È stato di recente pubblicato, e si trova già da alcuni mesi in libreria, un volume del professor Antonio Fici, Direttore scientifico di Terzjus, che raccoglie diversi scritti redatti dal medesimo sulla riforma del Terzo settore.
Il volume si propone un obiettivo preciso: contribuire a far sì che una “buona” legislazione sul Terzo settore, quale è sicuramente quella imperniata sul Codice del 2017, possa trasformarsi – per effetto di attente interpretazioni ed efficaci (nonché a volte coraggiose) applicazioni della normativa – in un diritto vivente altrettanto “buono”, nella misura in cui risulti essere strumento efficace di promozione del Terzo settore. Secondo l’Autore, infatti, la recente legislazione non è di per sé sufficiente a garantire al Terzo settore e ai suoi enti un’adeguata base per il loro sviluppo. A tal fine, infatti, è necessario che tale legislazione venga in concreto interpretata ed applicata in conformità ai suoi princìpi e valori, che non sono i medesimi di quelli che guidano normative relative ad altre tipologie di enti. L’auspicio dell’Autore è dunque che i saggi raccolti nel volume possano concorrere al perseguimento del divisato scopo.
Nel volume sono presenti sia contributi di carattere generale che contributi dedicati all’analisi di singole tipologie di enti del Terzo settore ovvero di specifiche tematiche inerenti gli enti del Terzo settore e il loro diritto.
Nello scritto sulle basi costituzionali del diritto del Terzo settore, l’Autore individua il fondamento costituzionale del Terzo settore e del suo diritto negli articoli 2, 3 e 118, comma 4, della Costituzione. Quali enti, infatti, se non quelli del Terzo settore potrebbero mai costituire – questo è l’interrogativo retorico che si pone l’Autore – il modello organizzativo più adeguato per l’esercizio in forma collettiva di attività di interesse generale nella prospettiva della sussidiarietà orizzontale? In un certo senso, l’articolo anticipa le conclusioni cui è in seguito autorevolmente pervenuta la Corte Costituzionale nell’“epocale” sentenza n. 131/2020, che ha costituito oggetto di ampi commenti, sistematici e multidisciplinari, nel primo “Quaderno di Terzjus” disponibile in questo sito.
Il successivo contributo, intitolato Struttura ed impatto del “nuovo” diritto del terzo settore, fornisce una chiave di lettura generale della riforma del 2017, utile anche a tutti coloro che per la prima volta si accostano ad essa. Si spiega cosa sia l’ente del Terzo settore, nonché la sua precisa nozione e i suoi requisiti essenziali.
Più specifico il terzo capitolo dedicato all’impresa sociale. Esso esplora la nozione e la caratteristiche essenziali dell’impresa sociale, da intendersi come “qualifica particolare” del Terzo settore. Conclude dunque individuando alcune ipotesi applicative in cui lo strumento giuridico dell’impresa sociale può essere utilmente impiegato, ad esempio per realizzare forme innovative di organizzazione di interventi di welfare mix, pubblico-privato.
Sempre all’impresa sociale è dedicato il quarto capitolo, nel quale la nuova disciplina del d.lgs. 112/2017 è letta nella prospettiva degli interessi delle diverse categorie di stakeholder che può contribuire a realizzare, ad esempio quelli degli utenti e beneficiari dell’impresa sociale o dei suoi creditori e lavoratori.
I successivi capitoli del volume raccolgono i contributi più specificamente dedicati a singole tematiche afferenti la materia in questione.
Di particolare interesse è il contributo su Terzo settore e sport dilettantistico, non foss’altro perché le associazioni sportive dilettantistiche costituiscono, anche secondo i dati più recenti dell’Istat, una fetta molto ampia del settore non profit, candidandosi dunque a divenire una delle porzioni più significative del Terzo settore allorché il RUNTS diverrà operativo (probabilmente a partire dal mese di aprile del prossimo anno). V’è però un ostacolo normativo, ampiamente esplorato nel contributo, che potrebbe disincentivare le ASD dall’assumere la qualifica di enti del Terzo settore mediante iscrizione nel RUNTS. L’Autore riflette, tuttavia, in merito a come ampi vantaggi potrebbero derivare alle ASD dall’iscrizione nel RUNTS, ancor maggiori di quelli cui dovrebbero rinunciare effettuando l’iscrizione. È molto probabile, conclude l’Autore, che solo le ASD di maggiori dimensioni economiche e con maggiori entrate da corrispettivo possano alla fine trovare sconveniente iscriversi nel RUNTS, mentre per le ASD più piccole i benefici dell’iscrizione nel RUNTS sicuramente superano i costi da esso derivanti in termini di rinunce fiscali.
Di grande interesse è anche il contributo dedicato alle fondazioni di origine bancaria, non solo perché si sofferma in generale sulla posizione delle FOB rispetto alla nuova legislazione sul Terzo settore, ma anche perché individua alcune possibili modalità attraverso le quali le FOB stesse potrebbero avvalersi dell’ente del Terzo settore (e più in particolare dell’impresa sociale) per realizzare i propri obiettivi legislativi. È così che si giunge a prospettare l’ipotesi di imprese sociali (anche unipersonali) costituite e controllate dalle FOB.
In chiusura, il volume che qui si è presentato costituisce una lettura indispensabile non solo per gli studiosi del diritto del Terzo settore, ma anche per gli operatori del Terzo settore nonché per tutti coloro che con il Terzo settore stabilmente si relazionano. È un libro che sapientemente combina i profili teorici dell’analisi giuridica con i risvolti applicativi, realizzando appieno l’auspicio che il medesimo Autore in un’altra pubblicazione aveva avuto modo di manifestare, ovvero di avere sempre più analisi giuridiche legate alla realtà, che traggano da essa ispirazione e siano capaci di risolvere le questioni che essa odiernamente pone a persone e cittadini.