Sulla gratuità dei rapporti convenzionali ex art. 56 CTS

Il Consiglio di Stato, attraverso la sentenza del 7 agosto 2024 n. 7020, ha confermato quanto deciso dal T.A.R. Toscana mediante la sentenza del 1° giugno 2020, n. 666. Oggetto del contendere è l’avviso pubblico del Comune di Massa per l’individuazione di ODV o APS per l’organizzazione e gestione dei corsi comunali di lingua straniera per il biennio 2019-2021 (anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021).

I giudici di primo grado, radicalizzando la portata della gratuità, così come delineata dal parere n. 2052/2018 del Consiglio di Stato, intesa alla stregua di “non economicità” del rapporto e non già di assenza di corrispettivo, osservarono che:

  1. la convenzione non potesse “dar luogo a qualunque forma diretta o indiretta remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante, quale che ne sia la formale denominazione, al personale volontario o dipendente e direttivo dell’ente affidatario”;
  2. nel caso di specie, “la quota ampiamente maggioritaria dei docenti impegnati nei corsi di lingua offerti dalla controinteressata ha percepito e percepisce una remunerazione posta a carico del comune di Massa sotto forma di rimborso delle spese vive”;

e, pertanto, non sussisteva

3. “quella totale assenza di economicità che pone in modo chiaro ed inequivocabile l’affidamento al di fuori della logica di mercato […]”.

In un commento apparso su questo sito, il Prof. Antonio Fici, oltre a contestare la distorta interpretazione e la inesatta applicazione dell’art. 56 CTS, ha precisato che “quel che non convince è l’approccio ermeneutico che muove, sempre e comunque, dagli istituti e dalle categorie proprie dello scambio e del mercato”. Si è domandato l’A.: “per quanto riguarda l’elemento della gratuità, perché considerare “corrispettivi” gli esborsi delle amministrazioni effettuati ai sensi dell’art. 56 del Codice? Il corrispettivo è un particolare tipo di esborso, ma non è l’unico. Si manifesta nei contratti di scambio, ma non tutti gli accordi delle pubbliche amministrazioni con i privati sono contratti di scambio. Vi sono ad esempio le sovvenzioni, i contributi, nonché gli apporti nell’ambito di contratti associativi o con comunione di scopo. Perché dunque non considerare la riconducibilità dei rimborsi spese ex art. 56 a queste ultime categorie piuttosto che ai corrispettivi versati a fronte di controprestazioni?”. Secondo l’A., “la prospettiva mercantilistica ‘acceca’ l’interprete, limitandone di fatto l’ampiezza delle vedute”.

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dal Comune di Massa. Appare opportuno soffermarsi sui principali passaggi argomentativi.

I giudici, in continuità con il collegio di primo grado, hanno condiviso gli esiti ermeneutici cui è approdato il Consiglio di Stato con il parere n. 2052/2018 summenzionato. Per i giudici, l’“interpretazione del concetto di gratuità/onerosità ben risponde […] all’esigenza di evitare l’abuso del ricorso agli affidamenti ad enti non profit, contro il quale la Corte di Giustizia ha messo in guardia con la sentenza resa nella causa C-50/201(4), laddove essa evidenziava che simili affidamenti debbono rispondere anche all’esigenza di contenere i costi della finanza pubblica e, in tal modo, di mantenere l’efficienza del sistema in generale, ed anche che le associazioni di volontariato possono avvalersi di dipendenti solo ‘nei limiti necessari al suo regolare funzionamento’”.

Dopo aver richiamato quanto statuito nella sentenza CASTA della Corte di giustizia dell’Unione europea (C‑50/14, 28 gennaio 2016), per il Consiglio di Stato “la conformità alla normativa europea del combinato disposto del D. L.vo n. 50/2016 e del D. L.vo n. 117/2007, come rinveniente dal parere reso da questo Consiglio di Stato n. 2053/2018, si impone con evidenza e tale da poter essere condivisa, ad avviso del Collegio, agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri nonché alla stessa Corte di Giustizia, anche per la ragione che non constano precedenti, della Corte di Giustizia, di questo Consiglio di Stato o di giudici di altri Stati membri di segno opposto. Per tale ragione il Collegio non ritiene necessario sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea alcun quesito pregiudiziale avente ad oggetto l’indicato disposto normativo”.

