[di Cinzia Arena, pubblicato su «Avvenire» di mercoledì 31 gennaio 2024 pag. 3]
Alcuni lo fanno, altri ne parlano, ma pochi lo sanno riconoscere. Il volontariato di competenza è un esempio di “circolarità” sociale, che mette in rete imprese, enti del Terzo settore e cittadini in difficoltà. Ad accendere i riflettori su questa pratica emergente, che consiste nel mettere a disposizione le proprie capacità professionali durante l’orario di lavoro, la Fondazione Terzjus con il volume “Riconoscere il volontariato di competenza. Analisi e strategie per valorizzare una pratica emergente” presentato lo scorso 23 gennaio presso la sede di Unioncamere a Roma. Sull’argomento non esistevano studi accurati e sistematici relativi al nostro Paese. Il volume, a cura del ricercatore sociale Cristiano Caltabiano ed edito da Editoriale Scientifica, raccoglie diversi contributi di ricercatori ed esperti che hanno partecipato ad un percorso di approfondimento durato due anni e sostenuto dal ministero del Lavoro.
Se il volontariato “tradizionale” si basa «sulla consapevolezza di un destino comune a tutta l’umanità», come ha detto il presidente Sergio Mattarella, quello di competenza aggiunge la dimensione organizzativa e condivisa all’interno del tessuto sociale di impresa, realizzando forme inedite di economia sociale.
Grazie al contributo di Unioncamere è stato possibile inserire alcuni quesiti sul volontariato di competenza all’interno della rilevazione del Sistema informativo Excelsior ed avere così dati di prima mano. Si è scoperto che l’impatto è ancora abbastanza limitato visto che coinvolge il 5% delle aziende che impiegano almeno 50 dipendenti. Dalle attività classiche come la donazione di sangue alle giornate dedicate ad interventi di manutenzione del verde pubblico o alla formazione di studenti in condizioni di fragilità sono molteplici le forme utilizzate. Ma i margini di crescita sono consistenti: un quarto delle imprese (il 26%) ha dichiara di essere interessato ad iniziative di utilità sociale. Le realtà più attive sono le aziende medio grandi: il 31% consente (o pensa di farlo a breve) ai propri lavoratori e ai manager di impegnarsi nel sociale durante l’orario di lavoro.
Il potenziale di crescita sarebbe ancora maggiore, hanno ricordato durante la presentazione del volume Gabriele Sepio, segretario generale della Fondazione Terzjus e Vanessa Pallucchi, portavoce Forum del terzo settore, se ci fosse un’adeguata conoscenza degli incentivi fiscali da parte degli amministratori delegati e dei responsabili delle risorse umane. Autorizzare i propri dipendenti a svolgere qualche azione meritoria durante l’orario di lavoro consente infatti una deduzione del 5 per mille del costo del lavoro, come previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi e dal Codice del Terzo settore. Ma più di sei imprese su dieci hanno infatti affermato di non sapere dell’esistenza di tale norma (61%), nonostante l’indagine abbia raggiunto realtà produttive di una certa consistenza.
«Ci sono spazi ancora maggiori per incoraggiare questo tipo di volontariato ha sottolineato Luigi Bobba, presidente di Terzjus e questi vanno ricercati nel carattere sempre più vincolante delle linee guida e dei regolamenti varati dalla Ue sui bilanci di sostenibilità, che impongono alle imprese di introdurre alcuni indicatori chiave di prestazione. I tempi sono maturi per una congiunzione virtuosa tra istituzioni, imprese e enti del terzo settore, capace di dare un contributo fondamentale alle sfide che il nostro Paese deve affrontare, dove il volontariato di competenza rappresenta il patto di partenariato sociale per eccellenza».
Chiara Tommasini, presidente di Csvnet, ha definito il volontariato di competenza «un ponte tra le imprese e il Terzo settore», candidando i Centri di servizio del volontariato a diventare dei facilitatori e dei promotori di progetti. Nell’indagine vengono analizzare anche le “reazioni” che il Terzo settore ha nei confronti di queste forme di volontariato. Ad emergere è soprattutto la necessità di strutturare percorsi che non risultino di facciata con cui le imprese accrescono la propria reputazione presso i consumatori (ad esempio tramite i community day) ma che si faccia uno sforzo congiunto per mettere a frutto le competenze con interventi mirati di utilità sociale. Nel corso della presentazione del volume sono arrivate anche le testimonianze di chi concretamente ha inserito nella propria azienda il volontariato di competenza. Tra i casi virtuosi quello di Manageritalia Lombardia, una rete di manager che hanno messo a disposizione degli enti del Terzo settore le proprie competenze fornendo consulenze gratuite su come organizzare raccolte di fondi ed elaborare progetti di sviluppo. Interessante la vicenda di Unigens, associazione di volontariato formata dagli esodati di Unicredit che ha iniziato con progetti di educazione finanziaria nelle scuole e in un secondo momento ha avviato attività di tutor per corsi di autoimprenditorialità rivolti a donne vittime di abusi e maltrattamenti. Chiesi Farmaceutica ha fatto il percorso inverso: partita con un progetto di sostengo alle donne fragili ha ampliato il suo campo d’azione ai giovani che svolgono il servizio civile. La Fondazione Terzius sta realizzando una ricerca su un’esperienza di volontariato di competenza del gruppo Roche Italia che dalla metà del 2023 ha coinvolto circa trenta dipendenti in un’attività sistematica a sostengo di CasAmica di Milano, una struttura che accoglie pazienti gravi e i loro familiari in difficoltà provenienti da tutta Italia per curarsi negli ospedali della città.