I club service rappresentano in Italia una realtà di oltre 200.000 persone che, a livello di singole comunità così come internazionale, operano per il tramite dei club di appartenenza, con l’intento di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, specialmente le più disagiate, e di sostenere grandi progetti internazionali nella lotta contro il diabete piuttosto che la cecità, i tumori pediatrici e nel promuovere la vaccinazione contro le malattie (in special modo, in Africa, il morbillo).
Sono quindi ad un tempo organizzazioni di advocacy e gruppi attivi di persone appartenenti agli strati sociali più fortunati. Momento di elaborazione di grandi strategie in tema di salute, per esempio, ma anche supporto ai piccoli e grandi bisogni delle città, metropolitane e no, che vengono affrontati e risolti attraverso accordi con le PA e le realtà istituzionali locali.
La più numerosa di queste famiglie, in Italia e nel mondo, è quella lionistica che nel 2017 è stata giudicata dal Financial Times ad esito di una attenta indagine affidata a istituti specializzati la più affidabile organizzazione non governativa al mondo.
Nel mondo, i Lions sfiorano il milione e mezzo. In Italia la Lions Clubs International (LCI) conta 1363 clubs sparsi in tutta la penisola con poco meno di 39.000 soci, diciassette Distretti (le articolazioni territoriali che spesso non seguono alla lettera i confini regionali) ed un Multidistretto, che è organismo di rappresentanza e di collegamento di tutti i club italiani.
Il Lionismo, a differenza del Rotary che prese piede nel 1923, apparve in Italia ai primi anni Cinquanta (è del 1951 la costituzione del primo club a Milano) ma ben presto si allargò uniformemente lungo tutta la penisola. Oggi non c’è piccola città sprovvista di un punto di aggregazione Lions.
Ai primi anni Cinquanta gli interventi dei Lions Clubs, che erano costituiti, come del resto i Rotary clubs, da esponenti delle classi sociali medio alte, si indirizzavano soprattutto alla beneficenza. Talvolta al restauro di monumenti o opere d’arte. Oltre che alle iniziative lanciate a livello internazionale da LCI. Con i primi anni Settanta i Lions Clubs organizzavano non solo iniziative a favore dei meno fortunati ma altresì i c.d. service d’opinione e cioè occasioni di discussione o di dibattito sui grandi temi di rilevanza sociale, medica, educativa ed istituzionale. Con il costante arretramento del Welfare iniziarono ad occuparsi di temi sempre più concreti, entrando in contatto con le amministrazioni locali e con quelle sanitarie, financo cooperando con loro in diversi settori. Oggi non c’è club che non abbia istituzionalizzato questi rapporti, che non si dedichi a raccolte fondi, che non metta a servizio del pubblico le professionalità e le competenze dei propri soci. Prima ancora degli artt. 55 e 56 del Codice del Terzo settore in alcune Regioni, tra cui il Piemonte, la Liguria, la Campania, la Basilicata e la Calabria, vennero promossi e sostenuti progetti (tramutatisi in leggi regionali) in tema di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale.
Chi meglio quindi dei club service potevano incarnare i tratti degli enti del Terzo settore, ovverosia associazioni, riconosciute o non riconosciute, fondazioni e altri enti di carattere privato diversi dalle società “costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi…”?
Al momento della costituzione dei primi club italiani, la normativa di riferimento più idonea parve da subito quella delle associazioni non riconosciute perché la più snella possibile e la più vicina, tra l’altro, ai modelli statutari che la Sede centrale americana consigliava di adottare ai club di nuova costituzione.
Per fare beneficenza (per lo più attraverso i fondi raccolti tra i soci ed i propri famigliari) o… opinione, non c’era bisogno di una veste giuridica particolare. I primi problemi peraltro insorsero con la disciplina fiscale degli enti non commerciali, spesso farraginosa se non in contrasto con l’operatività dei club, tutte le volte in cui, a partire dagli anni Settanta, questi cominciarono a far leva su fondi di terzi, aziende o fondazioni se non addirittura su micro-attività commerciali, funzionali al raggiungimento dei fini istituzionali.
Sino agli anni Ottanta/Novanta, guarda caso sino al momento dell’esplodere del non profit nel nostro Paese, che ebbe come momento di massima espressione normativa la legge in tema di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, i Lions Clubs italiani vissero un’esperienza giuridica marginale, caratterizzata dai tratti di problematicità sopra esposti.
Sino a questo momento statuti e regolamenti si conformavano allo scarno dettato normativo degli artt. 36-38 del Codice civile, che riconosceva massima autonomia negoziale ai club, disciplina fiscale di riferimento essendo quella come detto degli enti non commerciali.
