In sede di redazione del Codice del terzo settore (CTS) è stata inserita una lungimirante soluzione alle questioni collegate al popolamento del RUNTS, soprattutto (ma non esclusivamente) quello iniziale. Si trattava di una misura concepita per facilitare non poco la vita sia dei nuovi enti che si sarebbero iscritti al RUNTS sia di quegli enti il cui accesso al nuovo registro sarebbe avvenuto per via di “trasmigrazione” dai preesistenti registri di ODV e APS. Ma che, ça va sans dire, si sarebbe rivolta anche a vantaggio degli Uffici del RUNTS, che da lì a poco sarebbero stati a chiamati a gestire una quantità considerevole di pratiche e fascicoli. Contemplata nell’art. 47, comma 5, CTS, questa norma è rimasta però, purtroppo, inattuata per (quasi) sei lunghi anni. È così che i circa 105.000 enti già iscritti al RUNTS (nel momento in cui si scrive) non ne hanno potuto beneficiare, né hanno potuto farlo gli Uffici del RUNTS che li hanno iscritti. Adesso, con l’avviso pubblico del Ministero del lavoro n. 5549 del 2 maggio 2023, questa misura agevolativa è destinata a diventare finalmente effettiva. Potranno giovarsene gli enti che si iscriveranno al RUNTS nei prossimi mesi, così come gli enti che intendessero modificare i propri statuti o che si trovassero “incagliati” in procedure istruttorie con gli Uffici del RUNTS in cui la validità di clausole statutarie è messa in discussione. È vero che la misura entra tardi in servizio, ma è anche vero che ancora tanti enti si iscriveranno al RUNTS, tra cui diversi enti che finora sono stai in posizione di attesa (come le ONLUS e molti enti sportivi dilettantistici) e che presto romperanno gli indugi.
Di cosa stiamo parlando? Ci riferiamo alla possibilità riconosciuta dal CTS alle reti associative di predisporre per gli enti del terzo settore “modelli standard tipizzati” di statuto da far approvare dal Ministero del Lavoro con decreto, con l’effetto di rendere gli statuti concretamente conformi allo statuto-tipo “vidimato” dal Ministero inattaccabili da parte degli Uffici del RUNTS (che in questo caso sono incompetenti a verificare la legalità dello statuto) e la procedura di iscrizione degli enti che lo adottano molto più rapida (dovendosi concludere entro 30 giorni piuttosto che entro 60 giorni).
Ebbene, con l’avviso pubblico sopra menzionato, il Ministero consente adesso alle reti associative di proporre un loro statuto-tipo (per APS, ODV, enti filantropici, ecc.) per l’approvazione con decreto ministeriale, al fine di realizzare gli importanti effetti di cui all’art. 47, comma 5, CTS. Al riguardo, si sottolinea nuovamente come, nonostante nel citato avviso il Ministero si soffermi molto sulla riduzione dei termini procedimentali, l’effetto più importante in realtà derivante da questa “vidimazione” è l’inopponibilità da parte degli Uffici del RUNTS di motivi ostativi all’iscrizione fondati sulla non conformità dello statuto (o meglio, di singole sue clausole) alla normativa vigente, poiché, come recita l’art. 47, comma 5, CTS, in caso di adozione da parte di un ente di statuti conformi a quelli approvati con decreto ministeriale, l’Ufficio del RUNTS può solo verificare la regolarità formale della documentazione (e non anche, dunque, la legalità sostanziale dello statuto in questione).
Evidente è perciò l’effetto benefico, e per certi versi (considerate certe rigidità interpretative di alcuni Uffici del RUNTS) salvifico, di questi decreti ministeriali di approvazione degli statuti-tipo che seguiranno all’avviso pubblico. Gli enti che adotteranno questi statuti non correranno più il rischio di vedersi sollevate dagli Uffici del RUNTS questioni, a volte inesistenti, di legalità del proprio statuto. Sarà inoltre assicurata l’uniformità di trattamento degli ETS su tutto il territorio nazionale, che costituisce un principio ed un valore della Riforma del 2017. Non potranno più verificarsi discriminazioni territoriali sulla base dell’Ufficio del RUNTS competente a gestire la domanda di iscrizione. Questa attività potrebbe anche consentire al Ministero del Lavoro di rivedere alcuni suoi procedenti orientamenti interpretativi in favore dell’autonomia organizzativa degli enti del terzo settore allorché essa non contrasti espressamente con norme di legge (si pensi, tra le altre, alle posizioni ministeriali, espresse in vari documenti di prassi, in tema di cooptazione degli amministratori mancanti, di necessaria apertura “senza limiti” della base sociale delle APS, ecc.).
