Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica con l’apertura al Terzo settore

Con il decreto legislativo n. 201/2022 recante “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” è stata approvata una nuova disciplina dei servizi di interesse economico generale (c.d. SIEG) prestati a livello locale

Si tratta di un testo, frutto della delega al governo disposta con la legge annuale per il mercato e la concorrenza n. 118/2022 e costituente anche attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che mira a recepire l’evoluzione di tali servizi e le riflessioni sviluppatesi a riguardo, nonché a uniformarsi alle pronunce euro-unitarie e nazionali, presentando alcune disposizioni interessanti, anche con riguardo al coinvolgimento attivo dei cittadini e degli enti del Terzo Settore.

L’articolato si compone di 39 articoli che, oltre a fornire importanti definizioni preliminari, si premura, seguendo l’ordinario schema dei testi legislativi, di principiare indicando oggetto, definizioni e principi generali, oltre che ambito di applicazione del testo, andando poi a disciplinare più specificatamente le forme di organizzazione, istituzione, gestione, regolazione e controllo dei servizi in esame.

I servizi pubblici locali di rilevanza economica di livello locale

Prima di entrare nel merito delle disposizioni afferenti al Terzo Settore, occorre precisare l’ambito di riferimento della disciplina in esame, e quindi partire dalla definizione prevista per i servizi pubblici locali di rilevanza economica

L’art. 2, comma 1, lett. c) definisce i “servizi di interesse economico generale di livello locale” anche detti “servizi pubblici locali di rilevanza economica come “i servizi erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuitànon  discriminazionequalità  e sicurezza, che sono previsti dalla  legge  o  che  gli  enti  locali, nell’ambito  delle  proprie  competenze,  ritengono   necessari   per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”.

Tale definizione riprende, letteralmente, quelle di servizio di interesse generale e servizio di interesse economico generale già previste dal d.lgs. n. 175/2016 (c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), accorpandole insieme.

I servizi di interesse economico generale rappresentano una species dei servizi di interesse generale, distinguendosi dagli altri servizi annoverabili tra i c.d. SIG – nel cui genus rientrano “oltre ai SIEG, anche i servizi che non sono suscettibili di essere gestiti esclusivamente in regime di impresa e che attengono ai bisogni primari del cittadino (quale, ad esempio, scuola, sanità, assistenza sociale)” (come riassunto da Consiglio di Stato, sez. normativa, 3 maggio 2016, n. 1075, espressosi su una precedente proposta di schema di decreto legislativo recante: “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”)–  per la presenza di una dimensione economica e per la possibilità di essere forniti tramite il pagamento di un corrispettivo; caratteristiche che determinano una loro endemica apertura al mercato e alle logiche concorrenziali, potenzialmente distorsive della portata del servizio stesso laddove non operasse un intervento pubblico (per lo meno) regolatorio.

Altro aspetto rilevante di tale tipologia di servizio è la valorizzazione della dimensione socio-territoriale di tali servizi, concordemente alla medesima visione euro-unitaria, dove i servizi di interesse economico generale vengono riconosciuti come di particolare importanza proprio in virtù del “loro ruolo nella promozione della coesione sociale e Territoriale” (art. 14 del TFUE)

Le disposizioni di maggiore interesse per il Terzo Settore

Definito l’oggetto del testo e passando al merito nella disciplina prevista, come anticipato si rinvengono disposizioni volte a disciplinare il coinvolgimento di privati ed Enti del Terzo Settore nell’istituzione e gestione dei servizi pubblici locali di interesse generale.

Il coinvolgimento dei cittadini. Il principio di sussidiarietà orizzontale

Al riguardo, di particolare interesse risulta l’art. 10 del testo analizzato rubricato “Perimetro del servizio pubblico locale e principio di sussidiarietà”, ai sensi del quale:

 1. Gli enti locali e gli altri enti competenti assicurano la prestazione dei servizi di interesse economico generale di livello locale ad essi attribuiti dalla legge. 

2. Ai fini del soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali, gli enti locali favoriscono, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e delle imprese, anche con apposite agevolazioni e semplificazioni

3. Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, possono istituire servizi di interesse economico generale di livello locale diversi da quelli già previsti dalla legge, che ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali

4. I servizi di cui al comma 3 sono istituiti in esito ad apposita istruttoria, sulla base di un effettivo confronto tra le diverse soluzioni possibili, da cui risulti che la prestazione dei servizi da parte delle imprese liberamente operanti nel mercato o da parte di cittadini, singoli e associati, è inidonea a garantire il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali

5. La deliberazione di istituzione del servizio dà conto degli esiti dell’istruttoria di cui al comma 4 e può essere sottoposta a consultazione pubblica prima della sua adozione”.

