[pubblicato su «Il Riformista» di sabato 2 settembre 2023, pag. 10]
È un periodo particolarmente caldo per il mondo sportivo dilettantistico e per i suoi operatori alle prese con diverse novità normative e da ultimo con il rebus iva scatenato in piena estate a seguito dell’approvazione del decreto Pa-bis. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla riforma dello sport. Una revisione attesa da tempo, che arriva dopo un vero e proprio percorso ad ostacoli,tra proroghe e correttivi che hanno riscritto più di una volta una disciplina che interessa oltre 115mila associazioni e società sportive dilettantistiche e che incide su un settore fondamentale della nostra economia generando quasi 80 miliardi di euro di ricavi.
Una cifra equivalente al 3% del PIL del Paese. Probabilmente alla base dei diversi ripensamenti e modifiche vi è il fatto che i decreti di riforma sono stati approvati piuttosto velocemente rincorrendo le scadenze e le fasi politiche. Per questa ragione molti aspetti evidentemente non sono stati meditati a sufficienza lasciando in eredità ai governi che si sono succeduti diverse matasse da sbrigliare. Certamente per le realtà sportive, specie quelle di piccole dimensioni, le novità da considerare sono molte e alcune non rispondono certo alle aspettative di semplificazione.
Un primo aspetto riguarda il nuovo Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, istituito presso il Dipartimento per lo Sport, che ha preso il posto del registro CONI. Sulla opportunità di depotenziare e sostituire il registro CONI permangono diverse perplessità ma vi è da dire che in compenso è stato avviato un percorso di innovazione digitale con la possibilità di istituire un registro pubblico contenente i dati e le informazioni sugli enti sportivi. Trasparenza che però arriva solamente a metà, dal momento che non è stato previsto il deposito di bilanci e rendiconti nel registro né tantomeno dei criteri uniformi o schemi guida per la loro stesura come avvenuto per gli enti del terzo settore. Proprio con riguardo a questi ultimi e al rapporto con il mondo sportivo arriva una novità interessante dalla riforma dello sport che riconosce a tutti gli effetti l’opportunità per gli enti dilettantistici di dotarsi della doppia qualifica di ente del terzo settore ed ente sportivo dilettantistico attraverso l’iscrizione nei due registri.
Un aspetto che denota ormai il dialogo sempre più serrato tra sport, come modello di inclusione sociale, e enti del terzo settore deputati per definizione a fornire risposte ai bisogni della collettività. La doppia qualifica di ente sportivo del terzo settore è interessante perché potrebbe consentire agli enti di accedere alle misure di vantaggio previste per entrambi questi mondi dell’economia sociale duplicando la possibilità di fruire di filiere di finanziamento dedicate. A dimostrazione dello stretto dialogo tra riforma dello sport e del terzo settore vi è l’introduzione nei decreti sportivi della figura del volontario. Quest’ultimo, come avviene nel terzo settore, non può ricevere compensi ma conserva il diritto ad ottenere il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Altro aspetto chiave riguarda gli oltre 750mila lavoratori dello sport.La riforma rivoluziona il sistema di tassazione e previdenza per chi effettua prestazioni a fronte di un corrispettivo. Se in passato l’istruttore sportivo poteva percepire compensi entro la soglia dei 10mila euro annui senza pagare né tasse né Inps, il discorso cambia oggi con le nuove regole. Sotto questo aspetto la riforma delude le aspettative di semplificazione di enti e operatori del settore. Viene, infatti, meno la soglia di esenzione fiscale e previdenziale per i compensi non superiori a 10mila euro, che si riduce a 5mila euro.
Il quadro, tuttavia, si complica perché si aggiunge un’altra soglia, per i compensi entro i 15mila euro annui, che riguarda la sola esenzione fiscale. In prospettiva insomma immaginiamo che gli enti, specie quelli più piccoli, per non incappare negli adempimenti contributivi, riducano i compensi nel limite di 5mila euro. Vedremo se l’osservatorio per la correzione dei decreti, già istituto presso il Dipartimento per lo sport, non possa riportare tutto così come previsto in precedenza, evitando di mantenere due limiti diversi per fisco e previdenza.
Da ultimo segnalo il giallo dell’estate, ovvero la nuova norma che – a partire dal 17 agosto – ha creato preoccupazioni per il nuovo trattamento iva delle entrate degli enti sportivi dilettantistici. In sostanza le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, incluse attività didattiche e formative, entrano in regime di esenzione iva, alla stregua delle prestazioni mediche. Quindi occorre dotarsi di partita iva, e rispettare i relativi adempimenti anche se l’iva non viene di fatto applicata. La conseguenza più immediata è che le entrate tipiche degli enti sportivi (quote supplementari e corrispettivi versati da tesserati o associati per partecipare a corsi, gare etc..), oggi escluse dal tributo, dovrebbero entrare in regime di esenzione iva. Il problema è che questa norma, nell’entrare in vigore, non ha abrogato le precedenti norme. L’auspicio è che arrivi qualche chiarimento ufficiale prima possibile, se non altro per consentire agli enti di pianificare le proprie attività ed evitare di rincorrere preoccupazioni fiscali che a ben vedere avrebbero potuto essere evitate. Specialmente in agosto.