1. L’approvazione della legge regionale siciliana in materia di accoglienza e inclusione – l.r. 29 luglio 2021, n. 20 – invita a riflettere sullo spazio e sul ruolo rivestito dagli enti del Terzo settore nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali, così come enunciati nelle norme di diritto interno e sovranazionale, dei cittadini extracomunitari e apolidi. La Regione Sicilia, attraverso tale impianto normativo, valorizza la centralità della dignità della persona, a prescindere dalla cittadinanza, e si impegna a realizzare una effettiva società plurale e capace di valorizzare le culture e le tradizioni delle persone straniere che vivono sul territorio isolano. Il legislatore regionale intende: i) favorire la partecipazione alla vita pubblica dei predetti soggetti; ii) contrastare fenomeni di razzismo e discriminazione; iii) ridurre le soglie di vulnerabilità e avviare campagne informative riguardanti i diritti e doveri previsti dalla legislazione italiana.
L’art. 5 della legge in rassegna è dedicato alla funzione degli enti del Terzo settore: tali soggetti, oggi compiutamente regolati dal codice del Terzo settore, vengono “riconosciuti” dalla Regione Sicilia per via della capacità di svolgere un ruolo strategico nell’ambito della ricomposizione dei conflitti sociali e della tutela delle minoranze.
D’altronde, come può evincersi dall’art. 4, comma 1, lett. r), del codice del Terzo settore, gli enti del Terzo settore possono – tra le attività di interesse generale, esercitate in via esclusiva o principale, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale – operare nell’ambito dell’accoglienza umanitaria e dell’integrazione dei migranti, oltre che essere attivi nel settore della promozione e tutela dei diritti umani, civili e politici (lett. w).
Il legislatore siciliano, nella definizione di un piano triennale per l’accoglienza e per l’inclusione, così come disposto dall’art. 6, comma 3, promuove e coordina conferenze regionali anche in collaborazione e con la partecipazione degli enti del Terzo settore coinvolti nelle politiche di accoglienza e inclusione, nonché delle altre associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati ai sensi di quanto previsto dall’art. 52 d.p.r. 394/1999.
Nell’ambito delle misure a tutela del lavoro regolare, infine, la Regione Sicilia promuove il ricorso all’uso di beni immobili come centri di servizi e assistenza sociosanitaria, pure attraverso la definizione di collaborazioni con gli enti del Terzo settore (e, quindi, anche mediante i meccanismi convenzionali delineati a favore delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale da parte dell’art. 56 del codice del Terzo settore).
2. Un pieno sostegno alla logica del Terzo settore si ricava dalla legge della regione Toscana, 3 agosto 2021, n. 27, dedicata alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale intangibile e della cultura popolare toscana: l’impianto legislativo interessa anche le rievocazioni storiche regionali. Il legislatore regionale intende riconoscere e potenziare il raccordo tra la Regione e gli enti del Terzo settore operanti nel settore oggetto della normativa in rassegna, al fine di “assicurare una condivisione di risorse laboratoriali, strumentali e professionali, nell’ottica di promuovere la partecipazione delle studentesse e degli studenti a percorsi di conoscenza del patrimonio culturale, per potenziarne le competenze pratiche e storico-critiche”. Inoltre, la Regione Toscana intende attivare il sistema della co-progettazione – art. 10 l.r. 27/2021 – nell’ottica della sussidiarietà istituzionale e sociale, così come tratteggiato dall’art. 55 del codice del Terzo settore e così come meglio precisato dalla sentenza n. 131/2020 della Corte costituzionale (sul tema v. il Quaderno di Terzjus, disponibile a questo indirizzo: https://terzjus.it/quaderni, e il commento alla decisione redatto dal Prof. Antonio Fici, in terzjus.it/articoli/note-e-commenti/nota-redazionale-della-sentenza-n-131-della-corte-costituzionale-del-26-giugno-2020).
Si assiste ad una delimitazione nel sostegno e nelle forme di cooperazione messe in atto da parte della Regione Toscana: a beneficiare di interventi contributivi e promozionali per le manifestazioni di rievocazione storica sono le associazioni del Terzo settore che risultino impegnate “nella realizzazione e promozione delle attività e pratiche legate alla rievocazione storica, allo sviluppo dei progetti e programmi di conoscenza storica del territorio regionale e di forme di turismo sostenibile ad essi connesse” (art. 1, comma 2). Il legislatore toscano precisa che per associazioni di rievocazione storica s’intendono “le associazioni del Terzo settore che hanno per fine statutario la valorizzazione della storia e della cultura mate riale e intangibile del proprio territorio, nel rispetto di sape r i storici acquisiti e di evidenze documentarie mediante le varie forme di studio, espressione artistica, realizzazione di attività, anche attraverso l’organizzazione o la partecipazione attiva a manifestazioni come descritte al comma 2, e alla creazione di reti collaborative a livello intraregionale, nazionale e sovranazionale” (art. 2, comma 3). Le associazioni (del Terzo settore) in questione devono essere iscritte in un elenco apposito istituito presso la Giunta regionale, secondo le forme e i modi meglio disciplinate dagli artt. 4 e 5 della legge in rassegna.
All’interno dell’art. 15, dedicato alle disposizioni transitorie, è precisato che “ai fini dell’iscrizione nei registri del Terzo settore richiesta dall’articolo 5, comma 1, lettera b), nelle more dell’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore previsto dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2 lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106), è ritenuta valida l’iscrizione nel registro regionale o nazionale previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale)”.
3. L’azione degli enti del Terzo settore emerge chiaramente dall’esame della recente disciplina adottata dalla Regione Friuli Venezia Giulia per la tutela delle donne vittime di violenza e per il contrasto e la prevenzione di atti violenti e discriminatori (l.r. 8 agosto 2021, n. 12).
Già all’art. 1, dedicato ai principi legislativi, si riconosce l’essenzialità della sussidiarietà, proprio al fine di perseguire più efficacemente gli obiettivi normativi; in tal senso, viene favorita “l’integrazione e la governance tra gli enti pubblici e del Terzo settore” (art. 1, comma 5). Ai sensi dell’art. 10, comma 2, la Regione è abilitata a stipulare convenzioni con enti del Terzo settore che esercitino attività di interesse generale coerenti con le finalità legislative. Viene, altresì, agevolata “l’integrazione e la governance tra gli enti pubblici e del Terzo settore” (art. 1, comma 5).
Gli enti del Terzo settore – che operano negli ambiti delineati dalla legge regionale e che abbiano maturato specifiche competenze ed esperienze sul campo – divengono protagonisti nel contrasto alla violenza sulle donne e sui minori e nella prevenzione delle forme di violenza e di discriminazione (art 2, comma 1). Gli enti sono, dapprima, coinvolti a partire dalla fase di programmazione e di attuazione dei servizi per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere (art. 12, comma 2); in seguito, in sinergia con i servizi sociali comunali, assicurano la presa in carico delle vittime mediante percorsi individuali di sostegno e orientamento (art. 12, comma 3).
L’art. 14 disciplina puntualmente le strutture antiviolenza, dedicate alle donne e ai minori e gestite direttamente da enti locali (anche in forma associata) o da enti del Terzo settore; la gestione dei centri antiviolenza potrà avvenire anche attraverso forme collaborative tra enti locali ed enti del Terzo settore, pur ricorrendo agli istituti della co-programmazione e della co-progettazione delineati dall’art. 55 del codice del Terzo settore.