In termini ancora più generali, questi statuti-tipo approvati per decreto saranno importanti strumenti di soft law, e determineranno altresì una significativa riduzione dei costi transattivi e di compliance degli enti del terzo settore, soprattutto quelli di piccola dimensione. Chi intende accedere al terzo settore senza pretesa o necessità di avere uno statuto ad hoc potrà infatti avvalersi “a costo zero” degli statuti-tipo approvati e pubblicati nel sito del Ministero, senza bisogno di informarsi o di ricorrere a consulenti specializzati.
Ciò detto, esaminiamo adesso il testo dell’avviso pubblico e chiudiamo questa nota con alcune questioni interpretative collegate a questo argomento.
Innanzitutto, l’avviso si rivolge esclusivamente ad una particolare tipologia di ente del terzo settore, ovverosia le reti associative. Parliamo di reti associative in senso proprio, e dunque degli enti che, in possesso dei requisiti di cui all’art. 41 CTS, risultano iscritti nella sezione e) del RUNTS (oltre che eventualmente anche in un’ulteriore sezione del RUNTS, ciò che alle reti associative la legge concede). Attualmente ve ne sono poco più di trenta. E soltanto questi enti potranno dunque “rispondere” all’avviso pubblico proponendo per l’approvazione uno statuto-tipo da loro redatto. Enti in corso di registrazione nella sezione e) o di migrazione verso la sezione e) non potranno invece rispondere a questo avviso prima della loro intervenuta iscrizione nella sezione e). Non trattandosi di un avviso sottoposto a termine di scadenza, queste reti in fieri dovranno dunque soltanto attendere di divenire formalmente tali.
Ovviamente non vi sono vincoli per le reti associative rispetto alla tipologia di statuti-tipo da proporre al Ministero, cosicché una rete che abbia anche la qualifica di APS o alla quale aderiscano prevalentemente APS ben potrebbe proporre per l’approvazione uno statuto-tipo di ODV, eventualmente in aggiunta ad uno di APS.
La norma di legge purtroppo non include tra gli enti autorizzati i CSV, che molto hanno fatto e stanno facendo, con il loro statuti-tipo, per facilitare l’accesso degli enti al RUNTS. In futuro, l’art. 47, comma 5, CTS, potrebbe includere anche loro tra i soggetti autorizzati a predisporre statuti-tipo per l’approvazione ministeriale.
Il Ministero, sul presupposto che le reti coinvolgono ETS di varia natura e possono dunque avere interesse all’approvazione ministeriale di più statuti-tipo, chiarisce che ciascuna rete può rispondere all’avviso chiedendo la valutazione di un solo modello di statuto per volta (ad esempio, uno statuto-tipo per ODV o uno statuto-tipo per APS). Ciò per garantire “a tutte le reti associative interessate di avviare le attività di standardizzazione, beneficiando nel contempo di una modellistica via via consolidantesi, a vantaggio della generalità degli enti”. Pertanto, “ciascuna istanza dovrà riguardare un unico modello di statuto”. E ciascuna rete “potrà sottoporre all’approvazione ministeriale un ulteriore modello successivamente alla definizione della precedente istanza” ed “in ogni caso, per ciascuna rete associativa sarà preso in esame un modello di statuto alla volta”. Insomma, uno statuto-tipo alla volta per ciascuna rete, ma con possibilità per tutte le reti di vedersi approvati diversi statuti-tipo.
I possibili esiti del procedimento sono l’approvazione con decreto direttoriale del modello di statuto (e conseguente sua pubblicazione nel sito Internet del Ministero del Lavoro) o il diniego motivato, ferma restando in entrambi i casi l’eventualità di una fase interlocutoria in cui il Ministero potrebbe richiedere integrazioni, correzioni o chiarimenti, con effetto sospensivo del termine per la conclusione del procedimento, che nel silenzio dell’avviso pubblico è pari a 30 giorni, secondo le disposizioni generali di cui alla legge 241/1990.
Nello stesso avviso pubblico il Ministero si sofferma infine sulle modalità con cui lo statuto-tipo approvato con decreto debba essere concretamente utilizzato dagli ETS affinché possano utilmente realizzarsi in loro favore gli effetti di cui all’art. 47, comma 5, CTS, ovverosia dimezzamento dei termini procedimentali e (soprattutto) limitazione dei poteri degli Uffici del RUNTS al mero controllo di regolarità formale (senza alcuna possibilità di sindacare la legalità dello statuto conforme a quello tipo approvato dal Ministero). Nel proprio statuto, gli enti dovranno indicare espressamente che il loro statuto è redatto in conformità al modello standard tipizzato predisposto da una determinata rete associativa ed approvato dal Ministero con un determinato decreto. In alternativa, gli enti potranno segnalare quanto precede nella loro istanza di iscrizione al RUNTS, in un apposito campo (denominato “note”) della propria domanda.
