[di Cristiano Caltabiano, pubblicato in Economia Civile, inserto di «Avvenire» del 4 giugno, pag. 3]
Quando si parla di Terzo settore viene quasi spontaneo riferirsi alla moltitudine di associazioni civiche che da Nord a Sud del nostro Paese svolgono una molteplicità di attività di interesse generale: sostegno a chi versa in condizioni di fragilità, promozione dello sport e della socialità, azioni di mitigazione del cambiamento climatico, protezione civile, valorizzazione del patrimonio culturale locale, ecc. Di sicuro è alla vitalità di questo multiforme tessuto associativo che si guarda con grande attenzione dagli albori della modernità, in particolare dal viaggio compiuto da Alexis de Tocqueville in America nel lontano 1831, laddove l’autore intuì che la volontà dei cittadini di mettersi insieme per fare qualcosa di utile nella comunità è un fattore decisivo per il buon funzionamento della democrazia.
A quasi due secoli di distanza la disamina dell’intellettuale francese appare quanto mai attuale, a condizione che si generino fattori sociali e istituzionali con cui l’associazionismo e il volontariato possano prosperare nelle nazioni, soprattutto negli scenari odierni, in una società sempre più frammentata e disintermediata, dove le persone faticano a trovare luoghi e occasioni per coltivare legami di comunanza e solidarietà. Il Codice del Terzo Settore (CTS – D.lgs 117/2017) attribuisce un ruolo cruciale alle Reti Associative (RA, art. 41) e ai Centri di Servizio per il Volontariato (CSV, artt.61-66) al fine di alimentare la cittadinanza attiva e facilitare lo sviluppo degli Enti del Terzo Settore (ETS): le prime sono chiamate a svolgere una funzione di autocontrollo, assistenza tecnica e rappresentanza nei confronti degli enti ad esse affiliati, ai secondi è invece affidato il compito di curare il volontariato nelle sue molteplici espressioni, sia attraverso servizi dedicati alle realtà associative di base (consulenza fiscale e giuridica, formazione e documentazione, supporto nella comunicazione), sia promuovendo l’attivismo sociale sul territorio.
Una recente ricerca realizzata dalla Fondazione Terzjus e promossa da Unioncamere, i cui risultati principali sono stati raccolti nel volume open source Advocacy, Identità e Servizio, fa il punto sul ruolo e le prospettive di tali Reti e Centri, a quasi dieci anni dal varo della riforma del Terzo settore. Lo studio si basa sull’analisi di dati e documenti estrapolati da archivi pubblici, su un’indagine qualitativa che ha coinvolto 15 responsabili di RA (Acli, ANPAS, Slow Food Italia e Legambiente per fare solo alcuni esempi), oltre che su 4 studi di caso volti a ricostruire l’esperienza dei CSV sul territorio: VOL.TO (Torino), CESVOT (Toscana), CSV Emilia (Piacenza, Parma e Reggio Emilia), CSV San Nicola (Bari e BAT). In questo breve articolo si riepilogano solo alcune delle evidenze empiriche emerse nella ricerca.
Le 48 RA esaminate a fine luglio del 2024 (oggi sono diventate 59), operano con strutture abbastanza snelle, sebbene si rivolgano ad una platea di centinaia o migliaia di sedi locali sparse sul territorio nazionale: sono in media 6 i dipendenti di cui si avvalgono queste organizzazioni di secondo livello per svolgere le proprie attività, le quali hanno potuto contare nel 2022 su un budget di 1,5 milioni di euro, a fronte di 646 enti affiliati; senza l’apporto dei volontari (31 in media), spesso dirigenti, sarebbe difficile per tali enti dare una risposta alle esigenze assai diversificate della propria membership. Al di là di questi dati aggregati, è interessante notare che per i coordinamenti associativi l’esperienza maturata accompagnando la propria base nella trasmigrazione dai precedenti albi regionali verso il RUNTS (Registro Unico del Terzo Settore) sia stato un utile banco di prova, grazie al quale hanno sperimentato cambiamenti organizzativi e nuovi dispositivi tecnici (piattaforme digitali per l’interscambio di informazioni con gli enti affiliati, uffici e staff che si occupano degli adempimenti richiesti dalla riforma, corsi di formazione per quadri e tecnici, codici di condotta, statuti standard, ecc.). Sono risorse di cui tali Reti potranno disporre negli anni a venire, quando entrerà in vigore il regime di autocontrollo (presumibilmente nel 2026). Un altro aspetto significativo, frutto anche del riconoscimento ottenuto attraverso il CTS, è il dinamismo delle RA nella sfera pubblica (anche di quelle che in passato avevano mostrato un profilo politico più defilato) attraverso la partecipazione ai tavoli di co-programmazione e coprogettazione, la costruzione di alleanze con altre Reti su cause sociali condivise, l’azione di rappresentanza e negoziazione in varie sedi istituzionali.
Venendo ai CSV si registra, tanto dall’analisi statistica che dagli studi di caso, un forte spostamento del baricentro d’azione di questi organismi verso la funzione di promozione del volontariato. Pur continuando a garantire le altre attività di servizio (consulenza, formazione, comunicazione, progettazione, documentazione e ricerca, ecc.) i Centri tendono sempre più a fare opera di proselitismo nelle scuole e in altri luoghi di aggregazione sociale, spiegando quanto sia importante essere cittadini attivi e impegnarsi nel volontario, per supportare le associazioni locali nella ricerca di nuovi volontari. Non è infrequente che predispongano incontri pubblici per far sì che gli ETS presenti sul territorio possano presentare le proprie iniziative a persone che vorrebbero impegnarsi nel sociale, ma che ancora non lo fanno. Anche così si contribuisce a infrastrutturare il Terzo settore nella comunità, è il segno dei tempi.