Il 5 e 6 maggio 2022 la città di Strasburgo ha ospitato la Conferenza europea “The Social Economy, the Future of Europe“, che ha visto una partecipazione numerosa da tutta Europa, ma anche con rappresentanti di altri Stati extraeuropei, organizzazioni internazionali come OECD e ILO.
L’evento, organizzato nel quadro della Presidenza francese del Consiglio dell’UE, chiude idealmente un ciclo aperto con il vertice Sociale europeo di Porto – dedicato al Pilastro dei diritti sociali – proseguito con la Conferenza sul Futuro dell’Europa, che chiudendosi “passa il testimone” alla Conferenza sull’Economia Sociale di Strasburgo.
Questo allineamento di date per certi aspetti mette in evidenza una ritrovata attenzione da parte dei vertici delle istituzioni europee verso la società civile, la partecipazione e naturalmente l’economia sociale, e mentre si prepara già il passaggio alla presidenza di turno svedese, con i movimenti dell’Economia Sociale pronti a sollecitare il governo scandinavo a mantenere alta l’attenzione verso l’Economia Sociale, il governo spagnolo, che assumerà la presidenza nel primo semestre 2023 ha già annunciato di voler dedicate un forte attenzione all’economia sociale, impegnandosi non solo per le organizzazioni di eventi dedicati, ma dichiarando di volersi prodigare per raggiungere una “raccomandazione” del Consiglio Europeo sul Social Economy Action Plan.
Sul piano istituzionale, ad aprire l’evento, la sindaca di Strasburgo Jeanne Barseghian ha invitato tra gli ospiti Petro Darmoris, membro del consiglio dell’Accademia sociale ucraina, e Alina Bocharnikova, coordinatrice del programma di imprenditorialità sociale presso l’Agenzia per lo sviluppo futuro dell’Ucraina, testimoniando così l’attenzione e la vicinanza dell’economia sociale al popolo ucraino, dove operano oltre 15.000 cooperative in particolare nel settore agricolo e del consumo che oggi guardano con interesse anche all’innovazione sociale.
Molto interessante anche l’intervento del vicepresidente esecutivo della Commissione Europea Valdis Dombrovskis, che ha affermato nel suo discorso come dall’economia sociale possono arrivare molte delle risposte di cui l’Europa dispone per promuovere un’economia che “funzioni per le persone” (che è il titolo della sua delega). Ha inoltre ricordato che ci sono più di 13 milioni di persone che lavorano per più di 2,8 milioni di organizzazioni dell’economia sociale in tutta l’UE, tema sintetizzato in un post su Twitter dallo stesso vicepresidente.
Sempre nel suo intervento Dombrovskis ha riconosciuto che l’Unione Europea dovrebbe “valorizzare e sfruttare meglio il potenziale degli enti dell’economia sociale che vanno da imprese sociali, cooperative e società di mutuo soccorso ad associazioni e fondazioni. Creano e mantengono posti di lavoro di qualità. Contribuiscono all’inclusione sociale e nel mercato del lavoro, comprese le donne, i giovani e i lavoratori vulnerabili. Guidano lo sviluppo economico sostenibile, soprattutto nelle comunità locali”.
Principale protagonista sul piano politico e istituzionale, della conferenza è stato naturalmente il Commissario Nicolas Schmit che ha presentato il “Social Economy Action Plan” al debutto il 9 dicembre scorso e che ora la Commissione mette a disposizione di tutti gli europei, delle istituzioni dell’UE, degli Stati membri e di altri enti pubblici locali e regionali e delle parti interessate dell’economia sociale che ora hanno la missione congiunta di renderlo concreto e vivo.
Su piano dei contenuti, la conferenza di Strasburgo è stata certamente una buona occasione per evidenziare come, ogni giorno, con la loro capillare presenza in tutta l’Unione, gli enti dell’economia sociale alimentano e mantengono la coesione sociale in tutti i Paesi dell’Unione.
