[intervista al Presidente di Terzjus; Luigi Bobba, di Pierluigi Mele, Rai News del 22 ottobre]
In Italia sono più di 116.000 gli Enti iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. Il TS si conferma una realtà strategica e vitale per il nostro Paese. Facciamo il punto con Luigi Bobba, Presidente della Fondazione “Terzĵus”(ovvero l’osservatorio giuridico sul terzo settore e dell’economia sociale).
Presidente Bobba, come Fondazione “Terzĵus”(ovvero l’osservatorio giuridico sul terzo settore e dell’economia sociale), avete presentato in questi giorni, a Roma, il 3°RAPPORTO sullo stato e l’evoluzione del diritto deĺ Terzo settore in Italia. Possiamo partire da alcuni dati, per capire questa realtà. Quanto è esteso il terzo settore nel nostro Paese?
Per chiarezza va subito detto che l’identificazione di un ente del terzo settore (ETS), dopo la riforma del 2017, è ben più circoscritta di quella di un ente non profit. Molti infatti fanno riferimento ai dati dell’ISTAT che ci dicono che le “istituzioni non profit” sono 363.000. Queste ultime sono qualificate unicamente dal vincolo della non distribuzione dei profitti, ma non hanno tutte le caratteristiche che il Codice del terzo settore ha individuato per essere riconosciuti come ente del terzo settore. Questi ultimi, per poter accedere ad un insieme di benefici previsti dalla legge , debbono iscriversi al RUNTS, il registro unico nazionale del Terzo settore. Al 15 di ottobre sono più di 116.000 gli enti iscritti al Registro. Di questi più di 22.000 sono “nuovi” enti del Terzo settore, ovvero organizzazioni che non erano precedentemente iscritte ai registri tenuti dalla Regioni. Infatti, più di 70.000 associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato sono transitate dai vecchi registri regionali al nuovo RUNTS. Inoltre, tra i 116.000 enti iscritti troviamo anche circa 24.000 imprese sociali, i cui dati sono stati condivisi con il RUNTS dal Registro delle Imprese tenuto dalle Camere di Commercio. Insomma una complessa operazione che ci sta portando finalmente, come accade già in diversi paesi europei, ad avere un unico Registro accessibile e aggiornato del mondo del terzo settore. A ciò va aggiunto che ci sono , secondo un dato del CONI, quasi 120.000 enti sportivi dilettantistici, di cui il 42% sono affiliati alle Reti nazionali di promozione dello sport che organizzano attività sportive non tanto con una finalità agonistica, ma sociale e di promozione della salute e del benessere della persona; dunque condividono le finalità tipiche – civiche, solidaristiche e di utilità sociale – proprie degli enti del terzo settore.
Quali ambiti sociali copre?
Molti pensano che il Terzo settore sia prevalentemente composto da organizzazioni che operano nel campo socio – assistenziale. Ma non è così. La componente principale è costituita dagli enti che promuovono attività culturali, ricreative, sportive o che operano nel campo della promozione della cultura e della formazione extrascolastica. Ebbene tutti questi rappresentano ben più del 50% di tutti gli enti del Terzo settore. Naturalmente anche coloro che operano al fianco dei tanti soggetti fragili, vulnerabili o con disabilità sono una quota rilevante (particolarmente meritevole) degli ETS, ma questo mondo – quello degli ETS – è alquanto variegato e trasversale a molti settori della vita delle nostre comunità. D’altra parte, il legislatore ha riconosciuto questa pluralità individuando all’art.5 del Codice del Terzo settore (CTS) ben 26 attività di interesse generale, ovvero le attività tipiche degli ETS. Troviamo così anche il volontariato e la cooperazione nei paesi del Sud del mondo, la promozione e la tutela dell’ambiente e dei diritti umani, la formazione professionale o l’attività editoriale a finalità sociale. Insomma, realtà presenti in molti ambiti della vita quotidiana delle nostre comunità e ben radicate nel Paese.
Quanto è determinante l’economia sociale per il nostro Paese?
Il Terzo settore è una componente vitale anche dal punto di vista economico e i soggetti che sono così denominati sono anche promotori di economia sociale ovvero di attività economiche e imprenditoriali finalizzate non prevalentemente al profitto ma alla generazione di valore sociale. Il Terzo settore rappresenta circa il 5% del PIL nazionale e offre lavoro a circa un milione di persone. E’ dunque più rilevante di molti settori economici “a la page” ma forse questo suo contributo all’economia del Paese è poco riconosciuto. E’ interessante osservare che, dopo la riforma, sono nate o qualificatesi tali, circa 5000 imprese sociali; fatto che testimonia che l’imprenditorialità a finalità sociale è una componente vitale del nostro tessuto economico. E questa crescita – pari a circa il 5% all’anno (assumendo come periodo di riferimento dal 2018 alla fine del 2022) – dice che è una realtà fertile e generativa con ancora molte potenzialità di crescita. In tal senso è importante ricordare che la Commissione europea (CE) ha varato nel dicembre 2021 per la prima volta un “Piano d’azione decennale per l’economia sociale” finalizzato al rafforzamento e allo sviluppo dei soggetti dell’economia sociale. Nel 2024 dovranno essere approvati i piani nazionali di ogni paese dell’UE; speriamo che il Governo italiano – è una delle proposte formulate nel Terzjus Report 2023 – sia sollecito nel predisporre un piano strategico che ci consenta di avvalerci delle risorse e delle opportunità messe a disposizione dalla CE.
