La Fondazione Terzjus, con il supporto di Banca Etica, Fondazione Finanza Etica e Fondazione AIRC, ha realizzato negli ultimi due anni un ampio ed importante studio sullo stato del diritto del terzo settore nell’Unione europea. I risultati della ricerca sono stati raccolti in due volumi: in primo, interamente in lingua inglese, pubblicato a fine 2023 da Springer e Giappichelli; il secondo, in lingua italiana, pubblicato nel marzo del 2024 dall’Editoriale Scientifica e liberamente scaricabile dal sito di Terzjus.
Entrambi i volumi – presentati da Terzjus in un recente evento pubblico svoltosi il 10 aprile scorso – da un lato mettono a confronto il nuovo diritto italiano degli enti del terzo settore con le legislazioni su categorie equivalenti di organizzazioni presenti in altri paesi dell’Unione europea; dall’altro lato, si concentrano sulla normativa dell’Unione europea in materia, che allo stato attuale è praticamente inesistente, anche se qualcosa comincia finalmente a muoversi in prospettiva de iure condendo.
A prima vista, il diritto europeo del terzo settore potrebbe apparire qualcosa di remoto, di cui non si avverte l’esigenza. Ma non è così, almeno per quegli enti del terzo settore che hanno una dimensione transfrontaliera. Per essi, il diritto europeo del terzo settore è fondamentale per poter agire e svilupparsi.
Oggi, un’associazione o una fondazione del terzo settore che volessero spostare all’estero, in un altro paese dell’Unione europea, la propria sede legale, di fatto non avrebbero gli strumenti giuridici per poterlo fare. Lo stesso deve dirsi con riguardo a una fondazione italiana che volesse fondersi con altra fondazione stabilita in un altro paese dell’Unione. Anche ricevere donazioni transfrontaliere è attualmente un grosso problema per un ente filantropico italiano, perché i suoi donanti, per poter accedere ai benefici fiscali previsti nel loro paese, dovrebbero dimostrare che l’ente italiano è equiparabile agli enti nazionali che di tali agevolazioni possono beneficiare. La stessa equivalenza dovrebbe dimostrare un’associazione italiana del terzo settore che, operando in altro paese dell’UE, volesse ricevere il trattamento fiscale di favore riservato alle analoghe associazioni di quel paese. Vi sono insomma diverse buone ragioni per ritenere che lo sviluppo del terzo settore passi anche per una legislazione europea che riconosca e promuova la mobilità degli enti del terzo settore nell’UE, il mutuo riconoscimento degli enti del terzo settore nei paesi dell’UE e la circolazione di capitali a titolo donativo.
Allo stesso modo, sul fronte della comparazione giuridica tra ordinamenti nazionali, l’unicità del diritto italiano del terzo settore deve essere messa a confronto con i modelli stranieri non solo per diffondere le (diverse) virtù del modello italiano, ma anche per trarre dai modelli stranieri utili indicazioni per perfezionare sempre più il diritto italiano ovvero per difenderne determinate scelte (soprattutto sul fronte fiscale o promozionale).
Quanto precede può bastare a spiegare e giustificare l’impegno europeo della Fondazione Terzjus, che si colloca peraltro in una cornice istituzionale particolarmente favorevole, in virtù dell’attenzione che la Commissione europea crescentemente ripone sugli enti dell’economia sociale (tra i quali rientrano i nostri enti del terzo settore) attraverso misure promozionali che ciascuno Stato membro sarà chiamato ad attuare a livello nazionale.
La Fondazione Terzjus intende pertanto proseguire in questa attività e sviluppare questa area di ricerca, auspicabilmente con il supporto di partner interessati ai suesposti temi, anche per mettere a disposizione delle istituzioni italiane le sue competenze sul campo. L’attuazione nazionale del piano europeo di sviluppo dell’economia sociale è un’occasione da non perdere.