La Riforma del Terzo Settore, le opere degli enti religiosi e la segregazione del patrimonio destinato
Il legislatore della Riforma del Terzo Settore ha previsto che anche gli enti religiosi possano applicare “immediatamente” la normativa promozionale del Terzo Settore e dell’Impresa Sociale ma “limitatamente“ alle attività di interesse generale e alle attività diverse dell’art. 6 del Codice.
Comunemente tale ipotesi è denominata “ramo dell’ente religioso”. Rispetto alla positiva esperienza del ramo Onlus, il legislatore ha introdotto un ulteriore elemento, accanto al Regolamento e all’obbligo di scritture contabili separate: la costituzione del patrimonio destinato. In sede di conversione del D.L. n. 77/2021, è stato previsto esplicitamente l’effetto della segregazione reale dei beni inseriti in tale parte del patrimonio (riservati ai creditori delle attività del ramo) rispetto a quelli che rimangono nel cosiddetto patrimonio istituzionale (riservati agli altri creditori). Si tratta di una novità che chiede agli amministratori degli enti religiosi e ai loro consulenti di sviluppare ulteriormente la riflessione circa l’an e il quomodo per dar vita ad un ramo di Terzo Settore o d’Impesa Sociale in quanto vengono coinvolti i diritti dei creditori ed emergono altre ragioni che possono determinare l’attribuzione di un bene al patrimonio destinato o a quello istituzionale.
Anche la predisposizione del Regolamento richiede prudenza e competenza, in quanto si tratta di una serie di norme alle quali si obbliga l’ente religioso e i suoi organi che si aggiungono alla struttura normativa tipica dell’ente interessato sulla quale – per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti – ha competenza esclusiva l’ordinamento della confessione religiosa (il diritto canonico per quelli della Chiesa Cattolica). Inoltre, lo stesso legislatore ha previsto che le norme della Riforma siano incluse nel Regolamento “in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti”.
Infine, tanto il Codice quanto il Decreto sull’Impresa Sociale hanno previsto che la possibilità di istituire un ramo sia riconosciuta non solo ai tradizionali enti ecclesiastici civilmente riconosciuti ma anche al novero più ampio degli enti religiosi: si tratta di una nuova categoria che attende di essere meglio definita per poter procedere all’iscrizione del ramo nel RUNTS o nel Registro delle Imprese.
Ente religioso
La Riforma del Terzo Settore, le opere degli enti religiosi e la segregazione del patrimonio destinato
Il legislatore della Riforma del Terzo Settore ha previsto che anche gli enti religiosi possano applicare “immediatamente” la normativa promozionale del Terzo Settore e dell’Impresa Sociale ma “limitatamente“ alle attività di interesse generale e alle attività diverse dell’art. 6 del Codice.
Comunemente tale ipotesi è denominata “ramo dell’ente religioso”. Rispetto alla positiva esperienza del ramo Onlus, il legislatore ha introdotto un ulteriore elemento, accanto al Regolamento e all’obbligo di scritture contabili separate: la costituzione del patrimonio destinato. In sede di conversione del D.L. n. 77/2021, è stato previsto esplicitamente l’effetto della segregazione reale dei beni inseriti in tale parte del patrimonio (riservati ai creditori delle attività del ramo) rispetto a quelli che rimangono nel cosiddetto patrimonio istituzionale (riservati agli altri creditori). Si tratta di una novità che chiede agli amministratori degli enti religiosi e ai loro consulenti di sviluppare ulteriormente la riflessione circa l’an e il quomodo per dar vita ad un ramo di Terzo Settore o d’Impesa Sociale in quanto vengono coinvolti i diritti dei creditori ed emergono altre ragioni che possono determinare l’attribuzione di un bene al patrimonio destinato o a quello istituzionale.
Anche la predisposizione del Regolamento richiede prudenza e competenza, in quanto si tratta di una serie di norme alle quali si obbliga l’ente religioso e i suoi organi che si aggiungono alla struttura normativa tipica dell’ente interessato sulla quale – per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti – ha competenza esclusiva l’ordinamento della confessione religiosa (il diritto canonico per quelli della Chiesa Cattolica). Inoltre, lo stesso legislatore ha previsto che le norme della Riforma siano incluse nel Regolamento “in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti”.
Infine, tanto il Codice quanto il Decreto sull’Impresa Sociale hanno previsto che la possibilità di istituire un ramo sia riconosciuta non solo ai tradizionali enti ecclesiastici civilmente riconosciuti ma anche al novero più ampio degli enti religiosi: si tratta di una nuova categoria che attende di essere meglio definita per poter procedere all’iscrizione del ramo nel RUNTS o nel Registro delle Imprese.
Autore: Don Lorenzo Simonelli
Argomenti: Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto | Ente religioso | Patrimonio destinato | Regolamento