Ets degli enti religiosi, obbligazioni garantite dal patrimonio destinato

A chiarire il tema dell’autonomia patrimoniale dei rami è intervenuto il legislatore in sede di conversione del Decreto Legislativo 77/2021. Alla base della modifica emendativa le criticità ed i dubbi generati dal tenore letterale delle disposizioni del codice del Terzo settore (D.lgs 117/2017 o CTS) e del d.lgs. 112/2017 sull’impresa sociale, che regolano la costituzione del ramo.

L’art. 4 del CTS (D.Lgs.117/2017), in particolare, prevede che gli enti religiosi possano accedere ai nuovi regimi introdotti dalla riforma, iscrivendosi nel Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS), nel rispetto di tre condizioni: l’adozione di uno specifico regolamento, la costituzione di un patrimonio destinato e la tenuta di scritture contabili separate. Ebbene, proprio il richiamo al termine “patrimonio destinato” aveva destato alcune criticità con specifico riferimento alla possibilità, particolarmente sentita per gli enti religiosi, di segregare i beni apportati nel ramo alla stregua di quanto previsto per le società per azioni dall’art. 2447-bis cc.

In particolare, il carattere tassativo delle ipotesi di separazione patrimoniale non avrebbe consentito di attribuire in via interpretativa efficacia segregativa all’atto di costituzione dei rami. Il dubbio è stato, dunque, sciolto dalla modifica in argomento, diretta a precisare che per le obbligazioni contratte dal ramo gli enti religiosi risponderanno soltanto nei limiti del patrimonio destinato. Con la conseguenza che, specularmente, i creditori dell’ente non potranno rivalersi sui beni destinati allo svolgimento delle attività di interesse generale inserite nel patrimonio destinato. Viene così chiarita una questione che ha finora condizionato molte scelte riorganizzative degli enti religiosi in merito all’istituzione di un ramo rispetto all’alternativa della costituzione di un ente collegato.

In esito all’introduzione del vincolo segregativo, le disposizioni che compongono l’ordinamento degli enti religiosi trovano, quindi, opportuni punti di contatto nella disciplina del Terzo settore. Del resto, l’attività di coordinamento normativo era già stata avviata con l’adozione del DM 106/2020. Quest’ultimo, infatti, nel definire le modalità di accesso dei rami nel RUNTS, prevede l’onere di allegare all’istanza di iscrizione apposita autorizzazione rilasciata dalla competente autorità religiosa.

L’accesso degli enti religiosi civilmente riconosciuti al Terzo settore passa attraverso la costituzione di un ramo ETS o Impresa sociale. Di particolare importanza l’adozione di un regolamento che recepisca le disposizioni del Codice del Terzo settore (CTS) o, se del caso, del d.lgs. 112/2017. Infatti, al pari di ciò che rappresenta lo statuto per le altre tipologie di enti del Terzo settore (ETS), il regolamento contiene le modalità di svolgimento delle attività di interesse generale, delle eventuali attività diverse, nonché previsioni sulla governance del ramo.

Sia il CTS che la disciplina dell’Impresa sociale prevedono specifici requisiti di forma e di pubblicità del regolamento. In particolare, quest’ultimo dovrà essere adottato in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata e dovrà essere depositato presso il RUNTS o, per le imprese sociali, nel Registro delle Imprese. Al fine di garantire la compatibilità tra disciplina del Terzo settore e natura religiosa degli enti, il legislatore ha previsto espressamente che talune disposizioni del CTS o del d.lgs. 112/2017 non trovino applicazione nei confronti dei rami. Ad esempio, il ramo che acceda al RUNTS come impresa sociale non sarà tenuto a dare atto di tale qualifica nella sua denominazione e non dovrà prevedere la partecipazione dei lavoratori e degli utenti alla governance.

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