Bobba: “Il Terzo settore valorizzi le novità emerse in questa emergenza alluvione”

In questi giorni si è manifestata una capacità di prendersi cura delle persone e dei territori della Romagna devastati dall’alluvione, in modi e in forme che hanno destato qualche sorpresa, attingendo non solo alla forza delle reti associative organizzate,ma anche alla linfa del volontariato individuale e temporaneo. Lavoriamo per aprire una nuova stagione curando questi nuovi semi. Secondo tre direzioni…

[articolo pubblicato su Vita.it del 22 maggio 2023]

Tre indizi fanno una prova. Per certi versi, non mi ha sorpreso il dato dell’Istat che, nella sua ultima rilevazione, ha evidenziato un vistoso calo dei volontari. Chiunque frequenti in modo assiduo questo mondo, non poteva non rilevare tre diversi indizi.

Il primo, forse quello più macroscopico, è stato l’esplodere della pandemia. Ciò che costituiva la forza primaria delle realtà del volontariato – le relazioni fiduciarie tra le persone – è stato messo a dura prova, quando non sfibrato dalla paura del contagio, dal ritrovarsi chiusi in casa e dall’imperativo di evitare contatti con altre persone. Un secondo indizio: il numero dei giovani che nel 2023 hanno presentato domanda per fare il servizio civile. Per un singolare paradosso, nell’anno in cui si e’ raggiunto il picco dei posti messi a disposizione, il numero delle domande è stato il più basso degli ultimi cinque anni. E le scelte dei giovani sono diventate piu’ fragili, reversibili, incerte. C’è poi un ultimo fattore – il terzo indizio – peraltro presente ormai da un decennio: la fatica del ricambio nella guida delle associazioni, la difficoltà ad attrarre all’impegno volontario le generazioni più giovani. Ma, aldilà del dato eclatante, ciò che non mi convince è la lettura che ne è stata fatta. Salvo qualche lodevole eccezione – e tra questi l’acuta riflessione di Riccardo Bonacina – non si e’ provato ad andare piu’ a fondo per cercare le strade per uscirne in positivo. Mauro Magatti, nel Rapporto sull’Italia generativa, utilizzando dati precedenti all’ultima rilevazione dell’Istat, aveva già intuito i contorni del fenomeno. Il volontariato, l’associazionismo, il terzo settore – aveva osservato Magatti – sono stati negli ultimi trentanni una storia di successo. Attenzione però alle crepe, perchè la spinta propulsiva sembra essersi inaridita o quanto meno affievolita. Forse il riflesso di un Paese invecchiato, intrappolato in un declino demogerafico che comincia a produrre i suoi effetti sia nella vitalità delle nuove imprese, sia nel campo del volontariato. In secondo luogo, non e’ difficile osservare che, nei decenni passati, la spina dorsale delle associazioni era, ed è ancora, costituita da lavoratori andati in pensione in giovane età. Hanno portato dentro questo mondo competenze, esperienza, passione e anche trovato il modo di sentrsi vivi, utili, creativi. Ma questo flusso, con le nuove regole pensionistiche, si è alquanto ridotto, indebolendo anche la tenuta organizzativa delle associazioni e la loro capacità di affrontare nuove sfide. C’è poi un fattore più generale: la spinta alla individualizzazione di tutti gli ambiti di vita – dalle relazioni affettive, familiari, al lavoro, all’uso del tempo libero – ha prima lambito e poi fortemente interessato il fenomeno dell’azione volontaria. Sempre l’Istat, infatti, ha rilevato negli anni recenti una crescita del volontariato individuale, persone che si dedicano a qualche buona causa, ma vogliono sentirsi svincolate dalle reti organizzate e preferiscono impegni temporanei e discontinui.

Siamo dunque di fronte al declino dell’azione volontaria e della disponibilità all’impegno civico e solidaristico? Forse la lettura dell’Istat non riesce a cogliere anche i segnali sottotraccia che, pur all’interno di questa fase critica, indicano qualche nuova traiettoria, qualche sprazzo di futuro.

Li abbiamo intuiti dentro la tragedia di questi giorni. Senza indulgere alla retorica degli “angeli del fango”, si è manifestata una capacità di prendersi cura delle persone e dei territori della Romagna devastati dall’alluvione, in modi e in forme che hanno destato qualche sorpresa, attingendo non solo alla forza delle reti associative organizzate,ma anche alla linfa del volontariato individuale e temporaneo.

