potenzialità contenute nelle norme sull’amministrazione condivisa che potrebbero portare le pubbliche amministrazioni e gli stessi enti del Terzo settore a ripensare radicalmente sia le modalità di fornitura di beni o servizi che la realizzazione di specifici progetti. Questo cambio di passo andrà accompagnato da azioni di capacity building per preparare e formare, in chiave prospettica, le amministrazioni locali sui temi della co-progettazione e della co-programmazione. Infine, viene sottolineata la possibilità di procedere con specifici interventi legislativi su quelle norme della riforma che risultano di difficile applicazione o richiedono coordinamento con articoli di legge intervenuti nel frattempo. Tra queste, il Rapporto segnala come prioritari un chiarimento, in funzione dell’ entrata in vigore delle nuove forme fiscali, sul trattamento delle diverse categorie di aderenti alle APS, una semplificazione delle modalità di attestazione in merito alla sussistenza del patrimonio minimo nel caso di enti che intendono iscriversi al RUNTS e che già sono dotati di personalità giuridica, un termine per il reintegro del numero minimo di aderenti alle reti associative oltre che, come detto, la necessità di completare l’iterdi autorizzazione dei nuovi regimi fiscali da parte della Commissione Europea assieme ad un intervento di semplificazione sull’art. 79 del Codice per dare certezza agli operatori nell’inquadramento fiscale delle proprie attività.
Lo scopo di questo Terzjus Report è quello di provare a fornire un’interpretazione estesa (e partecipata) della nuova normativa del Terzo settore piuttosto che limitarsi a una mera analisi del quadro normativo. Il prossimo Rapporto – il “Terzjus Report 2022” – la cui uscita è prevista per la primavera del prossimo anno, approfondirà ulteriormente l’evoluzione della legislazione, la percezione e l’impatto della riforma sulle amministrazioni pubbliche e monitorerà le norme che saranno nel frattempo state emanate. Il Terzjus Report 2022 conterrà un focus specifico sia sul nuovo regime in materia di imprese sociali, sia sulla prospettiva europea, in vista della pubblicazione, nell’estate del 2022, del primo “European Terzjus Report”. Questo primo esperimento parte dalla constatazione che l’Italia è uno dei pochi paesi a essere dotato di una legislazione organica sul Terzo settore, laddove, nel resto dell’Europa, manca ancora una nozione legislativa che ne delinei in modo univoco i contorni. Per questo motivo, Terzjus ha recentemente inviato alla Commissione UE – nell’ambito della call relativa all’Action plan per l’Economia sociale – un proprio contributo incentrato sulla necessità di delineare un quadro giuridico comune del Terzo settore e dell’economia sociale europea, anche a seguito dell’analisi e del confronto tra le legislazioni dei singoli paesi europei. L’intento di Terzjus non è solo di promuovere il modello italiano ed eventualmente arricchirlo grazie alla conoscenza di soluzioni straniere, bensì di provare ad orientare le istituzioni comunitarie ad adottare sia uno statuto europeo unitario per gli enti del Terzo settore sia metriche ed indicatori riconosciuti e universalmente accettati per la misurazione dell’impatto sociale degli interventi degli enti medesimi.