Perché è importante il RUNTS (registro unico nazionale del terzo settore)? Ci sono nuove iscrizioni? Al di là della semplificazione che vantaggi offre?
Il Registro, avviato alla fine del 2021 e che dovrebbe a arrivare a regime definitivamente nel 2024, rappresenta un cardine della riforma. In buona sostanza si chiede agli enti che si iscrivono di sottoporsi ad un criterio di trasparenza ovvero di dichiarare, nel momento in cui si iscrivono al registro, le attività che svolgono, il proprio statuto, il bilancio, la governance della realtà associativa, fondazionale o d’impresa a cui si appartiene. Un cambiamento epocale in quanto, a regime, si passerà da più di 50 diversi registri con criteri non omogenei, ad unico strumento nazionale seppur gestito dagli uffici delle singole Regioni. Così, domani, un qualunque cittadino, un’operatore dell’informazione, un’impresa profit oltre che un’ istituzione potrà conoscere la carta d’identità di ogni singolo ETS iscritto al Registro. Per gli ETS iscritti si aprono le porte a molteplici opportunità: dal 5 per 1000, a bandi pubblici riservati ai soli ETS, dalle agevolazioni fiscali al social bonus, dall’Amministrazione condivisa ai Titoli di solidarietà. Da osservare che circa un quinto dei 116.000 enti iscritti, sono nuovi iscritti. Il che testimonia che esiste un Terzo settore che sta emergendo o che si sta trasformando per accedere alle nuove opportunità previste dalla riforma.
Cosa manca per rendere completa la riforma?
Mancano due cose importanti. Innanzitutto il completamento della procedura di notifica alla CE di alcune norme relative ai regimi fiscali degli ETS. Ci sono stati ritardi e disattenzioni che hanno coinvolto i diversi governi succedutisi dopo il 2017. Ora l’interlocuzione è ripresa ma occorre accelerare il passo e nel 2024 chiudere questo importante capitolo in modo da dare certezza agli ETS, utilizzare tutte le risorse che la riforma ha messo a disposizione e che vengono perse proprio a causa di questi ritardi e consentire alla circa 22.000 Onlus di poter transitare con le necessarie certezze nel RUNTS.
In secondo luogo, manca ancora un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali particolarmente importante. Mi riferisco al decreto “controlli”, con il quale sulla base di una specifica previsione di legge, si potrà attribuire alle Reti associative riconosciute anche il compito di verificare e controllare i bilanci dei propri associati. Un ‘altra forma di applicazione di quel principio di sussidiarietà che ha ispirato tutta la riforma: lo stato rinuncia ad esercitare una propria funzione delegandola a dei soggetti qualificati e riconosciuti.
La chiave di lettura del vostro terzo rapporto si può sintetizzare in questo slogan : “Dalla regolazione alla promozione “. Esattamente cosa vuol dire questo?
Questo è il filo rosso di tutto il Terzjus Report 2023. In sintesi, vogliamo dire che l’importante novità della regolazione originata dal CTS è stata meritoriamente quasi completata. E’ tempo invece di spingere l’acceleratore sulla “promozione”, ovvero su un insieme di azioni per consentire agli ETS di cogliere tutte le opportunità che la riforma ha introdotto e che sono ancora in gran parte poco conosciute e ancor meno utilizzate. Nel capitolo finale ne citiamo cinque: un “fisco più amico del terzo settore” risolvendo i problemi legati all’IVA e all’IRAP; una campagna promozionale per il 5 per 100 in modo da raggiungere quel 44% di contribuenti che non si avvalgono di tale facoltà e in tal modo indirizzare più risorse verso gli ETS; un robusto sostegno al “social bonus”, in modo che immobili pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie vengano destinati in comodato gratuito a ETS per svolgere attività di interesse generale; un incremento della quota detraibile delle erogazioni liberali destinate dai contribuenti agli ETS, passando dall’attuale 30% al 35%. Infine la preparazione di quel Piano nazionale per l’economia sociale (di cui si è parlato poco sopra) al fine di promuovere buona occupazione ed inclusione sociale.