Luigi Bobba: “Il Terzo settore non è una ruota di scorta. Adesso il Governo acceleri sulla riforma”

Luigi Bobba era sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali quando Renzi aveva iniziato a ragionare su come riordinare il Terzo Settore. L’attuale presidente della Fondazione Terzjus, riconfermato nell’incarico anche con Gentiloni, ha lavorato in prima persona sulla riorganizzazione che ha portato alla nascita di Ets, Runts e al Codice del Terzo Settore. Una riforma che, però, ancora oggi non è del tutto attuata. Ma si trova «a due passi dalla meta».

[Intervista di Teresa Cioffi a Luigi Bobba, Corriere della Sera, Torino, sabato 21 giugno, pag. 41]

Bobba, a che punto siamo?

«Il Runts comprende 137 mila enti, un successo. E si conta anche la registrazione di 45 mila realtà non neonate. Parliamo di enti che hanno deciso di intraprendere il percorso di riconoscimento, di trasparenza e di utilizzo delle opportunità che l’iscrizione al registro prevede. La parte di applicazione della normativa è in parte conclusa, anche grazie alla recente acquisizione del nulla osta della Commissione Europea sulle norme fiscali».

Cosa accadrà?

«La Commissione Europea ha dato via libera a gran parte delle norme fiscali rimaste fino ad ora non operative. Entreranno in vigore da gennaio 2026, un passo in avanti per il compimento della riforma del Terzo Settore. Si parla di un quadro più chiaro, semplice e favorevole. Negli scorsi anni una quota pari a 160 milioni di euro destinati agli enti, di fatto, è rimasta nel bilancio statale perché la legge non era applicabile». Quali nodi ancora da scio«II Governo è chiamato a intervenire su alcune questioni. In primis sull’incremento del fondo del 5 per mille, in modo che la libera decisione dei cittadini contribuenti corrisponda effettivamente al 5 per mille. Perché se il fondo rimane fermo ma le sottoscrizioni aumentano, il risultato è che si ottiene un 3 0 4 per mille. Dunque servirebbe incrementare il fondo per far funzionare il sistema».

Poi?

«La seconda cosa importante è promuovere le erogazioni liberali. La riforma aveva introdotto un maggiore livello di detrazione o deduzione fiscale. Ebbene, sono ancora pochi i cittadini che utilizzano questa opportunità, che invece potrebbe alimentare un flusso di risorse. Terza questione: il Governo ha avviato il piano di azione per l’economia sociale e auspichiamo che venga portato a termine».

Di cosa si tratta?

«Ci sono soggetti che non attuano solo attività di tipo sociale, informativa, educativa ma anche economica e imprenditoriale. Nel 2023 il Consiglio europeo aveva varato una raccomandazione: i governi nazionali entro il 2025 avrebbero dovuto varare un piano d’azione per quei soggetti che, facendo economia sociale, promuovono la buona occupazione, l’inclusione e lo sviluppo nei territori più svantaggiati».

Come ci si sta muovendo?

«Ora il Governo si è messo “in campana” e il ministro dell’Economia sta lavorando per predisporre questo piano che, secondo questa raccomandazione europea, dovrebbe essere varato a fine novembre 2025. Vedremo».

Il Terzo Settore offre servizi che, altrimenti, non si riuscirebbe a garantire?

«L’85% di questi enti produce attività solamente con la forza del volontariato. L’obiettivo della riforma è stato proprio quello di restituire dignità e sostegno a questi soggetti, in modo che non venissero intesi come una ruota di scorta o qualcosa al quale affidarsi unicamente in una funzione surrogatoria. Sono realtà che devono essere riconosciute nel loro essere indispensabili, quindi sostenute in maniera ordinaria. E il nostro report vuole sottolineare questo aspetto, indicando quanto fatto e quanto ancora è necessario attuare».

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