Il modello dell’impresa sociale prende vita. I recenti decreti pubblicati sulla «Gazzetta Ufficiale» (Dm del 7 settembre 2021 e 22 giugno 2021) delineano l’ambito operativo per questa particolare categoria di enti del terzo settore.
Due gli aspetti da tenere a mente: i limiti quantitativi necessari per rispettare il requisito della prevalenza nello svolgimento di attività di interesse generale (articolo 2 Dlgs 112/2017) e le modalità di coinvolgimento di lavoratori e ad altri soggetti.
Sotto il primo fronte, il Dlgs 112/2017 fissa le regole per l’esercizio in via principale dell’attività di interesse generale: i ricavi relativi devono essere superiori al 70% rispetto a quelli complessivi (articolo 2, comma 3). Una soglia che ai fini del computo dovrà tener conto per ciascun esercizio dei soli ricavi generati dal complesso delle attività di interesse generale. Attenzione perché nel calcolo non dovranno essere compresiquelli relativi a 1) proventi da rendite finanziarie o immobiliari; 2) plusvalenze finanziarie/patrimoniali; 3) sopravvenienze attive o contratti/convenzioni con società o enti controllati dall’impresa sociale o controllanti la medesima. Si tratta, infatti, di voci che vengono escluse espressamente dal calcolo in un’ottica di continuità con la previgente normativa.
Se dovesse altresì risultare difficile per alcuni ricavi distinguere se siano attribuibili alle attività di interesse generale o a quelle diverse, la valutazione per il computo dovrà essere effettuata tenendo conto della media annua del numero di lavoratori impiegati in ciascuna delle due categorie di attività, calcolati per teste.
Una soglia, quella del 70%, che se non raggiunta nel corso di un solo esercizio non comporterà l’automatica perdita della qualifica di impresa sociale ma il solo obbligo di darne comunicazione entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio al ministero del Lavoro o al ministero dello Sviluppo economico, in caso si tratti di impresa sociale costituita in forma cooperativa.
Tuttavia, nel corso del successivo anno, per mantenere la qualifica di impresa sociale, il rapporto tra i ricavi relativi all’attività di interesse generale e quelli complessivi, dovrà superare il 70% con un incremento pari alla percentuale non raggiunta l’anno precedente. Solo in mancanza di tale adempimento, scatterà la perdita della qualifica.
Un ulteriore chiarimento riguarda il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione e controllo dell’impresa sociale, aspetto che finora aveva in qualche modo rallentato l’appetibilità di tale figura nella convinzione che le previsioni introdotte dal Dlgs 112/2017 potessero considerarsi penalizzanti.
Tuttavia, a ben vedere, il legislatore non si è spinto ad introdurre meccanismi partecipativi incisivi, ma in linea con quanto già previsto dal Dlgs 155/2006, ha aperto al coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali dell’impresa, rafforzando l’inclusività attraverso la valorizzazione della pluralità di interessi e, tra di essi, anche di quello dei portatori di lavoro. In questo contesto, quindi, stando alle linee guida tracciate dal D.M. dello scorso 22 giugno, sarà necessario prevedere forme di coinvolgimento che interessino lavoratori e utenti non solo attraverso la messa a disposizione con cadenza almeno annuale delle informazioni relative all’andamento effettivo dell’attività dell’impresa, qualità e natura dei servizi ma anche mediante la cosiddetta consultazione.
Una forma di coinvolgimento quest’ultima che orientata alla regolarità ed effettività, può trovare diverse declinazioni. Si pensi ad esempio alla previsione di comitati o di assemblee rappresentative dei lavoratori attraverso cui affidare diversi compiti ben precisi come quello di esprimere pareri o di nominare un rappresentante per partecipare all’organo assembleare o nell’organo direttivo.
Estratto dal Sole 24 Ore del 21 Ottobre 2021