[di Ilaria Ioannone e Gabriele Sepio, articolo pubblicato su «Il Sole 24 Ore» di venerdì 3 novembre 2023]
Co-housing: il nuovo modello abitativo trova nella Riforma del Terzo settore un valido alleato. Uno strumento di vita indipendente, promosso già con il Dopo di Noi (L. n. 112/2016), che consente di favorire
nuove forme di assistenzialità, residenzialità e socialità urbana indirizzate alle fasce più deboli (i.e. anziani, personalità con disabilità) coniugando spazi privati con aree e servizi a uso comune. Con la Riforma del Terzo settore, il co-housing trova il suo riconoscimento tra le attività di interesse generale concedendo agli enti del Terzo settore (ETS) di svolgere attività a carattere residenziale -temporaneo in grado di soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi, e fornire interventi, servizi e prestazioni previsti dalla Legge sul Dopo di Noi. Proprio con riferimento a quest’ultimo ambito gli ETS, con la L. n. 112/2016, possono promuovere nuove forme di co-housing in grado di ridurre l’isolamento delle persone con disabilità attraverso l’utilizzo di immobili (c.d. gruppi appartamento) all’interno dei quali riprodurre condizioni abitative tipiche della casa familiare. Una modalità che, se fino ad ora ha fatto fatica a decollare (solo il 6% delle risorse messe a disposizione dal Fondo per la disabilità viene investita dalle realtà pubbliche in interventi residenziali a favore di persone con disabilità), potrebbe trovare un alleato negli istituti giuridici cooperativi previsti dal Codice del Terzo settore (CTS). La promozione del co-housing potrebbe, infatti, avvalersi dello strumento della co-progettazione (art. 55) attraverso cui pubblica amministrazione e ETS collaborano tra loro definendo uno specifico progetto da mettere in campo individuandone obiettivi, destinatari, metodologia di intervento, criteri di selezione dei destinatari e modalità di gestione del co-housing. In questo modo, la PA mediante l’indizione di un avviso, ricerca nell’ETS un valido partner quale è l’ente del Terzo settore avvalendosi delle sue competenze e della sensibilità di tali realtà da sempre impegnate nel sociale. D’altro canto, la co-progettazione non è il solo strumento di cui l’ETS può avvalersi per portare avanti progetti di residenzialità abitativa. Le realtà che scelgono di iscriversi nel Registro unico, infatti, potranno ottenere dagli enti pubblici in comodato d’uso gratuito gli immobili di appartenenza pubblica per potervi svolgere la propria attività di interesse generale. Pensiamo, ad esempio, ad un ente del
Terzo settore impegnato a fornire servizi socio-assistenziali agli anziani che intenda promuovere un’iniziativa di co-abitare per garantire un invecchiamento attivo. Attraverso l’art. 71 CTS, l’ente potrà
ottenere l’immobile senza dover sostenere eventuali spese di locazione ma solo quelle legate alla manutenzione dell’immobile. In questo modo, quindi, non solo si mette a disposizione della collettività un bene pubblico inutilizzato ma se ne valorizza la funzione sociale garantendo servizi di interesse generale.