A ormai quasi vent’anni dalla promulgazione, la normativa in materia di amministratore di sostegno presenta la necessità di un adeguamento a causa delle dinamiche incrementali dell’invecchiamento, della non autosufficienza e delle connesse necessità di tutela.
In particolare, le mutazioni sociali che riguardano la famiglia stanno rendendo sempre più difficile l’individuazione dell’amministratore di sostegno in ambito inter familiare. Da qui la necessità di ricorrere, soprattutto per le migliaia di anziani soli, ad un numero sempre maggiore – tanto in termini relativi che assoluti – a figure esterne. Queste però non sempre risultano facilmente reperibili e comunque normalmente non sono in grado di assolvere agli oneri di una presa in carico che, di necessità, dovrebbe saper andare anche al di là dei semplici profili di natura economico-patrimoniale per poter dare, in concorso con i servizi sociali, un supporto adeguato alla persona affidata.
Per fronteggiare questa, che appare come una vera e propria emergenza sociale, pare opportuno puntare a valorizzare le potenzialità del mondo del Terzo Settore. In particolare, di quelle organizzazioni che possono disporre di una adeguata base organizzativa e patrimoniale nonché della capacità di integrare strutturalmente risorse di volontariato e professionali. A queste realtà, debitamente identificate, regolate e vigilate, dovrebbe essere affidata direttamente, in quanto persone giuridiche, la tutela e le connesse funzioni e responsabilità, superando l’attuale formula legislativa che mette in capo al presidente come persona fisica la titolarità dello status di amministratore di sostegno.
L’occasione per intervenire è offerta dall’esercizio della legge delega in materia di non autosufficienza recentemente approvata dal parlamento.
Pare però opportuno che, essendo quello della non autosufficienza, soprattutto in età avanzata, un problema globale la riflessione in merito sia accompagnata da uno sguardo alle opzioni normative e operative già messe in campo da altri paesi europei. In modo da poter fare tesoro di esperienze, successi e criticità emersi in contesti non dissimili da quello italiano. Da qui l’ipotesi di una indagine da condursi in cinque stati europei per studiare l’approccio normativo e l’eventuale ruolo attribuito a soggetti del non profit nello svolgimento di funzioni di tutela.
L’indagine avviata ora, potrà concludersi in autunno e alimentare, anche attraverso un seminario organizzato dalla Fondazione Terzjus insieme al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, sempre col supporto di Fondazione Ravasi Garzanti, la messa a punto di una proposta normativa da inserire nei decreti delegati in gestazione.