Formazione digitale, welfare di comunità e borghi. Ecco l’Action plan del Terzo Settore del futuro

Non si può dire che il governo abbia dimenticato il Terzo settore nei decreti emergenziali e in particolare nel decreto “Rilancio”. Ma i provvedimenti approvati non riconoscono ancora in modo adeguato l’originale apporto che il Terzo settore può dare sia al rilancio economico del Paese che al rafforzamento della coesione sociale. Le scelte fatte dal Governo e dal Parlamento possono comunque essere una leva per gli enti del terzo settore sostenendoli nell’affrontare le nuove sfide del prossimo autunno.

Nel Decreto sono stati estesi anche alle organizzazioni associative diversi dei provvedimenti di sostegno che inizialmente vedevano come beneficiari solo le imprese. Mi riferisco alla cassa integrazione per i lavoratori, alla sospensione delle rate dei mutui, al posticipo del versamento di alcune imposte, ai contributi per l’acquisto di DPI e per la sanificazione degli ambienti.

Più in particolare, nel decreto legge 34/2020 “Rilancio”, vi sono anche diverse misure specifiche:

l’incremento di 100 milioni del Fondo, previsto dall’art.72 del Codice del Terzo settore, per sostenere in particolare le attività delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni di promozione sociale  e delle fondazioni del terzo settore volte a fronteggiare le emergenze sociali e assistenziali determinate dall’epidemia Covid -19; un nuovo fondo sempre di 100 milioni destinato agli enti del Terzo settore del Mezzogiorno, di cui 20 da impiegare in azioni di contrasto alla povertà educativa; ancora, è stato esteso anche gli immobili degli enti del terzo settore l’ecobonus del 110%  per interventi di risparmio energetico; infine sono state introdotte diverse misure volte a sostenere le associazioni sportive dilettantistiche nonché l’accelerazione delle procedure di riparto del 5 per 1000. E’ rimasto invece sostanzialmente al palo il rafforzamento del Servizio civile universale. L’incremento di 20 milioni del fondo è del tutto inadeguato per ingaggiare quegli 80.000 giovani che ogni anno chiedono di accedere al servizio civile. Ora è tempo di dare corso effettivo a queste misure ma soprattutto di guardare avanti coinvolgendo pienamente il Terzo settore nel Recovery fund, ovvero nell’utilizzo delle risorse a fondo perduto e di investimento che arriveranno dall’Europa – circa 173 miliardi – e che andranno impegnate nei prossimi quattro anni.

In tale direzione nelle settimane scorse, ho sottoscritto un appello, come presidente di Terzjus – il nuovo Osservatorio giuridico del terzo settore (www.terzjus.it) – affinché il governo italiano adotti – come farà nei prossimi mesi la Commissione europea – un Action plan per tracciare la strategia con cui rendere il terzo settore e l’ economia sociale parte integrante del percorso di rilancio del Paese.

Non tante singole misure, ma alcuni grandi progetti per valorizzare la funzione fondamentale del terzo settore nel generare nuove risposte ai bisogni sociali insoddisfatti e nel creare opportunità di lavoro per i più giovani. A tal fine potrebbero essere lanciati tre macroprogetti: uno dedicato alla cura del territorio: salvare, manutenere e promuovere i tanti borghi del nostro paese rafforzando non solo la tutela dei beni comuni, ma anche l’appartenenza alla propria comunità.

In secondo luogo, l’emergenza Covid ha messo in luce nel campo educativo una crescente diseguaglianza nell’accesso alla formazione digitale di molte famiglie già in condizioni di deprivazione sociale. Per questo si potrebbe finalizzare a tale scopo il programma di contrasto alla povertà educativa minorile già finanziato nel passato sia dallo Stato che dalle Fondazioni bancarie. Infine – nell’area dei soggetti più deboli e delle fasce di popolazione a maggior disagio, si potrebbero sviluppare quelle esperienze di “welfare di comunità” che in questi anni si sono rivelate efficaci nell’affrontare le nuove condizioni di esclusione, solitudine e marginalità sociale.

Un elemento accomunante per questi tre macro progetti potrebbe essere l’utilizzo, in una forma più flessibile e veloce, del servizio civile. Ingaggiare nei prossimi quattro anni, attraverso gli enti del terzo settore e i Comuni, circa 500.000 giovani per un anno di servizio civile, ci condurrebbe ad avere due straordinari risultati: generare interventi ad alto impatto sociale per le persone e le comunità più fragili; mettere all’opera un numero rilevante di ragazzi in attività che uniscano socialità e tecnologie, innovazione e concretezza, competenze professionali e passione civile. E’ la sfida del nostro futuro. E’ una sfida che vale la pena di intraprendere.

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