La prima decisione dell’anno sul codice del Terzo settore coincide con la pubblicazione della sentenza n. 249/2024 della Terza sezione del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi sull’appello avverso quanto deciso dal TAR Campania mediante la sentenza n. 3327/2023.
La società di capitali, già soccombente in primo grado, lamentava:
i) la violazione dell’art. 57 del CTS, in quanto il servizio di postazione automedica, avendo ad oggetto il trasporto di personale medico e non di infermi, non avrebbe potuto essere annoverato tra le prestazioni di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza;
ii) l’insufficiente motivazione da parte della stazione appaltante circa le ragioni di convenienza economica o di finalità sociale poste a fondamento della procedura riservata: quindi, la preferibilità della stessa rispetto all’opzione della procedura ordinaria;
iii) la previsione di un tetto di rimborso minimo delle spese per le ODV aggiudicatarie, autentica spia rivelatrice di un rapporto negoziale oneroso;
iv) la legittimità della clausola sociale riguardante il riassorbimento del personale già impiegato.
Per i giudici di Palazzo Spada va confermata la decisione di primo grado “nella parte in cui questa, mettendo a fuoco il carattere funzionale e la stretta connessione del trasporto con automedica rispetto al servizio di soccorso in emergenze e urgenza, esclude che il servizio previsto dall’art. 57 CTS debba necessariamente limitarsi ai soli infermi e per il resto ascrive l’automedica al più ampio genus degli svariati mezzi attrezzati di ausilio al soccorso emergenziale”. Pertanto, l’evidente connessione funzionale alle attività di soccorso “spiega perché, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, il soggetto trasportato a mezzo dell’automedica non debba essere necessariamente un infermo, ben potendo porsi la necessità che ad essere trasportato, in situazioni di emergenza e urgenza, per operare sul luogo di intervento, sia il personale sanitario (medico e infermiere) munito degli adeguati mezzi di soccorso”.
Viene ricordato come la giurisprudenza comunitaria – CGUE n. 234 del 21 marzo 2019 (Falk) causa C-465/2017 e n. 424 del 20 giugno 2019 (Italy Emergency) in causa C-424/2018 – abbia chiarito che il trasporto di emergenza e urgenza possa avvenire sia a mezzo ambulanza che con altro mezzo di soccorso, rilevando, dunque, non già il mezzo con cui è prestato il soccorso, bensì l’espletamento dello stesso in condizioni di emergenza a causa di un imminente pericolo di vita. Secondo i giudici, “diversamente opinando, il servizio sarebbe privato di mezzi di ultima generazione e di nuove tecnologie capaci di evitare il peggioramento delle condizioni del paziente” (in dottrina, v. Fici, Le principali novità di un anno di riforma, in Terzjus Report 2022, Napoli, 2022, p. 41 ss.; Berti, Note a margine della giurisprudenza e della normativa recenti in tema di rapporti tra primo e Terzo settore (nella cornice del secondo), in Terzjus Report 2023, Napoli, 2023, p. 124 ss.).
Circa il motivo d’appello attinente all’insufficiente motivazione da parte della stazione appaltante del ricorso alla procedura delineata dall’art. 57 CTS, i giudici rilevano, invero, che è “condivisibile la lettura della norma (e del relativo background eurounitario) nel senso della sufficienza delle ragioni di solidarietà sociale per giustificare la scelta del ricorso al modulo derogatorio di cui al citato articolo 57, in modo da prevalere su ogni considerazione di convenienza economica e – conseguentemente – escludere qualsivoglia obbligo di una previa comparazione con i costi presumibili dell’opzione alternativa di ricorso al mercato”.
Con riferimento al motivo di ricorso fondato sulla violazione dell’effettività dei rimborsi, in violazione di quanto previsto dall’art. 57, comma 2, CTS, in virtù del richiamo all’art. 56, commi 2 e 4, CTS, i giudici del Consiglio di Stato confermano la decisione del TAR Campania sulla scorta della seguente argomentazione:
“- il calcolo economico del presumibile costo complessivo del servizio da affidarsi alle ODV si è reso necessario al fine di indicare negli atti di gara un valore al quale le Associazioni partecipanti avrebbero potuto rapportare la propria proposta economica;
– dunque, l’ipotesi che i tetti massimi celino, in realtà, il corrispettivo di un contratto di appalto di servizi rappresenta una pura illazione della parte appellante, come reso evidente dal fatto che la disciplina di gara prevede chiaramente che le spese saranno rimborsate esclusivamente ‘a piè di lista’ e previo vaglio della documentazione prodotta dall’affidatario, laddove il tetto è stabilito unicamente per porre un limite massimo alle risorse erogabili dalla stazione appaltante per tali rimborsi;
– d’altra parte – può ancora aggiungersi a quanto osservato dal T.A.R. -, nell’indire la procedura l’Amministrazione doveva pur sempre programmare e stanziare le risorse economiche da impiegare per il servizio in questione, e la previsione del tetto è servita appunto a questo scopo”.
Con riguardo al motivo di gravame avente ad oggetto la stabilità occupazionale dei 100 lavoratori attualmente impiegati dal gestore uscente (quindi, il relativo vincolo reale di assorbimento del detto personale da parte delle ODV), i giudici, confermando la soluzione di merito, hanno precisato che:
- l’art. 33, comma 1, CTS prevede la facoltà per le ODV di assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo in numero non superiore al 50% dei volontari;
- la clausola sociale prevista negli atti della procedura per garantire i livelli occupazionali merita di essere interpretata tenendo fermo quanto divisato dall’art. 33, comma 1, CTS.
In conclusione, “da un lato il condivisibile richiamo del primo giudice alla possibilità, contemplata dall’articolo 33 del C.T.S., di assumere entro certi limiti quantitativi anche personale dipendente (a fianco a quello volontario) vale ex se a escludere che il mero inserimento nella disciplina di gara di una clausola sociale disveli il carattere ‘fraudolento’ del ricorso all’affidamento in convenzione ex articolo 57 del medesimo decreto, e che questo in realtà mascheri un appalto di servizi in violazione della relativa disciplina; dall’altro, l’assunto dell’appellante in ordine all’impossibilità di un riassorbimento dei dipendenti costituisce una mera previsione relativa a ciò che avverrà in fase esecutiva della convenzione, laddove peraltro non è predicabile un obbligo di assumere necessariamente tutti i dipendenti del gestore uscente, dovendo tenersi conto – come condivisibilmente evidenziato dalle parti appellate – del carattere ‘flessibile’ della clausola sociale (donde il suo rispetto o meno andrà verificato in concreto sulla base di quanti dipendenti saranno riassorbiti e delle ragioni della mancata assunzione degli altri)”.