La gratuità è stata sconfessata:

  1. dalla previsione della integrale rimborsabilità, “sia pure a piè di lista, di ogni e qualsiasi spesa sostenuta dalla aggiudicataria per il suo funzionamento”;
  2. dall’assenza di qualsivoglia prescrizione convenzionale o di attività istruttoria da parte dell’ente comunale, al fine di “assicurare che effettivamente una parte dell’attività di docenza e dell’attività di segreteria e organizzazione generale fosse svolta anche da volontari […]”.
  3. dalla mancata valutazione circa “l’effettiva economicità del servizio, cioè l’effettiva convenienza nell’affidare il servizio in convenzione ad una Associazione di volontariato, piuttosto che all’esito di una normale procedura di gara aperta ad ogni operatore del settore: nell’avviso pubblico, del resto non ha fissato un tetto massimo al rimborso, limitandosi a stimare l’importo presunto del servizio annuo in 191.000,00 euro, di cui 180.000,00 euro l’anno finanziati con le quote di iscrizione”.

Pertanto:

“il Comune avrebbe dovuto, da una parte, svolgere una specifica istruttoria finalizzata ad accertare la convenienza del tipo di affidamento prescelto rispetto all’affidamento all’esito di una procedura aperta; d’altra parte avrebbe dovuto accertarsi, sia mediante opportune prescrizioni del bando che attraverso una specifica attività istruttoria, che il servizio fosse svolto in maniera tale da escludere che l’Associazione potesse ottenere la copertura completa dei costi dell’attività svolta, oltre che dei suoi costi generali: ciò per la ragione che, solo in presenza di una parziale non copertura dei costi diretti ascrivibili alla attività oggetto della convenzione, questa risulta non economica e fuori mercato, perciò giustificandosi la deroga dagli obblighi discendenti dal Codice dei contratti pubblici”. Invece, secondo il testo della convenzione, il Comune di Massa “era tenuto a rimborsare all’Associazione Comunicare anche i costi generali, non direttamente correlati allo svolgimento dell’attività, sia pure nella quota idealmente ascrivibile all’attività oggetto della convenzione. Orbene, a prescindere dalla considerazione che non si comprende come la quota di tali costi sia stata calcolata, pare evidente che una associazione che si avvalga di tale modalità di rimborso svolgendo attività per più enti, si trovi ad essere coperta in tutti i costi, generali e non, diretti e indiretti, mediante affidamenti che ha ottenuto senza concorrere con altri operatori economici specializzati: è chiaro che una simile situazione porta a un abuso del ricorso alle associazioni non lucrative, poiché tali soggetti non operano in perdita e si comportano esattamente come altri operatori economici, da essi differenziandosi solo perché adottano la forma giuridica dell’associazione non lucrativa. Il Comune, pertanto, sia a livello di prescrizioni introdotte nel bando che poi nella istruttoria, avrebbe dovuto tenere conto anche di tale considerazione, di cui non si trova traccia nel bando”.

Il par. 9.6 (e, in parte, anche quello precedente) della sentenza è apprezzabile per l’allargamento dell’apparato motivazionale complessivo, rispetto a quanto offerto dai giudici di primo grado, e finisce per offrire una lettura accorta dell’art. 56 CTS (e specialmente del comma 4). Tuttavia, oltre a diverse sbavature formali, resta salda l’adesione al teorizzato formalismo della gratuità e risulta evidente una curvatura logica – già presente nella decisione di primo grado, come contestato attraverso il secondo motivo d’appello – viziata dall’accentuazione di un ragionamento di marca contrattuale che finisce per oscurare la ratio e i presupposti normativi dell’amministrazione condivisa e delle tecniche negoziali ad essa connesse.

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