Coi primi anni duemila ci si rese conto, in coincidenza con i primi tentativi di applicazione pratica del principio di sussidiarietà orizzontale, favorito dalle modifiche costituzionali del 2001, che lo strumento associativo tradizionale era inadeguato. Si cominciò così a guardare alle discipline speciali in tema di non profit, fiorite a fine ‘900 ed ai primi del presente secolo. Non tanto a quella delle organizzazioni di volontariato che pure avevano già maturato un’esperienza ventennale (con la L. 11 agosto 1991, n. 266) quanto piuttosto a quella in tema di associazioni di promozione sociale (di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383). Gli enti di supporto finanziario alle operazioni dei club assumevano, invece, da associazioni per lo più, la qualifica giuridico – fiscale, aggiuntiva, di ONLUS: non invece, a parte rare eccezioni, gli enti di primo grado.
La svolta si ebbe al Congresso di Vicenza del 2014 allorché il Multidistretto ed in particolare il DG delegato al tema ed estensore delle presenti note, diedero conto di quanto bolliva in pentola in tema di Terzo settore attraverso l’iniziativa del Governo Renzi. Venne votata una mozione con la quale si impegnava il Multidistretto a seguire dappresso l’evoluzione della Riforma per valutare se e come i club italiani avessero potuto adeguarsi.
Venne costituito un Gruppo di lavoro, via via allargato per abbracciare tutte le competenze necessarie, grazie al quale vennero organizzati importanti eventi congressuali a Verona (due volte), a Casale Monferrato, a Milano Marittima ed a Napoli. Con successive delibere del 2019 e del 2020 il Multidistretto aprì definitivamente le porte al Terzo settore. Da allora è un susseguirsi di delibere, di direttivo ed assembleari, che porteranno molto presto, al verificarsi cioè delle note condizioni, all’iscrizione al RUNTS della massima parte dei club. Nel frattempo, storici enti lionistici come la Banca degli occhi Lions Melvin Jones, costituita in forma giuridica di fondazione, hanno posto le basi per l’ingresso nel mondo del Terzo settore.
Nel 2019 è stata presentata e quindi approvata dal Consiglio dei Governatori, organo di gestione a livello multidistrettuale, una bozza di statuto che recepisce in pieno i profili generali della disciplina in tema di enti del terzo settore.
La forma giuridica prescelta è ancora una volta quella della associazione non riconosciuta ma con le caratteristiche degli enti di cui all’art. 4 del CTS. Si precisa infatti che i Lions Clubs sono costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale. A livello nazionale la scelta non è quindi stata indirizzata né verso l’APS né verso l’OdV. Si è preferito suggerire l’adozione della figura dell’associazione non riconosciuta tradizionale sia perché estranea al lionismo la componente mutualistica (cfr. APS) sia perché il volontariato è forzatamente discontinuo e spesso intellettuale se non anche caratterizzato da una forte componente di advocacy (v. OdV). In sede di iscrizione i Lions Clubs saranno quindi registrati nella sezione residuale. Non è escluso che qualche ente cerchi ed ottenga il riconoscimento e quindi la personalità giuridica.
Vengono individuate le attività di interesse generale in un range di sette/otto tra quelle di cui all’art. 5 del Codice, in piena aderenza alle finalità perseguite dai Lions Clubs in Italia e nel mondo. Liberi ovviamente i singoli club di individuarne altre, avuto conto delle singole esperienze e sensibilità.
Il club può esercitare attività diverse da quelle istituzionali, intese al miglior raggiungimento delle finalità degli enti, purché ovviamente secondarie e strumentali rispetto a quelle di interesse generale. Può svolgere altresì attività commerciale, purché diretta alla migliore attuazione delle finalità e delle attività sopra menzionate. In questo modo si chiariscono quelle zone di ombra che la legislazione fiscale non aveva sin qui sufficientemente illuminato. I proventi delle attività consentite non possono, in nessun caso, essere ripartiti fra gli associati, neppure in forma indiretta. Ogni eventuale avanzo di gestione sarà utilizzato a favore delle attività istituzionali.
È finalmente loro consentita in termini di massima trasparenza, per l’ente e per chi dona, la raccolta di fondi anche in forma continuata ed organizzata a mezzo, per esempio, crowdfunding (così come i Lions Clubs più grandi stanno per sperimentare) nella sicurezza per i terzi di ricevere dichiarazioni utilmente spendibili nelle opportune sedi. Prima in effetti non era possibile fornire simili giustificativi, il che finiva per comprimere il dinamismo degli enti.
Quanto a struttura organizzativa il club Lions non essendo inquadrato in altra disposizione di legge speciale, si conforma alle norme, solo in parte dispositive, del CTS, in quanto contenute al Titolo IV della legge. Non superando nella gran parte dei casi i limiti dimensionali fissati dalla legge, viene previsto un organo di controllo variamente denominato, il più delle volte collegio dei revisori, che svolge funzioni di controllo della legittimità degli atti compiuti dall’organo direttivo e più in generale contabile.
