L’interpretazione e l’applicazione degli articoli 55 e 56 del Codice del Terzo settore (CTS) trovano una svolta applicativa grazie a due recenti interventi. I due articoli rappresentano, all’interno del CTS, un’innovazione particolarmente significativa in quanto introducono gli istituti della c.d. “Amministrazione condivisa”, mediante la quale si dà piena applicazione al principio di sussidiarietà orizzontale. Principio inserito per la prima volta nella Carta costituzionale con la riforma del 2001 (art.118). L’ultimo comma di tale articolo prevede, in modo limpido e inequivocabile, che le diverse articolazioni delle Stato “favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, nello svolgimento di attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà”. Ebbene, prima la sentenza della Corte Costituzionale numero 131 del giugno 2020 e poi un emendamento introdotto nella conversione in legge del decreto “Semplificazioni”, hanno ribaltato un’interpretazione particolarmente restrittiva del Consiglio di Stato (parere 2052/2018) circa gli articoli 55 e 56 del CTS. Infatti, secondo il giudice costituzionale, l’art 55 rappresenta “una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale” e gli istituti, ivi previsti, instaurano tra i soggetti pubblici e gli enti del Terzo settore “un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato”. Se il parere 2052/2018 del Consiglio di Stato aveva indotto molte amministrazioni pubbliche a preferire gli appalti agli affidamenti, la sentenza della Corte 131/2020 – come ha notato il prof. Antonio Fici – direttore del Comitato Scientifico di Terzjus – “modifica oggi il quadro interpretativo in chiave molto più favorevole al Terzo settore e al suo diritto. Viene non solo a cadere l’assunto della primazia del Codice dei contratti pubblici su quello del Terzo settore, ma si attribuisce copertura costituzionale agli strumenti giuridici dell’”amministrazione condivisa”. L’asse inevitabilmente si sposta dalla concorrenza alla cooperazione, dagli istituti competitivi agli istituti collaborativi”. La Corte, in sintesi, legittima la tesi della “comunione di scopo” tra le Amministrazioni pubbliche e gli Enti del terzo settore (ETS) che, per struttura, scopo e funzionamento potranno iscriversi al Registro unico del Terzo settore. Inoltre, la Corte afferma che questa specifica è compatibile con il diritto dell’Unione Europea che – sempre secondo il prof. Fici – consente agli Stati membri di apprestare, in relazione ad attività di spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà”. In conclusione, secondo la Corte, l’art.55 realizza per la prima volta “una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria “, strutturando e ampliando una prospettiva che era già prefigurata, ma limitatamente ad interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale, nella legge quadro per l’assistenza (328/2000). Più in generale, sui rapporti tra ETS e pubbliche amministrazioni, val la pena richiamare i contributi raccolti e pubblicati ad ottobre nel primo Quaderno di Terzjus (scaricabile dal sito www.terzjus.it). Uno strumento particolarmente utile sia a comprendere la radicale innovazione interpretativa della Corte, sia ad individuare modelli per passare dalla norma alla prassi.
La seconda novità è contenuta nel decreto “Semplificazioni” convertito in legge il 14 settembre scorso (n.120/2020). Una delle disposizioni introdotte ha chiarito il rapporto tra Codice dei contratti pubblici (più noto come “codice degli appalti”) e il Codice del terzo settore. Grazie all’accoglimento di una proposta emendativa, sostenuta dall’ANCI, si sono poste le basi per un superamento di un’interpretazione particolarmente restrittiva del già citato parere del Consiglio di Stato. In particolare, il Consiglio di Stato aveva sostenuto un’automatica primazia del diritto comunitario in materia di concorrenza e, per la nostra normativa, del Codice degli appalti. E’ evidente che l’intervento normativo contenuto nel decreto “semplificazioni”, è del tutto coerente con la sentenza della Corte, e che gli istituti della “amministrazione condivisa”, in quanto strumenti di diretta applicazione del principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale, non sono in contrasto con la normativa comunitaria, ma anzi vengono lasciati alla discrezionalità dei legislatori degli stati membri. Le modifiche introdotte sono particolarmente significative, in quanto configurano un ruolo degli ETS non come meri fornitori dell’Amministrazione pubblica, bensì come “partner di progetto”. Come ha scritto l’avv. Luciano Gallo – componente del Comitato Scientifico di Terzjus – qualora un ETS assuma la mera veste di fornitore, come per tutti gli altri, è soggetto al ricorso a procedure di tipo concorrenziale, disciplinate dal Codice degli appalti. Nel caso invece in cui per le amministrazioni pubbliche, gli ETS assumano il ruolo di “partner di progetto”, la conseguenza di tale scelta è l’attivazione di procedimenti ad evidenza pubblica finalizzati alla creazione di rapporti collaborativi – ad esempio, nella riorganizzazione e implementazione di un servizio alla persona – mediante gli strumenti della co-progettazione o della convenzione, disciplinati puntualmente dal CTS”. In sintesi, quando un’Amministrazione pubblica vuole realizzare e affidare ad un ETS un servizio o un’attività di interesse generale, deve avvalersi prioritariamente degli art.55 e 56 del CTS e non del Codice degli appalti.
Entrambe le norme rappresentano una straordinaria occasione per le Amministrazioni di riconvertire il loro modo di procedere e di relazionarsi con gli ETS; per questi ultimi invece, c’è l’opportunità, non di attendere fideisticamente che le procedure di co-programmazione e co-progettazione siano attivate dalle Amministrazioni, ma di metterle in campo di propria iniziativa, come prevede peraltro una recente legge regionale della Toscana.
La sfida e ‘impegnativa sia per le Amministrazioni che per gli ETS, ma ora che l’apertura di una stagione collaborativa trova pieno sostegno nelle norme e nella interpretazione delle stesse, è tempo di passare dal diritto formale al diritto vivente.