[di Ilaria loannone, pubblicato su «Il Sole 24 Ore» del 15 marzo 2024, pag. 34]
Il potenziale dell’amministrazione condivisa per la promozione degli interessi della comunità. Questo uno dei temi affrontati durante la presentazione, presso l’Università cattolica di Milano, del volume “Per un laboratorio dell’amministrazione condivisa. Primi risultati di una ricerca multidisciplinare”.
Si tratta di un Progetto di ricerca, promosso da Fondazione Terzjus, che ha come obiettivo quello di tracciare l’evoluzione delle esperienze di amministrazione condivisa nel nostro Paese. Ciò elaborando strumenti operativi che consentano una maggiore diffusione di tale modello migliorando gli attuali standard dei servizi di welfare e politiche sociali. Il tema dell’amministrazione condivisa è, infatti, un elemento chiave nel dibattito pubblico. Basti pensare che la Corte costituzionale, con la sentenza 131/2020, ha riconosciuto la piena legittimità della co-programmazione e co-progettazione quali strumenti di promozione della sussidiarietà.
Un orientamento che si è poi tradotto con le novità del Codice degli appalti (Ccp) in un riconoscimento della prevalenza delle procedure previste dal DIgs 117/2017 (articoli 55 e seguenti) laddove gli interlocutori siano enti del Terzo settore.
Interessanti sono i risultati che emergono dalla presentazione del Quaderno, che anzitutto evidenzia dal 2020 in poi un aumento esponenziale dell’utilizzo da parte di comuni, Regioni e altri apparati statali delle procedure collaborative introdotte dalla riforma. Di fatto, nel 2021 e nel 2022 sono stati attivati oltre 400 e 600 avvisi pubblici di co-programmazione e co-progettazione, sintomo di come l’amministrazione condivisa possa diventare il principale strumento per attivare partenariati pubblico- privati per la fornitura di servizi di interesse collettivo. Altra faccia della medaglia riguarda, tuttavia, alcune difficoltà applicative dell’amministrazione condivisa quale la coprogrammazione nei Piani di zona (Pdz).
Seppur tale misura offra agli enti locali e agli Ets uno spazio dove pianificare in modo congiunto i servizi socioassistenziali sul territorio, individuando bisogni sociali e strategie di intervento comuni, d’altro canto mostra il suo aspetto “negativo” legato ai gravosi oneri di partecipazione richiesti agli Ets.
Altro aspetto considerato nella ricerca è il tema della relazione fra dirigenti/funzionari della Pa e responsabili degli Ets coinvolti in un progetto di amministrazione condivisa. Si tratta, infatti, di legami che si instaurano fra attori portatori di differenti culture e stili di lavoro, che devono trovare una forma di dialogo comune in grado di superare incomprensioni e tensioni che possono manifestarsi, nonostante le intenzioni dichiarate dai diretti interessati. In quest’ottica, raggiungere un’intesa e raccordare i linguaggi rappresenta la chiave di volta per pervenire a progettualità comuni che tengano conto dell’apporto di tutti i partecipanti sfruttando al massimo il potenziale degli strumenti previsti dalla riforma.