“Dove va il diritto del terzo settore?” Intervento di Antonio Fici, Direttore scientifico di Terzjus, alla presentazione del Terzjus Report 2024. Roma, 13 febbraio 2025

Dove va il diritto del terzo settore? (intervento al seminario di presentazione del Terzjus Report 2024 – Roma, 13 febbraio 2025)

di Antonio Fici, Direttore scientifico di Terzjus

In attesa dei due ultimi passaggi fondamentali del percorso di attuazione della riforma “epocale” del 2017, poiché così la si può definire senza correre il rischio di essere smentiti, ovverosia il rilascio del nulla osta europeo che determinerà l’entrata in vigore delle principali norme fiscali del Codice nonché l’approvazione del decreto ministeriale sui controlli sugli ETS, il 2024 che ci siamo da poco lasciati alle spalle è stato un anno comunque molto intenso per il terzo settore e il suo diritto, come del resto dimostra il Rapporto di Terzjus che presentiamo, che alla sua quarta edizione è giunto a superare 500 pagine e pesare ormai quasi un chilo! Anche se la bontà di un’opera non dipende dal suo “peso”, ma spetta ai lettori giudicarla, ovviamente sulla base di parametri diversi …

È oggi fuor di dubbio che la riforma ha migliorato lo stato di salute e irrorato vitalità e fantasia nell’intero universo del terzo settore. In prospettiva di circolarità, si registra adesso un moto anche inverso, perché è il terzo settore che contribuisce al perfezionamento del suo diritto. In verità, le vicende del terzo settore e del suo diritto sono tra loro intimamente collegate, si influenzano reciprocamente, non possono andare disgiunte, e assumere consapevolezza di ciò è un passo necessario per la maturazione del terzo settore, ma anche di chi studia ed analizza il terzo settore in prospettiva giuridica.

Riguardo allo stato di salute, è possibile registrare un incremento significativo del numero di ETS esistenti oggi rispetto a quelli esistenti prima della riforma, e ciò anche al netto dell’inefficacia delle norme fiscali e della conseguente persistenza di ONLUS ed altri enti non profit che applicano disposizioni fiscali di favore che presto verranno meno, nonché di un’incomprensibile complicazione dei rapporti tra sport dilettantistico e terzo settore (su cui ci soffermiamo nel Rapporto in prospettiva de iure condendo) che non consente di annoverare formalmente tra gli ETS 100.000 e più ASD che lo sono di fatto. Risolti questi nodi il terzo settore finirà numericamente per coincidere con il non profit (esclusi gli enti non profit che non potranno mai qualificarsi come ETS), ma anche per espanderlo.

 La crescita del numero di ETS avviene anche grazie alla moltiplicazione dei modelli, che favorisce il pluralismo e consente di soddisfare una gamma più ampia di interessi. Enti filantropici e nuovi ETS (su cui si concentra questo quarto Rapporto), ma anche forme giuridiche diverse di imprese sociali, sono capaci di attrarre il (già) non profit, il pubblico, ma anche il privato for profit che non ha finalità speculative (ed in particolare quelle società benefit più orientate allo scopo di beneficio comune che alla produzione e divisione degli utili tra i soci, poiché molte di esse finiranno per essere attratte dall’impresa sociale, e cambiare così qualifica per fare ingresso nel terzo settore): si pensi allo sviluppo della formazione professionale o alle CER.

L’evoluzione compiuta dal diritto del terzo settore nel corso dell’ultimo anno, oggetto di approfondimento nel Terzjus Report che qui si presenta, si realizza in almeno tre (tra le diverse possibili) direzioni degne di nota, che peraltro si pongono in perfetta linea di continuità con le tendenze già registrate e documentate nei precedenti rapporti di Terzjus.

La prima direzione è quella del ruolo sempre più marcato, nella costruzione del diritto del terzo settore, di fonti, o meglio formanti, che operano, di fatto, dall’alto o dal basso

Opportuna è stata la scelta di cambiare nome al rapporto di Terzjus già a partire dal suo secondo anno di vita: non più “rapporto sullo stato della legislazione” (così si chiamava quando lo consegnammo al Presidente Mattarella da cui fummo ricevuti), bensì, come si presenta oggi, “rapporto sullo stato del diritto”, poiché il diritto del terzo settore è altro e di più rispetto alla legge (il Codice e il d.lgs. 112/2017) che di esso ha costituito il motore iniziale. 

Circolari e note ministeriali, massime e studi notarili, statuti-tipo delle reti associative, più che la legge in sé, sono il “pane quotidiano” con cui non solo gli ETS e gli Uffici del RUNTS, ma anche i giudici quotidianamente si confrontano. Basta leggere le sentenze per rendersi conto del ruolo sostanziale che gli orientamenti ministeriali, espressamente citati ed apprezzati dai giudici, assumono ai fini delle decisioni. D’altra parte, gli orientamenti ministeriali medesimi si ispirano, a loro volta, ad altri strumenti di soft law, come gli studi del CNN, e tengono conto delle prassi statutarie. 