L’articolo prevede quindi l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale – già richiamato tra i principi generali all’art. 3 del Testo, subito dopo il principio di concorrenza – riconoscendone l’operatività nell’ambito del ricercato perseguimento del soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali, costituente, come detto, un discrimen tipico di tale tipologia di servizio.

E oltre alla finalità precipua indicata, coerente con il servizio di riferimento, vengono indicate anche ipotesi di favor dell’iniziativa dei cittadini. 

Non solo, ma la rilevanza del coinvolgimento attivo dei cittadini compare anche nei successivi commi del medesimo art. 10 del d.lgs. n. 201/2022, dove l’istituzione di nuovi servizi di interesse generale di livello locale viene subordinata all’emersione della non idoneità a garantire il soddisfacimento dei relativi bisogni delle comunità locali da parte non solo delle imprese operanti nel mercato, ma anche “da parte di cittadini, singoli e associati”.

Il ruolo degli enti del Terzo Settore. I partenariati con gli enti del Terzo Settore.

La partecipazione degli enti del Terzo Settore viene disciplinata all’articolo 18 del Testo, dedicato alle forme di gestione del servizio pubblico locale.

L’articolo indicato disciplina “rapporti di partenariato con enti del Terzo Settore, e prevede che: 

“1. In attuazione dei principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale, gli enti locali possono attivare con enti del Terzo settore rapporti di partenariato, regolati dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, per la realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica

2. La scelta di cui al comma 1 deve essere motivata, nell’ambito della relazione di cui all’articolo 14, comma 3, con specifico riferimento alla sussistenza delle circostanze che, nel caso concreto, determinano la natura effettivamente collaborativa del rapporto e agli effettivi benefici che tale soluzione comporta per il raggiungimento di obiettivi di universalità, solidarietà ed equilibrio di bilancio, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi in cui le risorse pubbliche da mettere a disposizione degli enti del Terzo settore risultino, complessivamente considerate, superiori al rimborso dei costi, variabili, fissi e durevoli previsti ai fini dell’esecuzione del rapporto di partenariato.

L’articolo prevede quindi l’utilizzabilità degli istituti previsti dal Codice del Terzo Settore ai fini di attivare rapporti di partenariato con gli enti del Terzo Settore per la realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica

Tale scelta deve esser però motivata considerando, come previsto dall’art. 14, comma 2, le caratteristiche e conseguenze connesse al servizio da prestare, con particolare riferimento “alla sussistenza delle circostanze che, nel caso concreto, determinano la natura effettivamente collaborativa del rapporto e agli effettivi benefici che tale soluzione comporta per il raggiungimento di obiettivi di universalità, solidarietà ed equilibrio di bilancio, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento”.

Un ulteriore vincolo per l’attuazione di tale possibilità si rinviene riguardo l’impegno economico connesso, escludendo che tale istituto possa esser utilizzato laddove “le risorse pubbliche da mettere a disposizione degli enti del Terzo settore risultino, complessivamente considerate, superiori al rimborso dei costi, variabili, fissi e durevoli previsti ai fini dell’esecuzione del rapporto di partenariato”.

Il ruolo dei partenariati nell’angusto spiraglio del mercato concorrenziale

La breve disanima delle disposizioni più rilevanti in tema di coinvolgimento di cittadini e ETS nella gestione dei servizi economici locali di interesse generale, ovviamente integrate nel complesso scenario delineato dai 39 articoli del corpus normativo analizzato, sembra esprimere un’attenzione per tale partecipazione del basso, tentando di coordinarne l’utilizzo con le logiche concorrenziali tipiche del mercato.

Difatti, la problematica più cogente e attuale relativa ai SIEG, che in questa sede è possibile e utile solamente accennare, risiede nel loro ruolo nel e con il mercato.

Trattandosi di servizi in cui coesistono “il valore sociale della prestazione e il carattere economico delle attività” (Consiglio di Stato, 13 luglio 2022, n. 5893, che vede il riconoscimento di tali due poli direttori nella stessa enucleazione euro-unitaria contenuta negli artt. 14 e 106 del TFUE), la primaria necessità regolatoria giustamente risentita dal legislatore risiede nella ricerca di un modello regolatorio che – in generale e rispettando le peculiarità di ciascuna tipologia – rispecchi la “misura compositiva” tra fini sociali e sostenibilità economica” (Consiglio di Stato, 13 settembre 2021, n. 6268) tipica di tali servizi.

