Comfort letter. Il Ministero del Lavoro annuncia la lettera di Bruxelles che conferma la compatibilità della riforma con le regole degli aiuti di Stato. Dal 1° gennaio 2026 la defiscalizzazione degli utili per gli Ets e il regime di esenzione per le imprese sociali
[di Gabriele Sepio e Vincenzo Sisci, pubblicato in «Il Sole24 Ore», del 9 marzo 2025, pag. 16]
La Commissione UE conferma la compatibilità delle misure fiscali del terzo settore con le regole sugli aiuti di Stato.
Dunque si apre la strada per il varo definitivo delle nuove regole a partire dal prossimo anno e soprattutto una nuova fase per la fiscalità degli enti non profit destinata ad allentare le maglie delle regole sugli aiuti di stato in Europa e a riconoscere la funzione del terzo settore e delle attività svolte. La notifica della comfort letter da parte della Dg concorrenza della Commissione UE, attesa da tempo dal mondo del terzo settore, è stata annunciata ieri dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Si tratta di documento che riprende l’impostazione seguita dal ministero nella richiesta autorizzatoria e conferma l’applicabilità delle misure destinate agli enti iscritti nel registro a partire dai nuovi criteri di classificazione fiscale delle attività di interesse generale svolte dagli enti del terzo settore (Ets), che godranno di un regime di defiscalizzazione degli utili nel limite del 6% (articolo 79 del Codice del Terzo settore).
A queste si aggiungeranno, per la prima volta, puntuali regole di esenzione fiscale destinate alle imprese sociali che reinvestono gli utili nelle attività istituzionali, nonché due regimi forfettari ad hoc per organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale con entrate inferiori a 130mila euro (articolo 86 del Cts, che sostituirà dal prossimo anno il regime della legge 398/1991) e per gli enti del terzo settore non commerciali (articolo 80 del Cts).
Occorrerà ancora attendere, invece, per la piena operatività delle misure di finanza sociale e per quelle volte ad agevolare gli investimenti nelle imprese sociali start up. Con riferimento a queste ultime il Ministero del lavoro dovrà completare entro il più breve tempo possibile lo scambio di informazioni con la Commissione europea.
Due i passaggi della comfort letter fondamentali che disegnano puntualmentei punti cardine intorno a cui ruota la nuova fiscalità del terzo settore.
Il primo è che gli enti del terzo settore non sono equiparabili alle imprese for profit perché perseguono attività di interesse generale e tutti i loro proventi devono essere destinati a tale scopo. Non sono liberi di realizzare profitti e, soprattutto, non hanno la facoltà di utilizzarli per remunerare il capitale proprio. Le imprese sociali poi applicano le ordinarie regole fiscali solo laddove scelgono di distribuire utili entro i ristretti limiti previsti (nella misura del 50% e con remunerazione non superiore a quella dei buoni fruttiferi postali aumentata del 2,5%).
Il secondo aspetto evidenziato nella comfort letter riflette le caratteristiche delle norme introdotte dalla riforma e si basa sul fatto che gli enti del terzo settore non integrano il presupposto impositivo basato sul “possesso” del reddito. Un punto su cui il ministero del Lavoro si è concentrato particolarmente nel corso delle interlocuzioni con la Commissione e basato sul fatto che la detassazione degli utili scatta per gli Ets solo quando sono destinati ad attività di interesse generale e, dunque, non nella disponibilità degli stessi. In sostanza le misure si applicano a redditi che non sono mai destinati a remunerare il capitale e dunque alla distribuzione. Eventualità quest’ultima, poi, che nel caso degli Ets diversi dalle imprese sociali non è mai possibile.
Dalla posizione della Commissione emerge come la fiscalità per gli enti del terzo settore presenti una doppia anima. Da un lato la necessità di valorizzare un fisco di «restituzione», ovvero in grado di contribuire attraverso le esenzioni allo svolgimento di attività di interesse generale. Dall’altro una fiscalità che garantisce l’applicazione delle ordinarie regole di contribuzione quando gli enti svolgono attività diverse da quelle istituzionali, agendo al pari degli altri operatori di mercato, oppure distribuiscono la ricchezza prodotta.