Ci sono poi alcuni fenomenti che rilevano proprio a partire dall’avvio del Registro unico (RUNTS). Mi riferisco al fatto che si siano iscritti quasi 14.000 enti di terzo settore che prima non apparivano in nessuno dei tanti registri esistenti. Non sappiano ancora se rappresentano delle nuove nascite o semplicemente un emersione di realtà esistenti che già ingrossavano il grande fiume del volontariato, pur senza essere mai stati censiti, contati. Lo stesso vale per le nuove imprese sociali: sono piu’ di 4400, quelle nate o qualificatesi tali, dall’avvio della riforma fino al dicembre 2022. Un tasso di crescita pari a circa il 5%, ben superiore a quello vicino allo zero per la generalità delle imprese profit. Servirà capire cosa si cela dietro a queste emersioni o nuove nascite, ma certo una qualche spinta ad organizzare energie volontarie, associative, solidaristiche o di imprenditorialità sociale ci deve pur essere dietro a numeri di un certo rilievo. E allora, che fare per non lasciarsi andare allo scoramento o, nostagicamente, invocare i bei tempi passati. Indicherei quattro possibili strade per cercare di “far scoccare la scintilla della passione del possibile” (Bonacina).

La prima: investire nella formazione. C’è una indubbia crisi vocazionale all’impegno volontario e il terreno del sociale non è così generativo come poteva esserlo un tempo. Bisogna non ignorare questo gigantesco cambiamento sociale e creare le occasioni, i luoghi, le motivazioni per suscitare nuove disponinilità. Come ha fatto Gigi Depalo – fino a poche settimane fa alla guida del Forum delle associazioni familiari -, che ha lanciato una Scuola di formazione all’impegno sociale e politico on line dal significativo titolo “Immischiati”, raccogliendo quasi 7000 adesioni. Ne consegue che le risorse che vengono messe a disposzione dalle istituzioni, dalle fondazioni bancarie e aziendali dovrebbero riconoscere questa priorità. Investire sulle persone e sulle organizzazioni è una garanzia di futuro, è traghettare l’azione volontaria dentro al mutato contesto sociale.

Secondo: le organizzazioni, a loro volta, hanno un nuovo imperativo: investire sulla “fidelizzazione” dei propri volontari. È un tema che sta attraversando il mondo delle imprese, sempre più in difficoltà a tenere vicini i propri collaboratori. Le leve monetarie,da sole, non sono più sufficienti per motivare al lavoro le persone. Ciò che, da qualche tempo, sta avvenendo nelle imprese, ora sta arrivando anche nelle organizzazioni di terzo settore. La reversibilità delle scelte, il nomadismo associativo sono ormai un dato di realtà che non si può solo esorcizzare. Si provi a coglierne la spinta vitalistica positiva per trasformarla in vocazioni durature nel tempo.

In terzo luogo, un’attenzione quasi spasmodica va data ai territori dimenticati, siano essi i piccoli borghi delle zone interne o i quartieri delle periferie delle città. Lì, il ruolo di “sentinella” del terzo settore va rinvigorito e reinventato. Altrimenti ciò che oggi è dimenticato, domani sarà irrimediabilmente perduto. Infine, uno sguardo più penetrante potrebbe essere dato al mondo dell’associazionismo sportivo che costituisce – anche in termini di numeri – quasi un terzo della realtà associative. E’ un mondo molto frammentato, fatto di tante piccole realtà, a volte dominato da logiche competitive estremizzate. Ma è un mondo con ancora tante energie positive; va risvegliata e valorizzata la sua dimensione sociale, la sua capacita’ di creare inclusione, benessere. Ne sono un segno i recenti bandi della societa’ pubblica “Sport e salute” dedicati alla promozione dello sport per i carcerati, per includere i soggetti fragili, per le comunita’ minori; o anche l’interesse che alcune fondazioni bancarie – come la Compagnia di Sanpaolo – hanno dimostrato per queste microrealta’ presenti in tutte le nostre comunita’ locali.

In sintesi, non lasciamoci prendere dallo scoramento e non facciamoci imprigionare dalle statistiche: le criticità sono evidenti, ma anche i segnali di novitàche talvolta sfuggono alle rilevazioni statistiche. Lavoriamo per aprire una nuova stagione curando questi nuovi semi; senza abbandonare le strutture che ci vengono dalla tradizione, ma innestando anche li’ energie di cambiamento.

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