Tale premessa deve esser completata dal rilevante elemento per cui è la stessa disciplina euro-unitaria – che innerva inevitabilmente le scelte nazionali, dovute o meno – a prevedere la possibilità di escludere taluni SIEG dalle dinamiche concorrenziali ai sensi dell’art. 106 TFUE (“4.10 Dal punto di vista del diritto UE, fondamentale è il riferimento all’art. 14 TFUE, a dimostrazione del rilievo dei servizi di interesse economico generale, ai quali si assegna il compito di promozione, coesione sociale e territoriale. Previsione che detta in chiave positiva quanto previsto dall’art.106 dello stesso TFUE, ovvero la possibilità di sottrarre alle regole della concorrenza alcuni “servizi” (alla persona e alla collettività) che debbono essere (in tutto o in parte) esclusi dalle logiche del mercato o che possono essere variamente conformati, per la prevalenza della missione di interesse sociale in essi insita” – Consiglio di Stato, 13 luglio 2022, n. 5893), in virtù della  “prevalenza della missione di interesse sociale in essi insita” (Consiglio di Stato, 14 settembre 2022, n. 7980).

Aspetto quest’ultimo che assume un maggiore rilievo considerando la partecipazione degli ETS, che già nell’alveo degli istituti del CTS è stata riconosciuta dover avvenire non tramite dinamiche competitivo concorrenziali, bensì nel rispetto del principio di parità di trattamento e, al più, del principio di concorsualità “interna” (Consiglio di Stato, 29 dicembre 2021, n. 1226).

In tale contesto può esser vista con favore l’inclusione dei rapporti di partenariato creabili ai sensi del CTS tra gli istituti utilizzabili “per la realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica”, sebbene non può non sottolinearsi, oltre alla specificazione delimitativa a singoli progetti e interventi, come tale soluzione risulta qualificata, anche riguardo a tale segmento, come residuale, visto il particolare e rafforzato onere motivazionale richiesto per ricorrerci.

Ugualmente, appare degna di merito la scelta terminologica (ma che è anche inevitabilmente sostanziale) di delineare peculiarmente la dimensione economica rilevante, tanto riguardo i criteri in base ai quali ricorrere o meno a un partenariato, tanto nel delineare il limite di riferimento per quanto riguarda le spese sostenibili.

Riguardo il primo aspetto, la disposizione, non fa sic et simpliciter riferimento al vantaggio economico derivante dalla scelta di tale istituto, ma parla di “effettivo beneficio” conseguibile, rapportandolo peraltro al fine del “raggiungimento di obiettivi di universalità, solidarietà ed equilibrio di bilancio”; declinazione quest’ultima che può anche essere letta come “scala di valori”, in cui viene premessa la dimensione sociale a quella economica. E similmente il riferimento al beneficio appare anch’esso più consapevole della diversa portata delle attività degli ETS

In merito all’impegno economico concedibile, il legislatore ha scelto di riconoscere il limite del rimborso dei costi, ma limitandosi a indicarli come “variabili, fissi e durevoli previsti ai fini dell’esecuzione del rapporto di partenariato”. Anche in questo caso la scelta di non inserire particolari preclusioni di riferibilità dei costi risulta positiva e coerente con le interpretazioni già sedimentate nelle Linee Guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo Settore pubblicate Ministero del Lavoro con decreto n. 72/2021.

Se entrambe le soluzioni illustrate sono ancor maggiormente condivisibili – e, si aggiunge, anche facilmente raggiungibili – per i SIEG per le caratteristiche già illustrate, tali scelte non contrastano con i faticosi risultati ottenuti negli ultimi tempi nel riconoscimento di degni confini di esistenza e attività per gli ETS.

In generale, il testo esprime una consapevolezza del potenziale ruolo attivo degli ETS, e anche dei cittadini, siano essi singoli o associati, la cui attività viene addirittura accostata a quella delle imprese, quest’ultime normalmente principali attrici dell’erogazione dei servizi in esame insieme all’Amministrazione. Nel fare ciò permane l’evidente centralità dell’indagine della dimensione economica, che colorisce anche e con maggiore vigore alcune delle diverse disposizioni qui non analizzate, emergendo una particolare attenzione per il regime della libera concorrenza nel mercato, con talune disposizioni che possono essere lette come addirittura incentivanti la privatizzazione; ma, concentrandosi sugli aspetti qui di interesse, nel considerare tale impostazione non può dimenticarsi l’endemica dimensione (anche) economica di tali servizi e i vincoli imposti a livello euro-unitario, che si è ripetutamente espresso sulla necessità di delineare una disciplina aperta al mercato

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