Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore di Giovedì 28 Aprile 2022, cura di Thomas Tassani e Gabriele Sepio
Trust: escluso dal Ministero del Lavoro l’accesso al Terzo settore. Con il documento di prassi pubblicato lo scorso 21 aprile, viene sciolto uno dei principali nodi sorti a seguito dell’operatività del RUNTS. Secondo l’impostazione fornita nella circolare 9, il Trust non potrebbe essere qualificato tra gli “enti di carattere privato diversi dalle società”. Una definizione questa richiamata dall’art. 4 del CTS che delimita il perimetro di coloro che possono assumere la qualifica di ETS. Secondo l’impostazione del Ministero del Lavoro, i trust mancherebbero di soggettività giuridica in senso proprio dal momento che costituiscono un patrimonio separato destinato ad uno specifico scopo. La soggettivazione dei trust ha, infatti, una valenza solo fiscale, in quanto riconosciuta dall’art. 73 TUIR (modificato dalla legge finanziaria per il 2007). E’ certamente vero che l’Agenzia delle Entrate si è in passato espressa (cfr. Circ. n. 38/E del 2011) nel senso dell’iscrivibilità dei trust nell’Anagrafe ONLUS; è però altrettanto vero che la disciplina ONLUS aveva una valenza esclusivamente tributaria, divenendo allora naturale ricomprendere nella stessa tutti i soggetti fiscalmente considerati tali. Il discorso è in parte diverso per quanto attiene il CTS, che rappresenta una disciplina di carattere generale, in modo che il riferimento agli “enti di carattere privato” si presta ad essere letto come riferito a quei soggetti collettivi che sono tali secondo il diritto comune. Era tuttavia proponibile anche una interpretazione alternativa, meno ancorata al dato letterale e più aderente ai profili evolutivi del sistema, idonea allora a ricomprendere nel concetto normativo di enti privati anche i trust sia in quanto già riconosciuti dal regime ONLUS il cui paradigma fondamentale è riproposto dal CTS, sia per ragioni di tutela dell’affidamento dei soggetti coinvolti.
L’orientamento delineato dal Ministero del Lavoro impone una attenta riflessione rispetto a quei tanti Trust che già hanno la qualifica di ONLUS. Tali enti, infatti, con la definitiva abrogazione della disciplina prevista dal D.lgs. n. 460/1997, si troverebbero a dover devolvere il patrimonio accumulato in costanza delle agevolazioni e mantenere la veste di semplice ente non commerciale, perdendo i più importanti benefici fiscali riservati agli ETS.
La gravità di una simile situazione, in termini di impatto applicativo e di lesione di posizioni giuridiche meritevoli di tutela, richiede, a nostro avviso, un intervento normativo ad hoc. Anche in considerazione della rilevanza del trust nell’ambito del terzo settore, la cui importanza è stata riconosciuta da ultimo dalla legge sul Dopo di Noi, si potrebbe espressamente ricomprendere i trust tra gli ETS, ripetendo in qualche modo la formulazione dell’art. 73 TUIR e dunque aggiungendo il riferimento espresso al Trust all’interno dello stesso art. 4 del CTS. Diversamente, nel caso in cui tale soluzione non dovesse essere presa in considerazione, sarebbe comunque opportuno intervenire con una norma transitoria in grado di prevedere gli effetti legati alla mancata iscrizione nel RUNTS dei trust ONLUS, sterilizzando ogni conseguenza devolutiva del patrimonio accumulato da tali enti.