La novità più importante per il Terzo settore contenuta nei documenti di bilancio approvati poco prima della fine del 2021, consiste nell’aver ricostituito la dotazione originaria del Fondo di cui all’art. 72 del CTS. Si tratta del Fondo, previsto dalla legge delega 106/2016 (art.9, comma1, lettera g) e poi disciplinato appunto dall’art. 72 del CTS, volto a sostenere lo svolgimento delle attività di interesse generale di alcune categorie di ETS (Odv, Aps e Fondazioni); fondo che si è aggiunto ai preesistenti strumenti finanziari previsti dalla legge 266/91 e dalla legge 383/2000, con una dotazione complessiva pari a 40 milioni di euro. Diversi siti e anche alcuni commentatori hanno riportato la notizia che la legge di bilancio 2022 non contenesse più la disposizione finanziaria di copertura di detto Fondo. Si tratta però di un evidente errore, in quanto le risorse appostate pari a 40 milioni di euro si trovano indicate non nel testo della legge di bilancio, bensì nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, allegato alla stessa legge.
Tra l’altro, va annotato che la norma relativa all’art.72 del CTS è stata la prima ad essere integralmente applicata, in quanto già nel dicembre del 2017, il Ministero del Lavoro aveva assegnato le risorse ai progetti presentati dagli ETS che avevano concorso al bando delle stesse. Semmai, e pochissimi lo hanno messo in luce, tale Fondo ha subito diversi tagli: nel 2019 di 11 milioni,nel 2020 di 6 milioni e nel 2021 di altri 2 milioni. Per cui la consistenza per l’anno passato,risultava di poco piu’ di 21 milioni.
Merito di questo Governo è di aver riportato la copertura al valore della dotazione originaria – 40 milioni- che rappresenta peraltro una misura minima incomprimibile vista la numerosità dei progetti presentati negli anni precedenti dagli ETS (che non sempre è stato possibile finanziare), ricorrendo poi allo scorrimento della graduatoria nell’anno successivo al bando. Dunque nessuna preoccupazione per gli ETS per l’anno in corso, anche se sarebbe stato necessario accrescere la dotazione del Fondo con le risorse non spese nel 2021, ma strutturalmente attribuite alla Riforma del Terzo settore. Ma così non e’ stato. Il Parlamento si è limitato a sventare, o meglio a dilazionare di due anni, l’introduzione dell’Iva relativa ai corrispettivi per la vendita di beni o servizi di alcune categorie di ETS. Veramente troppo poco rispetto alla necessità di approvare invece alcune norme correttive o integrative al CTS (presentate nel corso della discussione al Senato da diverse forze politiche), resesi sempre più necessarie per risolvere alcuni problemi applicativi della Riforma e, peraltro, in parte originate dal confronto tra il Forum ed il Ministero del Lavoro.
Ma oltre al ricupero delle risorse non spese nell’anno 2021 – fenomeno ricorrente fin dal 2018 e dovuto alla mancata attuazione di parte delle norme del CTS (social bonus, nuovi regimi fiscali, etc.), ci preme evidenziare tre questioni che appaiono del tutto prioritarie e indifferibili.
In primo luogo, l’invio alla Commissione Europea delle norme fiscali soggette ad autorizzazione comunitaria. Il ministro Orlando aveva promesso che entro la fine 2021 ciò sarebbe avvenuto ma cosi non è stato, forse anche per una reiterata prassi dilatoria del MEF. Ad ogni buon conto, tale scelta è del tutto indifferibile, sia perché questa inadempienza incide sulla possibilità che molti ETS – in particolare le Onlus – decidano di iscriversi al RUNTS; sia perché ogni anno una quota pari ad un terzo della dotazione finanziaria della riforma – circa 60 milioni – non va a beneficio degli ETS ma ritorna al bilancio dello Stato.
Poi, c’è una questione rimasta fino ad ora non evidenziata. Con il varo del CTS, nel 2017 erano stati appostati 20 milioni di euro – che per la maggior parte vengono ripartiti tra le diverse Regioni – per l’avvio e la manutenzione del RUNTS. Ma già dal 2019, il MEF aveva operato un taglio di 5 milioni su tale dotazione. Ora che il RUNTS è stato avviato, ci si sarebbe attesi che le risorse fossero riportate ai 20 milioni originari. Ma così non è. Anche per il 2022! Un incredibile paradosso che potrebbe mettere in discussione la capacità operativa delle Regioni non solo nell’avviare e manutenere il RUNTS, ma anche nell’esercitare le necessarie funzioni di controllo. Un vero e proprio danno alla necessaria trasparenza che il Registro deve assicurare.
In ultimo, poiché non si fanno le nozze con i fichi secchi, resta da capire per quale ragione il Ministero del Lavoro non abbia adeguato e rafforzato strutturalmente la propria Direzione del Terzo Settore. La riforma ha infatti attribuito al Ministero compiti di implementazione, attuazione e controllo della Riforma particolarmente incisivi e rilevanti, che richiedono competenze e strumenti del tutto innovativi. Diciamo questo non certo per amore di polemica, anzi. Se il Ministro Orlando vuole dare piena attuazione alla riforma, (come ha cominciato a fare in questo anno passato) servono nuove forze, anche per evitare di trovarsi costretto a giocare sulla difensiva, come è accaduto con la questione dell’IVA. E poi, con all’orizzonte l’Action Plan per l’Economia Sociale nella UE – associato alla scelta dello stesso Ministro Orlando di assumere per il 2022 la guida del gruppo di Paesi della UE che avevano sottoscritto la Dichiarazione di Lussemburgo -, ciò appare ancor piu’ necessario.