Le domande di ammissione sono presentate da un socio in regola che fungerà da padrino (sponsor) e sono sottoposte al Presidente del Comitato Soci od al Segretario di club il quale, previa assunzione di informazioni da parte del Comitato Soci, le sottopone all’attenzione del Consiglio Direttivo, il quale, a sua volta, le trasmetterà con il proprio parere all’Assemblea che delibererà sulle medesime. Possono anche essere presentate direttamente al Presidente, e quindi senza vincoli di cooptazione: seguiranno però il medesimo iter. L’ammissione è atto che conclude un iter procedimentale che vede impegnato il direttivo e l’assemblea.
Nel rispetto del principio di democraticità, delle prescrizioni della Sede centrale di LCI e della disciplina in tema di enti del Terzo settore, il Regolamento prevede e disciplina le forme ed i modi più opportuni per incoraggiare e facilitare la partecipazione in ogni caso del socio alla vita del club tenendo conto delle sue specifiche esigenze.
Il socio che si comporti in modo contrario all’onore, al decoro, o incompatibile con i principi del club o dei Regolamenti internazionali, o che si renda gravemente inadempiente alle obbligazioni che gli derivano dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo Statuto, dal Regolamento o dalle deliberazioni dei competenti organi del club, può essere escluso con deliberazione motivata del Consiglio direttivo; avverso detta deliberazione l’escluso può presentare impugnazione avanti all’assemblea con apposita e circostanziata istanza. L’assemblea qualora accolga la medesima, decide alla prima adunanza utile qualora siano presenti i due terzi dei soci ed a mezzo delibera approvata dalla maggioranza.
In questo modo, sia in sede di ammissione che in sede di esclusione del socio, si è trovato il giusto equilibrio tra organi, nel rispetto della legge (art. 23 CTS) e delle direttive internazionali.
La qualità di socio così come le relative quote non possono formare oggetto di trasmissione a terzi. Le quote inoltre non sono rivalutabili né rimborsabili.
Il club, nel perseguimento delle finalità di interesse collettivo, persegue la pratica della cittadinanza attiva e collabora con le Istituzioni pubbliche e gli Enti privati a mezzo di appositi patti di collaborazione e convenzioni. Può deliberare l’adesione a reti Lions in forma di ETS, locali o nazionali, previste dall’art. 41 e ss. del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117. Può altresì in collaborazione con altri Lions Clubs, promuovere organismi associativi in forma di ETS, anche nella forma del contratto di rete.
Può altresì deliberare la partecipazione ad organismi di secondo grado, lionistici e non, in forma di ETS e non, se ritenuti funzionali al miglior perseguimento delle finalità lionistiche e di interesse generale. In particolare, potrà deliberare la partecipazione alla costituzione di fondazioni, anche di partecipazione, Lions, distrettuali o nazionali
Scompare l’organo probivirale, che ritornava spesso negli statuti della tradizione associativa italiana, in favore di apposita clausola compromissoria, rispettosa dei dettami della legge e della giurisprudenza della Cassazione.
Viene contemplato e disciplinato il bilancio sociale e di missione, affatto estraneo alla più recente tradizione lionistica. L’obiettivo finale è quello di predisporre un bilancio di missione a livello multidistrettuale che dia la dimensione reale dell’efficacia dell’intervento lionistico sul territorio.
Per le modifiche dell’atto costitutivo e dello Statuto, nonché del Regolamento, lo scioglimento della associazione e la devoluzione del patrimonio, si applicano le disposizioni di cui all’art. 21 del Codice Civile.
Per quanto non espressamente previsto nello Statuto valgono le norme contenute nel D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 e successive modifiche e, in quanto compatibili, le disposizioni in tema di associazioni riconosciute contenute nel codice civile. Le clausole dello Statuto si uniformano alle direttive impartite da Lions Clubs International tendenti ad armonizzare gli statuti ed i regolamenti dei clubs a livello internazionale.
Come anticipato, fervono al termine della presente annata lionistica, le delibere di direttivo e di assemblea intese a porre in essere i presupposti negoziali e normativi per pervenire all’iscrizione nel Registro. Ovviamente le delibere assembleari sono prese sotto condizione sospensiva della piena operatività del RUNTS e dell’approvazione del regime fiscale da parte dell’Unione. Le poche realtà lionistiche inquadrate come APS o come ONLUS (soprattutto di secondo grado) hanno già posto in essere gli adempimenti loro richiesti.
Attualmente sono allo studio del Gruppo di lavoro multidistrettuale lo statuto della rete nazionale e le modalità di costituzione e di governance della istituenda Fondazione nazionale che rappresenterebbe il momento di consacrazione del ruolo dell’organizzazione lionistica a livello, appunto, nazionale.