di Patrick Vesan, Federico Razetti, Massimo Papa
[pubblicato sulla rivista «Impresa Sociale» n.2/2023]
1. Introduzione
Una riforma nazionale, come quelle avviata con l’adozione del Codice del Terzo settore (CTS, D.lgs. 117/2017), e in particolare con la disciplina degli strumenti di amministrazione condivisa[2], può essere analizzata a partire da una pluralità di fuochi analitici, quali ad esempio l’evoluzione giurisprudenziale connessa alle novità introdotte, gli impatti sui modelli e sulle strategie organizzative del Terzo settore e della Pubblica amministrazione (PA), l’individuazione di condizioni abilitanti e ostative l’esercizio dell’amministrazione condivisa, oppure ancora gli esiti riconducibili ai procedimenti avviati.
Un tema ancora poco esplorato riguarda l’impatto complessivo generato dall’articolo 55 del CTS a quasi sei anni dalla sua introduzione. Tale impatto, a cui ci si riferirà con la locuzione “effetto di sistema”, può essere colto a partire da almeno due dimensioni. La prima dimensione investe il piano regolativo e concerne l’evoluzione normativa e giurisprudenziale della materia, mentre la seconda attiene al concreto dispiegarsi delle norme, ovvero al diffondersi di prassi di “amministrazione condivisa” connesse all’adozione del CTS.
In merito alla prima dimensione, un’ampia letteratura si è già soffermata sull’evoluzione della disciplina in materia, considerando anche la produzione di sentenze e l’adozione di linee guida da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali[3]e dell’Autorità nazionale anticorruzione[4](Gallo 2020, 2022; Frediani, 2021; Fici, 2022; Gori 2022). Tale evoluzione a livello nazionale è stata accompagnata anche da ulteriori processi di “espansione regolativa” che hanno avuto luogo a diversi livelli di governo.
Inprimis, è possibile osservare un’espansione regolativa indiretta riferibile, ad esempio, ai nuovi rapporti che si pongono tra il Codice del Terzo settore, il Codice dei contratti pubblici[5]o il Decreto legislativo 201/2022 sul Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Allo stesso modo, è possibile menzionare le sinergie che potrebbero crearsi tra il Piano d’azione europeo sull’economia sociale e le sue declinazioni a livello nazionale e locale o ancora con il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023. Il processo di espansione regolativa più evidente è però quello diretto, relativo alla proliferazione di leggi regionali e provinciali, linee-guida, regolamenti e delibere su scala territoriale (Gallo 2022). Dal 2020 ad oggi, quattro amministrazioni regionali hanno infatti legiferato in materia, adottando norme di ampio respiro volte alla promozione del Terzo settore e delle nuove modalità di relazione PA-ETS (Toscana, Molise ed Emilia-Romagna) o, specificamente, dell’amministrazione condivisa (Umbria). Altre amministrazioni regionali, quali il Friuli-Venezia Giulia, il Lazio, la Lombardia, le Marche, il Piemonte e la Puglia, nonché la Provincia autonoma di Trento, hanno invece dedicato una qualche attenzione al tema dell’amministrazione condivisa in seno a provvedimenti di carattere settoriale relativi, ad esempio, all’assistenza sociosanitaria, all’odontoiatria sociale oppure all’invecchiamento attivo. Al di là delle fonti di diritto primario, è possibile inoltre rinvenire più di una trentina di regolamenti, linee-guida e protocolli operativi adottati da amministrazioni comunali, sovracomunali (distretti) e aziende sociosanitarie.
In sintesi, l’adozione del CTS ha attivato un processo di proliferazione regolativa che si è alimentato per interazione tra normative, semplice emulazione o ancora a seguito dell’esplicito desiderio delle PA di “calare” la disciplina dell’amministrazione condivisa nei rispettivi contesti territoriali. Senza addentrarci in questa sede in una disamina comparata dei provvedimenti adottati, la proliferazione normativa su scala regionale o comunale si è finora svolta come un processo di “assunzione” a livello locale di quanto già previsto dall’articolo 55 del CTS. Questo processo, da un lato, testimonia il sostegno politico-simbolico verso i nuovi strumenti di amministrazione condivisa, consolidando la legittimazione del ricorso alle nuove prassi partecipate. Dall’altro, l’ipotesi che ciascuna regione italiana, financo ciascuna amministrazione di una grande città, possa adottare una sua disciplina in materia solleva alcune domande. La necessità di normare gli istituti dell’amministrazione condivisa a livello locale potrebbe infatti preludere all’emergenza di micro-variazioni, ovvero di una pluralità di discipline parallele a seconda del luogo in cui ci si trovi. Se queste micro-variazioni consentano di introdurre elementi innovativi, pur all’interno di una cornice regolativa coerente con lo spirito della norma originaria, o finiscano con l’alimentare una sovraproduzione normativa che potrebbe aggiungere poco alla “messa a regime” del sistema, rimane un tema da investigare.
Ciò detto, al fine di compiere una prima valutazione dell’“effetto di sistema” prodotto dal CTS, che vada al di là dei processi di espansione regolativa a cui si è fatto cenno, occorre considerare la concreta diffusione delle prassi di amministrazione condivisa. Il prosieguo dell’articolo si soffermerà su questa specifica questione. [continua]