[di Gabriele Sepio e Ilaria Ioannone, pubblicato in «Il Sole 24 Ore» del 18 giugno 2025]
Dal 2026 via libera alla nuova fiscalità del Terzo settore. A confermarlo è il decreto fiscale (decreto legge 17 giugno 2025 n. 84 pubblicato ieri sulla «Gazzetta Ufficiale») che mette in ordine il quadro fiscale degli enti del Terzo settore (Ets) definendone il termine di decorrenza.
Una necessità sorta, dopo l’arrivo della Comfort letter del 7 marzo, in quanto sia l’articolo 104, comma 2, del Codice del Terzo settore per la generalità degli Ets che l’articolo 18 del Dlgs 112/2017 per le imprese sociali ancorano l’efficacia delle nuove misure fiscali a una procedura di autorizzazione da parte della Commissione.
Un placet che in realtà è arrivato dall’Europa in una fase antecedente, ossia in quella di pre-notifica delle misure, avallando a pieno l’impostazione fornita dal ministero del Lavoro in sede di richiesta autorizzatoria.
Di fatto, la comfort letter, rispetto a quanto ipotizzato in via prudenziale dal legislatore italiano, apre a uno scenario che si discosta dalla logica degli aiuti di Stato, certificando che la fiscalità del Terzo settore è già armonizzata ai principi generali del diritto tributario.
Da qui il provvedimento interno che consente di chiarire che l’arrivo della Comfort letter esaurisce il percorso autorizzatorio. In particolare, l’articolo 8 del decreto fissa la decorrenza delle disposizioni fiscali del Titolo X del Codice del Terzo settore al primo periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2025. Una precisazione che consente, quindi, di distinguere anche l’operatività delle misure fiscali a seconda che l’Ets abbia un esercizio finanziario coincidente con l’anno solare o meno. Per i primi la decorrenza coincide con il 1° gennaio 2026. Per la seconda categoria di enti, invece, questa varia a seconda della chiusura dell’esercizio. Ad esempio, un ente con esercizio a cavallo 1° settembre 2024-31 agosto 2025 applicherà le misure fiscali previste dal Codce del Terzo settore a partire dal 1° settembre 2026.
Ma quali sono concretamente le norme che troveranno applicazione da gennaio 2026? In primis, l’articolo 79 del Codice costituirà il riferimento per la verifica della natura commerciale o non commerciale delle attività di interesse generale (commi 2 e 2-bis), e per la qualificazione fiscale dell’ente del Terzo settore nel suo complesso (comma 5).
L’inquadramento dell’ente secondo l’articolo 79, permetterà agli enti del Terzo settore non commerciali di fruire per le attività commerciali non prevalenti del regime forfettario dell’articolo 80, applicando così ai fini della determinazione del reddito coefficienti di redditività a scaglioni, distinti tra prestazioni di servizi (dal 7% al 17%) e altre attività (dal 5 al 14%) senza soglie massime di entrate.
Le organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione (Aps) invece potranno beneficiare di un regime fiscale di favore (articoli 84 e 85) in continuità con le previgenti normative. Per le Aps, ad esempio, saranno considerate non commerciali le attività rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali, seppur a fronte di un corrispettivo, in favore di iscritti, associati, familiari conviventi o altre Aps. Mentre le Odv vedranno decommercializzate alcune delle ipotesi riconducibili nelle «attività marginali». Pensiamo alla vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito purché svolta senza l’impiego di mezzi organizzati per fini concorrenziali. Peraltro, Odv e Aps in caso di ricavi non superiori a 85mila euro potranno optare per il regime dell’articolo 86 del Codice determinando il reddito di impresa in via forfettaria, con coefficienti rispettivamente dell’1% e del 3% e fruendo di semplificazioni ai fini Iva (esonero dal versamento dell’imposta).
Con particolare riferimento, invece, alle imprese sociali l’articolo 14 del decreto consente anche qui di perimetrare l’efficacia dell’articolo 18 del Dlgs 112/2017 a decorrere al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025 limitatamente ai commi 2 e 3.
Dal 2026, quindi, si potrà escludere dalla base imponibile gli utili destinati all’attività statutaria o ad incremento di patrimonio, iscritti in apposite riserve, valorizzando dal punto di vista fiscale, il modello imprenditoriale all’interno dell’economia sociale.
In attesa del vaglio definitivo, invece, gli istituti a sostegno del finanziamento degli enti del Terzo settore nella forma dei titoli di solidarietà (articolo 77) e delle detrazioni/deduzioni fiscali per chi investe nel capitale sociale e nel patrimonio delle imprese sociali (articolo 18, comma 3, e successivi).