La democratizzazione, moltiplicazione e il dialogo tra le fonti caratterizzano dunque questo “nuovo” diritto del terzo settore e sono gli elementi che, se mantenuti, saranno capaci di rendere il diritto del terzo settore costantemente aderente alla realtà regolata e perciò capace di disciplinarla adeguatamente ed in chiave di sviluppo.

La seconda direzione è quella della dinamicità della normativa primaria, riflesso dell’attenzione legislativa verso nuove esigenze del terzo settore ovvero verso esigenze del terzo settore nel frattempo divenute note al legislatore. La normativa primaria è tutt’altro che statica ed ingessata, diversi sono stati i cambiamenti avvenuti dal 2017 in poi (se ne dà atto in un’apposita tabella nel Rapporto). Ma un apprezzamento particolare va rivolto al legislatore per avere nel luglio del 2024 modificato alcune regole al fine di rendere la vita degli ETS, in particolar modo quelli con minori risorse, più semplice. 

È vero anche, e questo va sottolineato, che ai superiori fini le buone intenzioni del legislatore non sono da sole sufficienti. Dietro la legge 104/2024, e per approdare a risultati simili, occorre competenza e sensibilità in sede ministeriale e la spinta propulsiva del terzo settore medesimo. Sul piano tecnico, d’altro canto, è indubbio che il perfezionamento della normativa è reso possibile dall’esistenza, oggi, di una “piattaforma” (il Codice) che si lascia migliorare con facilità. Perfezionare le norme in epoca antecedente alla riforma sarebbe stato a dir poco arduo (perché era già complicato individuare e rintracciare le norme da perfezionare!)

 La terza direzione è quella dell’impatto sempre più consistente che il diritto del terzo settore sta avendo sull’ordinamento giuridico generale e su altri diritti particolari, ovvero aventi ad oggetto specifici settori di attività, nonché sulla teoria e sugli studi giuridici in generale.

Il diritto del terzo settore è presente oggi nel nuovo codice dei contratti pubblici e nella nuova disciplina dei servizi pubblici locali. Il diritto del terzo settore influenza in maniera marcata il diritto dello sport dilettantistico. È grazie al diritto del terzo settore che temi che da tempo si trovavano “in soffitta”, dopo un passato molto glorioso (si pensi, per tutti, agli studi di Francesco Galgano e Pietro Rescigno), sono stati ripresi dalla dottrina giuridica con entusiasmo, come le associazioni e le fondazioni, i famosi enti del libro primo del codice civile. Questo dinamismo ha generato, anche sopra le aspettative, una produzione già “sterminata” di opere giuridiche distribuite tra riviste, trattati, commentari, monografie, ecc. E tutto ciò ha effetti positivi sul terzo settore e i suoi enti.

In conclusione, pur non essendo passato così tanto tempo da quando un gruppo di studiosi esortava a “prendere il diritto del terzo settore sul serio” o da quando da parte nostra si ammoniva che “non può esistere il terzo settore senza il diritto del terzo settore”, oggi la situazione appare profondamente diversa: il diritto del terzo settore esiste, è ricco, complesso ed articolato (così come l’oggetto di cui si occupa e che intende promuovere), e ciò che importa, è preso sul serio, anche se su questo versante sempre più è possibile fare.

Se questi risultati sono stati raggiunti, è anche e soprattutto grazie al fatto che il terzo settore stesso ha acquisito consapevolezza dell’importanza del diritto che lo riguarda, anche come strumento propulsivo. Perché il diritto non è solo limite ma è anche opportunità, se lo si sa cogliere nel giusto modo (e non mi riferisco solo alle norme agevolatorie ma anche alle norme che ad esempio consentono operazioni straordinarie, quali trasformazioni, fusioni, ecc., che oggi sono sempre più all’ordine del giorno). La Fondazione Terzjus, così come altre meritorie iniziative (quali Cantiere Terzo Settore), costituisce manifestazione evidente di questa attenzione e cura del diritto da parte degli stessi ETS, poiché, pur essendo multistakeholder (come avrebbe detto il prof. Carlo Borzaga che nel 2024 ci ha lasciato producendo un vuoto incolmabile) è costituita e promossa soprattutto da enti del terzo settore attraverso le loro principali reti associative ed oggi anche CSV. Ai fondatori partecipanti di Terzjus, al suo CdA, con il Presidente Luigi Bobba in testa, all’intero staff della Fondazione, a tutti gli autori di questo Rapporto Terzjus, ai nostri ormai affezionati (ma non per ciò scontati) sponsor, si rivolgono dunque le mie parole finali di ringraziamento per aver consentito e per continuare a consentire i nostri studi e le nostre riflessioni. Grazie!

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