Uno dei tanti danni collaterali che la caduta del Governo rischia di provocare, riguarda il Terzo settore. Infatti, nelle settimane scorse, nel corso dell’esame del decreto “Semplificazioni” da parte delle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera dei deputati, diversi gruppi politici hanno sottoscritto un pacchetto di emendamenti frutto di un lavoro di concertazione tra governo – Ministero del Lavoro e MEF – e rappresentanze del Forum del Terzo settore. L’approvazione tali emendamenti è cruciale per non lasciare nel guado la riforma e migliaia di enti che attendono il completamento degli ultimi tasselli rimasti per la completa attuazione delle nuove regole del terzo settore e del rilancio dell’economia sociale.
Dove sta il problema? Con la caduta del Governo, la Commissioni riunite Bilancio e Finanze hanno dovuto sospendere l’esame del provvedimento e mandarlo all’Aula per la votazione finale che, presuminilmente, avverrà entro questa settimana. Così gli emendamenti prima richiamati, nonostante abbiano già avuto un previo consenso del Governo e anche la necessaria copertura finanziaria, rischiano di essere travolti dallo scioglimento delle Camere. La via d’uscita esiste ma è condizionata al consenso di tutti i gruppi politici, affinché l’Aula della Camera esamini il pacchetto terzo settore e lo inserisca nella votazione finale del provvedimento. Una scelta finalizzata sia a consentire di introdurre aggiornamenti e semplificazioni che, peraltro, non riguardano solo la parte fiscale della riforma, sia a dare il via libera all’invio della notifica parte del Governo alla Commissione europea di alcune misure fiscali contenute nel Codice del Terzo settore e nel D.lgs 112/2017 -“disciplina dell’impresa sociale“-, al fine di ottenere la necessaria autorizzazione comunitaria per introdurre tali norme nel nostro ordinamento.
Gli emendamenti sono particolarmente importanti perché chariranno i requisiti per distinguere le attività commerciali da quelle non commerciali, amplieranno la soglia di tolleranza per rientrare nel regime della non commercialità, estenderanno i benefici fiscali anche ai tesserati e agli iscritti delle realtà associative, introdurranno regole di esenzione più ampie per gli enti filantropici e per la gestione immobiliare di Odv e Aps; e, infine, consentiranno di ampliare il plafond degli aiuti di stato concessi agli Enti del terzo settore. Queste solo alcune delle novità più attese dal terzo settore a cui vanno aggiunte sia la proroga dei termini per Regioni al fine di concludere il processo di trasmigrazione verso il RUNTS delle circa 88.000 realtà associative e di volontariato iscritte nei precedenti registri regionali; sia l’ampliamento della facoltà di delega ai Centri di servizio del volontariato per l’iscrizione al RUNTS dei nuovi ETS.
Dunque il placet della UE, limitatamente alle norme di natura fiscale, è fondamentale perché ad oggi sono bloccate molte misure di vantaggio, tra cui quelle relative alle imprese sociali, alla finanza sociale, ai regimi fiscali agevolati e alle norme IVA. Infatti, la mancata notifica – dall’agosto del 2017 ad oggi – di queste stesse norme ha generato una minor assegnazione di risorse agli Enti del terzo settore pari a più di 245 miloni di euro, bencé tale dotazione fosse già disposta dalla legge di riforma del terzo settore. Ora che, con la recente pubblicazione in Gazzetta del decreto che regola il “social bonus“, manca all’appello un solo decreto attuativo, quello relativo ai controlli, è fondamentale che i gruppi parlamentari recepiscano questo prezioso lavoro fatto in collaborazione con il Forum del Terzo settore, e approvino in via definitiva questo pacchetto di emendamenti; e che il Governo provveda contestualmente all’invio della notifica alla Commissione. Le diverse forze poltiche non siano sorde a questa forte richiesta che viene dai mondi associativi, del volontariato, delle fondazioni, degli enti filantropoci e delle imprese sociali.
[Luigi Bobba, presidente Terzjus, pubblicato a pag. 11 di «Avvenire» del 26 luglio 2022]