Iva ed Enti Non Profit. Quali soluzioni?

La proroga di due anni prevista dalla legge di Bilancio 2022 da un lato concede più tempo per una revisione della norma ma finisce con il travolgere anche le disposizioni di favore riferite a organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione sociale (Aps) che avrebbero potuto trovare immediata applicazione.
La revisione del trattamento Iva delle entrate degli enti associativi risponde a una procedura di infrazione avviata dalla Commissione Ue dal 2009.
Le entrate oggetto di revisione sono i corrispettivi specifici e le quote supplementari provenienti da soci, associati o partecipanti nonché la somministrazione di alimenti e bevande da parte delle associazioni di promozione sociale. Una disposizione normativa che, nell’ottica di fornire una risposta alla procedura di infrazione, ha previsto, dunque, l’attrazione in campo Iva, sia pure in regime di esenzione, di alcune delle principali operazioni poste in essere dalle realtà non profit per finanziare gli scopi sociali. Restano escluse da questa modifica le sole organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione sociale (Aps). Fino al limite di 65mila euro, dunque, le entrate potranno essere escluse dal campo di applicazione dell’imposta consentendo a numerosi enti di minori dimensioni di evitare l’apertura della partita Iva per lo svolgimento di attività commerciali residuali.
Una scelta che, prima del rinvio al 2024 dell’efficacia delle nuove disposizioni, aveva come scopo quello di anticipare il trattamento Iva previsto all’articolo 86 del Codice del terzo settore (D.lgs. 117/2017).
La proroga di due anni intervenuta con la legge di bilancio rende, dunque, di fatto inapplicabile la misura di favore per gli enti del terzo settore la cui immediata operatività potrebbe invece presentare indubbie ragioni di coerenza sistematica oltre che di opportunità sul piano strettamente operativo. Ciò infatti consentirebbe ad Odv e Aps di mettersi fin da subito alla prova con i regimi forfettari introdotti dal Codice del terzo settore applicando una soglia, quale quella dei 65mila euro, peraltro già approvata da parte della Commissione europea con riferimento a professionisti e imprese minori che beneficiano attualmente della esclusione dall’Iva e dai relativi adempimenti entro i limiti quantitativi sopra indicati.
Restano, invece, con riferimento alla parte relativa alla riformulazione del regime Iva, da sciogliere alcuni nodi importanti che, in vista della proroga al 2024, dovranno essere attentamente analizzati. Un primo aspetto riguarda la necessità di comprendere quali siano effettivamente i corrispettivi specifici che passeranno nel “nuovo” regime di esenzione Iva. Occorrerà tenere conto quindi di quei corrispettivi che rispettino il principio di “economicità” come effettiva idoneità a rimborsare i fattori della produzione impiegati, in linea con l’articolo 132 della Direttiva Iva. Da valutare, inoltre, il trattamento riservato alle operazioni svolte in via occasionale e che, a rigore, non dovrebbero essere attratte nel campo Iva in mancanza del presupposto soggettivo dell’abitualità 

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