Si chiude in favore delle organizzazioni di volontariato la controversia europea promossa da una società cooperativa che chiedeva l’estensione alle cooperative sociali delle convenzioni dirette per i servizi di trasporto sanitario d’emergenza di cui all’art. 57 del codice del Terzo Settore.
La Direttiva 2014/24/UE esclude taluni servizi, tra cui l’affidamento dei servizi di trasporto sanitario d’emergenza, dall’obbligo di espletamento di una gara, consentendo agli Stati membri di prevedere, per essi, la stipula di convenzioni dirette tra enti sanitari e “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” (cons. n. 28 e art. 10 lett. h)).
L’Italia ha disciplinato tali convenzioni dirette nell’art. 57 c. 1 del D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 117 (cd. “codice del Terzo Settore”), prevedendo che “I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato”, con taluni requisiti.
Una cooperativa sociale italiana riteneva che la limitazione alle organizzazioni di volontariato, senza estensione alle cooperative sociali, non fosse compatibile con la Direttiva UE, nella parte in cui questa si riferisce alle “organizzazioni … senza scopo di lucro”, novero in cui riteneva rientrassero anche le cooperative sociali, in quanto così definite nell’ordinamento italiano.
La causa era giunta fino al Consiglio di Stato, il quale aveva rimesso la questione alla Corte di Giustizia UE con una prima ordinanza (n. 536/2021) che sembrava propendere per l’equiparabilità delle due tipologie di Ente del Terzo Settore.
Avuta notizia di tale rinvio pregiudiziale, in un’altra causa promossa dalla medesima cooperativa sul medesimo argomento è intervenuta “ad opponendum” l’ANPAS, rete associativa nazionale delle organizzazioni di volontariato, prospettando al Consiglio di Stato che la possibilità per le cooperative sociali, ex art. 2545-sexies c.c. e art. 3 c. 2-bis del D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 112, di distribuire “ristorni” ai soci, collocava le stesse al di fuori della nozione di “organizzazioni senza scopo di lucro”.
Secondo ANPAS, il fatto che la citata normativa italiana dichiari che la ripartizione di ristorni non è considerata distribuzione di utili non ha alcuna rilevanza, dovendo prevalere, ai fini della disciplina dei contratti pubblici, la nozione europea di “scopo di lucro”, che già la Corte di Giustizia, nella sentenza “Falck” del 21 marzo 2019, C-465/17, aveva individuato nell’assenza di distribuzione di utili, categoria alla quale i “ristorni”, al di là di irrilevanti definizioni normative nazionali, secondo le tesi di ANPAS, appartengono.
A quel punto il Consiglio di Stato ha emesso una seconda ordinanza di rinvio pregiudiziale (n. 1797/2021), sostanzialmente integrativa della precedente, facendo presente alla Corte di Giustizia UE la suddetta questione incentrata sui ristorni.
Con la sentenza del 7 luglio 2022, C-213-214/21, la Corte di Giustizia ha stabilito che “la nozione di organizzazioni o di associazioni «senza scopo di lucro», ai sensi dell’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24, deve essere strettamente circoscritta alle organizzazioni e alle associazioni che presentano un carattere particolare, vale a dire a quelle che non perseguono alcun fine di lucro e che non possono procurare alcun utile, neppure indiretto, ai loro membri […] le organizzazioni o le associazioni che hanno la possibilità di distribuire utili ai loro membri non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24 […] le organizzazioni e le associazioni di cui all’articolo 10, lettera h), della suddetta direttiva non possono essere equiparate alle organizzazioni basate sull’azionariato dei dipendenti o sulla loro partecipazione attiva al governo societario, quali le cooperative”.
La Corte di Giustizia specifica poi espressamente che “siccome i ristorni costituiscono uno strumento per attribuire un vantaggio ai soci di una cooperativa, l’esistenza di siffatta possibilità di distribuzione di «utili» dovrebbe ostare alla qualificazione di una cooperativa sociale, quale […], come organizzazione o associazione «senza scopo di lucro» ai sensi dell’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24” e conclude dichiarando: “Occorre pertanto rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza possano essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto a organizzazioni di volontariato e non a cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni correlati alle loro attività”.
V’è da evidenziare che l’art. 2545-sexies c.c. stabilisce che “L’atto costitutivo determina [e non “può determinare”] i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici” e l’art. 2521 c.c., che disciplina l’atto costitutivo delle cooperative, prevede che “l’atto costitutivo deve indicare: […] 8) le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni”. Conseguentemente, la possibilità di distribuire i ristorni, che attengono allo scambio mutualistico, non è escludibile a priori nell’atto costitutivo di una società cooperativa.
Anche in giurisprudenza si è precisato che “la legge non riconosce al socio cooperatore un diritto soggettivo al ristorno più di quanto non riconosca al socio della società di capitali un diritto alla distribuzione degli utili” (Cass. civ., sez. I, 8 settembre 1999, n. 9513) ed è nota, in tema di società di capitali, la nullità, ex art. 2265 c.c., del cd. “patto leonino”. Il parallelismo operato dalla Corte di Cassazione conferma, se ancora ve ne fosse bisogno nonostante le citate espresse previsioni di cui agli artt. 2521 e 2545-sexies c.c., che come l’astratta distribuibilità degli utili costituisce elemento essenziale facente parte della causa del contratto societario nelle società commerciali (da cui il divieto del patto leonino), così l’astratta distribuibilità dei ristorni prevista dalle citate disposizioni costituisce elemento essenziale facente parte della causa del contratto di scambio mutualistico che caratterizza le società cooperative.
Quanto deciso dalla Corte di Giustizia non vale solo per i servizi di trasporto sanitario d’emergenza in senso stretto, ma per tutti i servizi di trasporto sanitario in cui vi è un rischio di “peggioramento dello stato di salute” del trasportato (cd. “emergenza potenziale”, che la Corte di Giustizia UE aveva in precedenza equiparato all’emergenza in atto con le ordinanze del 20 giugno 2019, C-424/18, p. 27, e del 18 settembre 2019, di rettifica del dispositivo), nonché per tutti i “servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110- 4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9” (art. 10 lett. h) Direttiva 2014/24/UE).
Ne consegue che da oggi, ai fini degli affidamenti pubblici, per i quali vale il cd. primato dell’ordinamento dell’Unione Europea sugli ordinamenti interni dei singoli Stati Membri, le società cooperative, anche sociali, non potranno più essere considerate enti senza scopo di lucro, sebbene così definite dalla legge italiana, e non potranno beneficiare di tale qualifica come presupposto per l’affidamento diretto di un contratto pubblico.