Raccolta fondi: la Cabina di Regia approva le linee guida. Un traguardo importante per l’attuazione della Riforma che attende ora gli ulteriori step per arrivare in Gazzetta Ufficiale e che consentirà agli enti del Terzo settore (ETS) di individuare più nel dettaglio le regole da seguire per avviare le raccolte in funzione delle diverse tecniche prescelte. Pensiamo al merchandising, all’offerta di beni di modico valore, alle aste di beneficenza fino agli sms solidali e alle donazioni on line, solo per fare qualche esempio. La raccolta fondi, dunque, ha mutato pelle nel corso del tempo, complice anche il periodo della pandemia, e non è più vista solo come attività occasionale per reperire risorse ma è gradualmente divenuta uno strumento di comunicazione.
Non a caso il Codice del terzo settore (CTS), attribuisce un ruolo strategico al fundraising consentendo di esercitare tale attività anche in forma organizzata e continuativa, impiegando risorse proprie o di terzi (art. 7 del CTS), nonché mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore.
Nello svolgimento di tale attività, sarà comunque necessario per gli ETS, garantire il rispetto del principio di trasparenza, verità e correttezza nei confronti dei terzi interessati (stakeholders, sostenitori, pubblico in generale). In particolare, l’ETS sarà tenuto a predisporre modalità e strumenti in grado di fornire ai donatori una corretta informazione sulla raccolta fondi messa in atto. Pertanto, nel caso in cui l’attività sia effettuata per la realizzazione di specifici progetti sarà interesse dell’ETS indicare l’obiettivo dei fondi da raccogliere, la destinazione delle risorse raccolte e delle eventuali eccedenze. D’altro canto, l’ente del Terzo settore che intenda svolgere una raccolta fondi, dovrà ispirarsi anche al principio di verità e correttezza. In altri termini, sarà tenuto a diffondere attraverso mezzi di comunicazione adeguati informazioni veritiere nonché a comportarsi con lealtà ed onestà non solo nei confronti del donatore ma anche dei beneficiari della raccolta.
Sotto il versante fiscale, occorre prestare particolare attenzione alle modalità con cui la raccolta fondi viene concretamente svolta e alla natura (erogativa o corrispettiva) delle relative entrate. Sul punto, una prima indicazione è fornita dal CTS all’art. 79, comma 4. Quest’ultimo, in continuità con le regole del TUIR, prevede una espressa decommercializzazione dei fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore, da parte di ETS non commerciali. Al di fuori di questa ipotesi, invece, il trattamento fiscale dell’attività dovrebbe variare in base alla natura dei proventi conseguiti. In particolare, i fondi derivanti da erogazioni liberali sono sempre irrilevanti sotto il profilo fiscale, sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini Iva. È il caso, ad esempio, dei numeri di telefono solidali attivi tutto l’anno per finanziare specifici progetti: in assenza di un corrispettivo, tali ipotesi non configurano in alcun modo esercizio d’impresa e quindi non sono soggette a tassazione. Maggiori cautele richiede l’ipotesi di raccolta fondi svolta attraverso la cessione di beni o servizi. In questi casi, sarà indispensabile verificare che i beni/servizi offerti siano di modico valore e che, in ogni caso, sia sempre prevalente la causa liberale da parte del soggetto donatore rispetto alla corrispettività dell’operazione. La presenza dei caratteri di sistematicità nella raccolta e l’esistenza di uno scambio potrebbero astrattamente determinare una qualificazione delle entrate come commerciali. Onde evitare tale effetto potrebbe essere importante seguire una certa linearità. Come, ad esempio, evitare la richiesta di un “importo minimo” parametrato al prezzo di mercato del bene offerto ai sovventori.
pubblicato nel supplemento Norme & Tributi de «Il Sole 24 Ore» del 7 aprile 2022, pag. 34