Sono circa 65mila le imprese che nel 2024 hanno dato ai dipendenti la possibilità di impegnarsi a favore degli altri in orario lavorativo. È un fenomeno in crescita: il premio Terzjus riconosce le buone pratiche.
[di Elisa Campisi, «Avvenire», 3 dicembre 2025]
Sandra (nome di fantasia) ha preso appuntamento dalla parrucchiera, ha aspettato il proprio turno in sala d’attesa e poi ha fatto un nuovo taglio ai capelli, decidendo cosa le stava meglio con la consulenza di una vera professionista. Qualche giorno dopo ha potuto sfoggiare lo stesso taglio durante il suo sessantesimo compleanno, insieme allo smalto curato, il rossetto, gli orecchini e la collana. Anche un giovane che ha meno di 30 anni (che chiameremo Andrea) ama andare dal barbiere, ma per mostrare poi agli amici i tagli più moderni e le tinte più svariate, con l’ambizione di somigliare ai calciatori suoi idoli. Filippo, pure lui un giovane amante del calcio, al parrucchiere invece chiede sempre i capelli a cresta. Sandra, Andrea e Filippo sono tra i circa 600 ospiti delle residenze per persone con disabilità fisiche e psichiche dell’Opera della Provvidenza Sant’Antonio (Opsa) di Padova, che garantisce il giorno di “barba e capelli” all’interno delle sue strutture grazie al volontariato di una trentina di parrucchieri. «Abbiamo realizzato un vero salone, con poltroncine e tutto il resto. I parrucchieri, molti dei quali arrivati anche tramite le associazioni di categoria, vengono qui a turno e prestano gratuitamente la loro competenza nel loro giorno di riposo. Così questi professionisti contribuiscono a mantenere alta la dignità dei nostri ospiti, che passa anche per l’attenzione alla propria bellezza», spiega Enrico Rinuncini, responsabile di promozione e fundraising di Opsa. Questo servizio è stato tra quelli premiati all’ultima edizione di “Volontari@work”, un riconoscimento promosso dalla Fondazione Terzjus che punta a far conoscere le buone pratiche di volontariato di competenza, ossia svolto dai lavoratori all’interno di iniziative aziendali, sia durante le ore di lavoro che in quelle libere.
«Da molti anni ormai portiamo avanti progetti come questi. Tra coloro che mettono a disposizione, appunto, le proprie competenze abbiamo parrucchieri, ma anche medici e infermieri, per esempio. Di recente ci è capitata anche una delegazione di odontoiatri arrivati dal Piemonte, che ha offerto per tre giorni ai nostri ospiti diversi servizi, come la pulizia dei denti o le piccole otturazioni». Oltre al volontariato offerto dai singoli lavoratori, con o senza il coinvolgimento dell’azienda o dell’associazione di categoria, l’Opsa accoglie anche quello di coloro che vogliono aiutare nelle attività quotidiane della struttura: «Si chiama volontariato di impresa e proprio in questi giorni stiamo organizzando un’esperienza del genere con un gruppo di 83 giovani lavoratori di un’azienda che fa consulenza nell’ambito dell’e-commerce. In questo caso l’azienda ci ha chiesto di dare la possibilità ai propri dipendenti di fare volontariato da noi per un giorno». Ognuno di loro metterà a disposizione le proprie attitudini nelle attività con gli ospiti, per esempio dipingendo per i lavoretti di Natale, suonando la chitarra nelle ore dedicate alla musica o proponendo corsi di yoga e ginnastica dolce. «La provvidenza si manifesta in mille modi, che sia un vestito o del cibo donato, del tempo dedicato a pelare la zucca che serve per il pranzo o per portare un ospite alle attività. Tutto questo si trasforma poi anche in denaro risparmiato, perché se non avessimo per esempio i parrucchieri che vengono gratuitamente dovremmo pagare qualcuno oppure farlo noi, ma non con la stessa bravura», conclude Rinuncini.
Quella di Padova non è l’unica esperienza di questo genere in Italia. «La platea di imprese che dichiarano di dare la possibilità ai propri dipendenti di svolgere attività di volontariato è piuttosto ampia, circa 65mila nel 2024», ci dice Luigi Bobba, presidente della Fondazione Terzjus, osservatorio del diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale. Proprio oggi Terzjus a Roma lancia la III edizione del Premio “Volontari@work”, in vista della Giornata internazionale del volontariato che si celebra il 5 dicembre. Come nella scorsa edizione, l’obiettivo è premiare e dunque promuovere le buone pratiche di volontariato aziendale, con la novità che quest’anno, fino al 6 marzo 2026, potranno candidarsi al premio anche imprese con meno di 50 dipendenti. Del resto, continua Bobba commentando i dati raccolti in una ricerca realizzata da Unioncamere in collaborazione con la Fondazione, «il numero di imprese che nel 2024 si dicevano interessate a far svolgere in futuro a manager e impiegati attività di utilità sociale durante l’orario di lavoro erano già 333mila e il fenomeno è in rapida crescita. Se nel 2023 erano 4mila le imprese con più di 50 addetti che avevano attivato programmi simili, nel 2024 erano quasi il doppio». Tra i diversi modelli, quello che si va pian piano affermando è proprio il volontariato di competenza, un approccio in cui i lavoratori donano tempo e capacità professionali con il supporto organizzativo dell’azienda, spiega Bobba. «Il termine competenza deriva dal latino cum-petere, cioè “tendere insieme verso la stessa meta”, un richiamo al senso profondo dell’impegno condiviso», ricorda. Questo modello contribuisce, infatti, a consolidare il capitale sociale dei territori e permette la trasmissione di abilità. Al contempo «consente alle aziende di rafforzare la coesione interna, favorire lo sviluppo tra i propri collaboratori di soft skills, accrescere reputazione e impatto sociale».
Con il premio “Volontari@work”, Terzjus intende sostenere la diffusione, la formalizzazione e la crescita del volontariato di competenza nelle politiche aziendali. Le ricadute positive della solidarietà sono note, ma la domanda per chi opera in questo ambito e che motiva anche Terzjus è sempre la stessa. «Cosa può mettere in moto un singolo atto nascosto di solidarietà gratuita? – riflette Bobba –. L’invito al volontariato di competenza è chiaro, uscire dalla propria stanza, dalla comfort zone, dall’autoreferenzialità, dal proprio ufficio e azienda. Entrare in nuove dinamiche sociali con gli Ets per offrire a tutti l’opportunità di una buona socializzazione, in cui crescere come cittadini consapevoli e solidali».