Un’importante novità per il terzo settore e i suoi enti è appena giunta, poco prima della pausa estiva, dalla legge di conversione del decreto legge 29 maggio 2023, n. 57.
La legge 26 luglio 2023, n. 95, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 27 luglio 2023, e dunque già entrata in vigore, introducendo nel citato d.l. 57/2023, l’art. 3-septies, ha infatti incluso tra le attività di interesse generale di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. 117/2017, recante il Codice del terzo settore, nonché tra le attività di interesse generale di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. 112/2017 sull’impresa sociale, l’attività di produzione, accumulo e condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo.
Il nuovo testo dell’art. 5, comma 1, lett. e), d.lgs. 117/2017, è adesso il seguente:
“interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, alla tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281, nonché alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199”.
Parallelamente, il nuovo testo dell’art. 2, comma 1, lett. e), d.lgs. 112/2017, è adesso il seguente:
“interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, nonché alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199”.
Perché questa novità legislativa è così importante?
Lo è sostanzialmente per un motivo. Perché toglie ogni ombra di dubbio sulla possibilità per una Comunità Energetica Rinnovabile (CER) di cui all’art. 31, d.lgs. 199/2021, di assumere la qualifica di ente del terzo settore o di impresa sociale, ciò di cui prima si poteva invece discutere in ragione del fatto che l’attività svolta dalle CER era un’attività la cui riconducibilità tra quelle di interesse generale era quanto meno opinabile (poteva forse farsi rientrare nella lettera e) o nella lettera w), ma sulla base di un’interpretazione non certo incontrovertibile).
Il legislatore, invece, l’ha adesso esplicitamente qualificata come attività di interesse generale ai fini di cui alla normativa sul terzo settore, consentendo perciò ad associazioni e fondazioni (nonché, nel caso di imprese sociali, anche a società e cooperative) attive in questo settore di potersi classificare come enti del terzo settore (o imprese sociali) mediante iscrizione nel RUNTS (o, nel caso di imprese sociali, nel Registro delle imprese).
È stata una scelta legislativa senz’altro felice ed opportuna, perché già sulla base del proprio statuto normativo specifico (cfr. art. 31 d.lgs. 199/2021) le CER avevano diversi tratti identitari in comune con gli enti del terzo settore.
Una CER, infatti, ha e deve avere come finalità principale quella di “fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quella di realizzare profitti finanziari”.
Deve avere una base sociale “aperta” a persone fisiche, consumatori, PMI, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale, le amministrazioni locali del territorio.
Ovviamente, stante la natura dell’ente del terzo settore come qualifica soggettiva, rimane come problema principale da affrontare in chiave operativa quello della forma giuridica della CER, che la recente modifica legislativa certo non risolve, anche se, in qualche modo, può orientare.
Ad esempio, la possibilità di assumere la qualifica di impresa sociale, apre la strada alla possibilità di costituire CER non solo in forma di società cooperativa (modalità già praticata da qualche CER), ma anche di società di capitali (con la qualifica di impresa sociale) ai sensi del d.lgs. 112/2017.
Parimenti, il possibile riconoscimento come associazione di promozione sociale (APS) di una CER costituita in forma di associazione (anche questa modalità già praticata da diverse CER), potrebbe consentire di sfruttare il particolare regime fiscale di cui all’art. 85, comma 1, CTS (allorché questa norma diverrà efficace) per l’attività svolta dalla CER nei confronti dei propri associati.
In generale, la CER con la qualifica di ETS avrà la possibilità di godere di tutti i benefici riservati agli enti del terzo settore, sia nel campo fiscale, sia nell’accesso a fondi pubblici, modalità alternative di relazione con pubbliche amministrazioni (“amministrazione condivisa”), strumenti quali il social bonus di cui all’art. 81, i titoli di solidarietà di cui all’art. 77, le liberalità agevolate di cui all’art. 83, ecc.
Insomma, una novità importante, capace di favorire l’innovazione sociale nel campo delle forme aggregative e partecipative d’uso di energie rinnovabili.