La conferenza si è successivamente articolata in decine di sessioni tematiche, seminari e laboratori che hanno evidenziato la presenza di una rete di coesione sociale costruita dal basso, a partire dalla capacità di prendersi cura delle persone, delle libertà e dei diritti, coinvolgendo direttamente i cittadini e le comunità locali – e rispondendo ai bisogni di questi – e rendendo così possibile un futuro sostenibile e prospero per le comunità locali. Un prendersi cura che nasce dall’interesse per l’altro e con l’altro, che determina il valore della dimensione sociale in Europa.
Interessante, nel suo svolgimento, il dibattito della plenaria nel secondo giorno della conferenza, dedicato al rapporto tra economia sociale e politica industriale europea, nella direzione di una crescita più sostenibile e inclusiva, dove si è in particolare sottolineato come sostenibilità e inclusione siano parte integrante dell’identità di molte organizzazioni dell’economia sociale e lo siano in modo particolare per le cooperative. La loro stessa forma giuridica, infatti, partendo da una “capitalizzazione frugale” che considera il denaro come risorsa da “mettere in comune” e reinvestire continuamente per il perseguimento degli scopi sociali, cerca così di rendere sostenibile l’attività economica e d’impresa.
SI è inoltre sottolineato quanto le imprese dell’Economia Sociale non si occupino solo di nicchie produttive marginali, con una vocazione sociale di testimonianza. Vi sono infatti anche grandi imprese cooperative impegnate nel consolidamento del legame strutturale tra economia sociale ed economia circolare e dell’innovazione. Anche nei contesti trainati dall’alta tecnologia e della digitalizzazione, si è visto quanto il mondo dell’economia e delle imprese siano protagonisti di cambiamenti profondi e “dirompenti” che interessano la società e la qualità della vita di tutti.
Tuttavia, la nuova forma di economia digitale sta creando enormi concentrazioni di ricchezza e potere in pochissime mani. Possiamo vedere tutti che oggi le prime cinque aziende al mondo sono aziende digitali, sono aziende con ingenti capitali, e sono aziende che generano grande ricchezza ma la concentrano tra poche persone.
L’economia sociale può avere un ruolo fondamentale nell’ambito dell’innovazione di significato, dei processi di trasformazione del lavoro e di transizione ecologica e digitale, che non si debbano limitare alla ricerca di risposte a domande di beni e servizi, ma alla ricerca di significato, valori, identità.
L’accesso al futuro benessere digitale per tutti i cittadini sarà una delle maggiori sfide dei prossimi decenni e una delle mission dell’economia sociale proprio con l’obiettivo di essere quella di contenere la crescita delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi, all’educazione e formazione, alla cura, all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
In questa prospettiva il Social Economy Action Plan e la Conferenza di Strasburgo debbono essere anche occasione per riparare alla disattenzione che c’è stata circa il ruolo dell’economia sociale nel corso della Conferenza sul Futuro dell’Europa, più interessata ad un rapporto diretto, quasi disintermediato con i singoli cittadini, che non alla valorizzazione del ruolo delle formazioni sociali.
Certamente il Social Economy Action Plan si propone di creare le giuste condizioni per il successo dell’economia sociale agendo su fiscalità, appalti pubblici e disciplina degli aiuti di Stato; migliorando l’accesso ai finanziamenti e alle misure di sostegno economico; incrementando conoscenza e visibilità dell’economia sociale.
Per concludere, una nota sulla presenza, o meglio dell’assenza, dell’Italia – al netto della partecipazione di alcuni cooperatori sociali, e del drappello di italiani impegnati nelle organizzazioni si rappresentanza europee – davvero scarsa dal punto di vista della presenza di esponenti del Terzo settore e delle istituzioni. Francia, Spagna, Portogallo, Germania erano presenti con Sindaci, esponenti di governi locali e con messaggi video da parte di ministri e sottosegretari, mentre l’Italia – che guida il comitato di monitoraggio della dichiarazione di Luxemburgo sull’economia sociale – non era purtroppo rappresentata.