Chiudiamo questa breve nota, come promesso, con alcune questioni interpretative e relative proposte di soluzione.
La prima è se gli statuti-tipo “validati” dal Ministero siano utilizzabili soltanto dagli enti associati o comunque aderenti (non v’è infatti necessaria corrispondenza tra “associazione” e “adesione” ad una rete …) alla rete associativa che ha proposto lo statuto-tipo per la sua approvazione ministeriale. La risposta ci sembra essere negativa. Non lo dice la legge e non v’è ragione alcuna per limitarne l’impiego ai fini di cui all’art. 47, comma 5, CTS, ai soli enti aderenti alla rete che abbia redatto lo statuto. Qualunque ente potrebbe dunque, con le modalità indicate dal Ministero, utilizzare lo statuto-tipo dotato di “bollino” ministeriale ed invocare gli effetti di cui all’art. 47, comma 5, CTS. Si pone qui però una questione. Se lo statuto-tipo contiene un elemento di specificità non essenziale ai fini della validità dello statuto (ad esempio la frase “l’ente aderisce alla rete Alfa, di cui condivide obiettivi e valori”), cosa accade nell’ipotesi in cui l’ente non aderente alla rete “cancelli” questa frase? Può ritenersi che lo statuto non sia più conforme a quello standard approvato dal Ministero? A meno di non voler adottare argomenti banali, ancora una volta la risposta deve essere negativa. Lo statuto dovrebbe dunque ritenersi parimenti conforme, con produzione a vantaggio dell’ente che lo adotti degli effetti di cui all’art. 47, comma 5, CTS. D’altronde, come ribadiremo anche in seguito, anche qualora si dovesse ritenere lo statuto formalmente non conforme (sol perché manchi una frase come quelle sopra esemplificativamente indicata), è chiaro ed evidente che l’ente del terzo settore che lo adotti non potrebbe ricevere dall’Ufficio del RUNTS obiezioni sotto il profilo della legalità, e se mai dovesse riceverle, farebbe presto a replicare invocando lo statuto-tipo approvato dal Ministero sostanzialmente conforme al proprio.
La seconda è se possa uno statuto redatto per atto pubblico essere conforme allo statuto-tipo approvato dal Ministero e riportare dunque la dicitura richiesta dal Ministero. Si potrebbe pensare che ciò sia inutile, ma in realtà non è così. Non sempre infatti gli statuti ricevuti da Notaio vanno esenti da controllo di legalità da parte degli Uffici del RUNTS. Così è soltanto per quelli redatti ai fini dell’iscrizione al RUNTS ai sensi dell’art. 22 CTS.
La terza questione è relativa all’oggetto della verifica ministeriale sugli statuti-tipo. Su cosa dovrà concentrarsi il Ministero ai fini dell’approvazione degli statuti-tipo? La risposta scontata alla domanda è che l’analisi ministeriale dovrà essere di pura legalità, senza possibilità di entrare nel merito o nell’opportunità di singole clausole o addirittura nella valutazione di chiarezza e intellegibilità delle medesime. Il Ministero, pertanto, potrà sindacare lo statuto-tipo esclusivamente sotto il profilo della conformità alla normativa applicabile e non potrà suggerire integrazioni o revisioni che nulla abbiano a che vedere con questo profilo.
V’è infine da segnalare che tutti gli enti potranno in concreto giovarsi di questa procedura e di questa pratica di “vidimazione” ministeriale degli statuti, compresi gli enti che non adottano statuti conformi a statuti-tipo. Qualsiasi ente, infatti, anche quello che non adotti uno statuto-tipo “validato” dal Ministero, potrebbe avvalersi di un qualsiasi statuto-tipo per contestare eventuali richieste di modifiche statutarie avanzate dagli uffici del RUNTS. Se una clausola andava bene in uno statuto-tipo approvato dal Ministero, perché la medesima clausola non dovrebbe andare bene in uno statuto non conforme allo statuto-tipo? Da qui il significativo effetto di soft law da attribuirsi all’art. 47, comma 5, CTS, che finalmente sta trovando attuazione concreta. Un ulteriore passo in avanti per tutto il terzo settore.