[di Gabriele Sepio, pubblicato in «Il Sole 24 Ore» di sabato 14 dicembre 2024, pag. 28]
Proroga del nuovo regime iva per gli enti associativi e autorizzazione UE in dirittura d’arrivo per le misure fiscali del terzo settore. Il 2026 si preannuncia particolarmente importante per il mondo non profit con una serie di novità che incideranno già da quest’anno sui modelli organizzativi e sulla gestione degli enti. Iniziamo dalla novità più attesa in questi giorni. Ovvero dalla sospirata conferma, arrivata con il Comunicato di Palazzo Chigi del 9 dicembre, della proroga del nuovo regime IVA per le associazioni, destinato altrimenti ad entrare in vigore dal prossimo 1 gennaio. Il terzo e, a questo punto ultimo, rinvio della nuova disciplina si è presentato in una prima fase non proprio agevole a fronte delle insistenti richieste della commissione UE legate alle scadenze imposte dalla procedura di infrazione avviata ormai nel lontano 2010. La leva per giungere alla agognata proroga arriva dalla riforma fiscale. Il dl milleproroghe, passato al vaglio del CDM, specifica, infatti, che il rinvio al 1 gennaio 2026 si lega alla prevista razionalizzazione della disciplina dell’IVA per gli enti del Terzo settore da attuarsi nel contesto della delega fiscale (art. 7, L. 111/23). A rassicurare la Commissione, dunque, l’obiettivo non solo di adeguare il sistema interno alla direttiva UE ma anche di procedere ad un intervento di più ampio respiro in vista della definitiva entrata in vigore delle disposizioni fiscali per il terzo settore una volta sopraggiunta l’autorizzazione UE. Quest’ultima comporterà infatti puntuali conseguenze anche dal punto di vista IVA. Pensiamo al fatto che il regime di esenzione previsto per alcune prestazioni esenti (ad es. socio sanitarie, educative e dell’infanzia) di cui oggi beneficiano le ONLUS sarà esteso agli “enti del terzo settore non commerciali”.
La concessione di un ulteriore anno di tempo sarà determinante, dunque, per provare a semplificare l’impatto della nuova disciplina iva sugli enti associativi tenuto conto che il nuovo regime interesserà alcune tra le entrate di maggior rilievo nei bilanci di tali realtà. Parliamo dei corrispettivi specifici ricevuti da enti sportivi, associazioni di promozione sociale, culturali nonché partititi politici, sindacati e organizzazioni di categoria con riferimento ad operazioni rese nei confronti di soci, associati o partecipanti a fronte di corrispettivi specifici. Pensiamo alle quote per la partecipazione a corsi, gite, o per la vendita di beni e servizi o la fruizione di spazi. A questo si aggiunge l’ingresso nel regime delle operazioni iva imponibili delle attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte di APS iscritte nel registro del Ministero degli interni. Per molte realtà, dunque, si renderà necessaria l’apertura delle partita iva valutando anche la possibilità di fruire di eventuali dispense rispetto ai conseguenti adempimenti legati alla gestione del tributo (art. 36 bis DPR 633/73).
I profili su cui potrà giocarsi la carta della semplificazione sono diversi e partono principalmente dalla necessità di rispettare un principio di proporzionalità tra adempimenti e dimensione delle entrate. Per le realtà di più piccole dimensioni con entrate corrispettive di importo non rilevante si potrà valutare una dispensa più estesa dagli adempimenti mantenendo fuori campo iva le operazioni entro una determinata soglia ragionevole. Del resto il novellato art. 284 della Direttiva 2006/112 prevede la possibilità, per ciascuno Stato membro, di introdurre delle “soglie di franchigia”, differenziate sulla base di criteri oggettivi, con la possibilità di esentare i soggetti passivi da uno o più adempimenti, ivi incluso, a certe condizioni, l’obbligo di apertura di una posizione IVA.
Altra chance per la semplificazione potrebbe arrivare dall’estensione del regime dei contribuenti minori (L. n. 190/2014) anche agli enti di tipo associativo, con ulteriori semplificazioni sotto il profilo della fatturazione. Una soluzione già adottata dal legislatore italiano per ODV e APS con entrate inferiori a 65 mila euro e che potrebbe essere estesa, a determinate condizioni, anche ad altri enti associativi uniformando la soglia del volume d’affari al limite degli 85 mila euro. Verrebbe cosi alleggerito il carico degli adempimenti utilizzando un regime già ampiamente collaudato.
Resta fermo che per le attività svolte dagli enti associativi in regime mutualistico, rivolte dunque a soci, associati, tesserati e iscritti, occorrerà verificare di volta in volta l’effettiva integrazione dei presupposti applicativi del tributo iva di carattere oggettivo e soggettivo. Circostanza che, anche a fronte dell’attrazione dei corrispettivi specifici nel regime di esenzione, non appare del tutto scontata.