Il parere della Dg concorrenza, peraltro, segue alcuni principi già puntualmente espressi dalla Corte di Giustizia in altre circostanze (sentenza Paint Graphos cause da C 78/08 a C 80/08 ) offrendo, tuttavia, una impostazione più ampia in grado nel prossimo futuro di incidere anche su altre tipologie di imposte oltre a quelle dirette. Pensiamo alle regole più stringenti contenute nel decreto Imu n. 200 del 2012 e figlie della procedura di infrazione Ici avviata a suo tempo.
Cambiano i criteri di non commercialità per gli Ets
Le disposizioni “sbloccate” dalla comfort letter riguardano il regime fiscale degli Ets, delineato dagli articoli 79, 80 e 86 del Codice del Terzo settore, e quello proprio delle imprese sociali di cui all’articolo 18, commi 1 e 2, del Dlgs 112/2017.
Sul fronte degli Ets, entreranno in vigore i nuovi criteri di non commercialità delle attività d’interesse generale, sostituendo le regole generali dettate dal Testo unico delle imposte sui redditi. In particolare, le attività di interesse generale saranno considerate non commerciali a fronte del loro esercizio – in alternativa – a titolo gratuito, dietro pagamento di corrispettivi inferiori ai costi effettivi oppure a fronte di un margine di ricavi non superiore di oltre il 6% i relativi costi nel singolo anno d’imposta e, in ogni caso, per non oltre un triennio.
Sulla base di questo test dipenderà, anche, la qualificazione dell’ente nel suo complesso, che assumerà lo status di Ets con commerciale ove le attività di interesse generale svolte con modalità non commerciali risulteranno prevalenti. Accanto a ciò, il regime forfettario dell’articolo 80 del Cts consentirà agli Ets non commerciali esercenti attività commerciali di optare per l’assoggettamento dei relativi ricavi a specifici coefficienti di redditività, al pari di quanto prevede l’articolo 86 per Odv e Aps.
Ancora più impattanti saranno le implicazioni derivanti dal varo della nuova fiscalità delle imprese sociali, ad oggi soggette al regime ordinario dell’Ires degli enti commerciali. L’articolo 18 del Dlgs 112/2017 consentirà, invece, di escludere dalla base imponibile gli utili destinati all’attività statutaria o ad incremento di patrimonio, iscritti in apposite riserve. Viene dunque valorizzato, anche dal punto di vista fiscale, il modello imprenditoriale all’interno dell’economia sociale, che potrà ora trovare un nuovo decisivo impulso per il suo sviluppo.
La scelta fra il modello dell’Ets non commerciale e quello dell’impresa sociale, su cui dovranno riflettere molte organizzazioni, sarà anche all’ordine del giorno delle circa 20mila Onlus ancora iscritte nella relativa anagrafe, chiamate a adeguare i propri statuti ai fini del passaggio al Runts entro il 31 marzo 2026 pena la devoluzione del patrimonio accumulato. Queste realtà, infatti, per individuare la sezione del Registro unico del Terzo settore cui iscriversi, dovranno vagliare quale regime fiscale risulterà più coerente alle loro esigenze e al loro modus operandi, fra quello delineato dall’articolo 79 del Cts e quello offerto alle imprese sociali.
Restano fuori dal placet della Commissione europea, solo per il momento e per necessità di approfondimenti, gli istituti a sostegno del finanziamento di Ets e imprese sociali nella forma, rispettivamente, dei titoli di solidarietà (articolo 77 del Cts) e delle detrazioni/deduzioni fiscali per chi investe nel capitale sociale e nel patrimonio delle imprese sociali (articolo 18, commi 3 e seguenti, del Dlgs 112/2017).