L’entrata in vigore, a far data dal 31 dicembre 2022, del d.lgs. 23 dicembre 2022 n. 201 – “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” – invita a riflettere sul rapporto tra la disciplina dei servizi di interesse economico generale prestati a livello locale e il codice del Terzo settore. Giova subito ricordare come l’art. 55, comma 4 , del codice del Terzo settore, nell’ambito della co-progettazione tra enti del Terzo settore e pubbliche amministrazioni, abbia disposto che l’individuazione degli enti de Terzo settore “con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l’individuazione degli enti partner”.
Ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo n. 201/2022 “le disposizioni del presente decreto si applicano a tutti i servizi di interesse economico generale prestati a livello locale, integrano le normative di settore e, in caso di contrasto, prevalgono su di esse, nel rispetto del diritto dell’Unione Europea e salvo che non siano previste nel presente decreto specifiche norme di salvaguardia e prevalenza della disciplina di settore”. È opportuno osservare come, tra le definizioni recate dall’art. 2 del predetto decreto, vi rientra quella dedicata ai servizi di interesse economico generale di livello locale ovvero ai servizi pubblici locali di rilevanza economica: trattasi dei “servizi erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che sono previsti dalla legge o che gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”.
Tali servizi, come si evince dai principi generali delineati dall’art. 3 del decreto in rassegna, sono funzionali e rispondenti alle esigenze delle comunità di riferimento e alla soddisfazione dei bisogni di cittadini e utenti, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Per quanto maggiormente interessa, come disposto dal comma 2 dell’art. 3, “l’istituzione, la regolazione e la gestione dei servizi pubblici di interesse economico generale di livello locale rispondono a principi di concorrenza, sussidiarietà anche orizzontale, efficienza nella gestione, efficacia nella soddisfazione dei bisogni dei cittadini, sviluppo sostenibile, produzione di servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati, applicazione di tariffe orientate a costi efficienti, promozione di investimenti in innovazione tecnologica, proporzionalità e adeguatezza della durata, trasparenza sulle scelte compiute dalle amministrazioni e sui risultati delle gestioni”. Infine, il comma 3 riconosce nell’organizzazione e nella erogazione dei servizi di interesse economico generale di livello locale la centralità del cittadino e dell’utente, anche favorendo forme di partecipazione attiva.
Con riferimento alle forme di gestione del servizio pubblico locale spiccano i rapporti di partenariato con gli enti del Terzo settore (art. 18 del decreto legislativo in questione, attuativo dell’art. 8, comma lett. o, della legge delega 5 agosto 2022, n. 118). Il legame tra enti locali – ovvero tra gli enti di cui all’articolo 2, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 -, altri enti competenti – coincidenti con i predetti enti locali, nonché con gli altri soggetti competenti a regolare o organizzare i servizi di interesse economico generale di livello locale, ivi inclusi gli enti di governo degli ambiti o bacini di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e le forme associative tra enti locali previste dall’ordinamento – ed enti del Terzo settore – disciplinati dal codice del Terzo settore – mira a dare concretizzazione ai principi costituzionali di solidarietà e sussidiarietà orizzontale.
Il ricorso al partenariato, peraltro, non costituisce una opzione politica astratta o generica, bensì è necessariamente connesso “alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica” (art. 18, comma 1). Esso deve essere preceduto da una motivazione – contenuta nella relazione giustificativa del ricorso a tale procedura di cui all’articolo 14, comma 3 – che ponga in esponente la sussistenza delle circostanze che, concretamente, “determinano la natura effettivamente collaborativa del rapporto e gli effettivi benefici che tale soluzione comporta per il raggiungimento di obiettivi di universalità, solidarietà ed equilibrio di bilancio, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento” (art. 18, comma 2).
Il terzo e ultimo comma dell’art. 18 del decreto in questione contiene una importante puntualizzazione operativa, ovvero decreta l’inapplicabilità delle previsioni contenuti nei precedenti commi “nelle ipotesi in cui le risorse pubbliche da mettere a disposizione degli enti del Terzo settore risultino, complessivamente considerate, superiori al rimborso dei costi, variabili, fissi e durevoli previsti ai fini dell’esecuzione del rapporto di partenariato”.
Esaminando la Relazione illustrativa e la Relazione tecnica allo Schema di decreto in rassegna, con particolare riferimento all’interpretazione e all’applicazione dell’art. 18 si evince che il rapporto di partenariato tra gli enti locali e gli enti del Terzo settore mira a garantire effettività ai principi costituzionali di solidarietà e sussidiarietà orizzontale, tenendo conto dei riferimenti e delle traiettorie interpretative tracciate dai giudici costituzionali. Il riferimento, per quanto implicito, è alla decisione n. 131/2020 della Corte costituzionale, cui la Fondazione Terzjus ha dedicato un quaderno di approfondimento, che traccia i confini della procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria espressa condensata negli artt. 55-57 del codice del Terzo settore concernenti i rapporti tra enti del Terzo settore e pubbliche amministrazioni (in tema, v. le Linee guida adottate mediante d.m. 31 marzo 2021, n. 72).
I rapporti di partenariato, secondo la logica normativa emergente dall’art. 18, comma 3, del d.lgs. 201/2022 non potranno determinare la corresponsione di utili, ovvero di somme che eccedano il rimborso dei costi, fissi, variabili e durevoli, connessi al rapporto medesimo. Viene tratteggiata una relazione negoziale non imperniata sulla causa di scambio, quanto, piuttosto, espressiva di una comunione di scopo tra i soggetti coinvolti nel rapporto (in tema, v. A. Fici, Identità e funzione degli enti del Terzo settore nella giurisprudenza della Corte costituzionale).
L’impostazione normativa pare occhieggiare il meccanismo convenzionale e la relativa disciplina dei rimborsi tratteggiata dagli artt. 56 e 57 del codice del Terzo settore, rispettivamente dedicati alle convenzioni tra ODV o APS e pubbliche amministrazioni e all’affidamento del servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza a favore delle sole ODV. Sebbene tra i rimborsi si annoveri ” il lavoro svolto dai componenti dell’ETS”, complessivamente, la soluzione disciplinare può apparire restrittiva, in quanto finirebbe per precludere la partecipazione agli enti del Terzo settore commerciali (come le imprese sociali), confondendo il divieto di lucro soggettivo dalla possibilità di esercizio di attività economiche, anche diverse, da quelle di interesse generale secondo quanto previsto dagli artt. 5, 6 e 8 del codice del Terzo settore, finendo, da ultimo, per appiattirsi sul concetto di gratuità, ovvero sulla consustanziale non economicità del servizio, già espressi dal Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 26 luglio 2018, numero affare 01382/2018 (in tema, v. A. Fici, I rapporti tra Terzo Settore ed enti pubblici in una “discutibile” sentenza ; A. Santuari, I confini dei concetti di “gratuità” e “non onerosità” nei rapporti di collaborazione tra PA ed ETS).
Nel Dossier – Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica A.G. 3, 22 novembre 2022 – redato dal Servizio Studi del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, infine, viene chiarito come: i) il partenariato, a livello oggettivo, concerne “specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale (non a rete) di rilevanza economica”; l’art. 18 “estende pertanto anche al servizio pubblico locale di rilevanza economica l’utilizzo della co-progettazione, della coprogrammazione e dunque del partenariato come modalità consueta di attivazione di rapporti collaborativi fra P.A. ed ETS”; iii)l’art. 18, comma 3, del decreto intende porre in risalto non “(l’)assenza di corrispettivo a carico dell’amministrazione bensì (l’)assenza di profitto per le ODV e le APS affidatarie dei servizi”.